2021-09-15
Nel mondo i media conservatori si battono contro le restrizioni
Mentre la stampa nostrana appoggia le restrizioni, le testate più prestigiose di Uk e Usa adottano la stessa linea della «Verità»Se un osservatore seguisse solo in Italia il dibattito su green pass e obbligo vaccinale, saprebbe che questo giornale, La Verità, insieme a due o tre trasmissioni televisive, è di fatto l'unica testata a opporsi in modo chiaro a restrizioni e compressioni della libertà. Tutto il resto dell'offerta mediatica scritta e audiovisiva, anche nel campo teoricamente liberalconservatore, va (purtroppo) in direzione opposta. Scelta legittima, ci mancherebbe. Se però lo stesso osservatore varcasse i confini nazionali (basta un abbonamento online a qualche testata estera, oltre ovviamente all'acquisto della Verità), scoprirebbe una interessante inversione delle cose: si accorgerebbe cioè che la linea del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro coincide con quella dei principali giornali conservatori e liberali in tutto il mondo. Dall'americano Wall Street Journal ai britannici Times e Telegraph (più l'edizione domenicale di quest'ultima testata, il Sunday Telegraph diretto dal brillantissimo Allister Heath), passando per i giornali Uk da battaglia superpop come il Daily Mail, per arrivare alle sofisticate riviste politiche e culturali come lo Spectator, la linea è univoca: assolutamente sì al vaccino, assolutamente no a passaporti vaccinali, obblighi, o altre negazioni della libertà. Il che, per tutte queste testate, coincide anche con una visione più di fondo: sì al mercato, no agli eccessi di interventismo pubblico, difesa della libertà personale ed economica. Negli Usa il Wsj è stato esplicito contro i propositi di obbligo vaccinale per i dipendenti federali annunciati da Joe Biden: «Queste colonne hanno supportato lo sforzo vaccinale sin dall'inizio, ma crediamo anche nella libera scelta e nella persuasione. Gli ordini divisivi di Mr. Biden potrebbero irrigidire le resistenze di molti nella destra politica, e certamente costeranno a molte persone il loro posto di lavoro. Sono cose non necessarie, e mostrano ancora che il difetto e il punto di caduta delle politiche progressiste è sempre un brutale atto di coercizione politica».Anche il caso britannico è particolarmente significativo, in base alla tendenza storica dei giornali conservatori - in quel Paese - a bacchettare anche il partito teoricamente più vicino se per caso sbaglia, insomma a rimarcare una piena autonomia giornalistica ed editoriale. Vale la pena di raccontare il trattamento che i principali media liberalconservatori britannici hanno dedicato a Boris Johnson. Qui da noi veniva massacrato dai giornali perché troppo aperturista, lì veniva attaccato per la ragione opposta: perché troppo chiusurista. Il premier britannico, dopo una eccellente campagna vaccinale, aveva progressivamente riaperto il Paese sin dalla primavera, rispettando una per una tutte le tappe previste. Era rimasta un'ultima tappa, quello che doveva essere il Freedom Day, il 19 luglio scorso. E invece? E invece, a causa della diffusione della variante Delta, Johnson ha sì riaperto a fine luglio, ma ha mantenuto (o in qualche caso ha prospettato per fine settembre) alcune restrizioni.Apriti cielo: i media conservatori lo hanno attaccato in modo diretto, sempre rispettosamente ma implacabilmente. Johnson aveva ipotizzato per l'autunno un green pass per recarsi in club e discoteche oltre che per partecipare ai grandi eventi: ha dovuto rinunciare a queste intenzioni (come La Verità ha raccontato già l'altro ieri) non solo per l'opposizione di molti dei suoi stessi parlamentari, non solo per le proteste dei settori economici interessati, ma anche per le pressioni della stampa conservatrice.Altro esempio? Inizialmente Johnson, quest'estate, pur nel quadro della riapertura, aveva lasciato in vigore regole troppo restrittive sulla quarantena obbligatoria anche per i vaccinati negativi ma entrati in contatto con un positivo. La decisione (che determinava sia dubbi liberali di principio sia problemi pratici per un numero altissimo di britannici, vista la momentanea forte salita, in quel momento, dei casi di positività) gli ha scatenato contro un'ulteriore ondata di polemiche, e sempre nel senso appena descritto: conservatori e liberali classici hanno descritto il premier come una badante, e Johnson è finito sulla copertina dello Spectator disegnato come una sorta di Mary Poppins e sotto il titolo «Nanny Boris». E non si trattava certo di un complimento, ma di un'accusa di eccessivo paternalismo. Il Telegraph (il giornale dove Johnson ha scritto per anni, essendone una firma leggendaria) gli ha quotidianamente contestato il contrasto tra la sua cultura personale pro-libertà e le scelte incerte fatte dal numero 10 di Downing Street. E pensare che qui in Italia lo si lapidava per i motivi opposti…E anche al di là della sfera strettamente mediatica, pure dal punto di vista politico, nel mondo, il centrodestra non ha dubbi. Vale per i repubblicani Usa che si preparano al gran ritorno di Donald Trump, la cui linea è da sempre strafavorevole ai vaccini e stracontraria alle restrizioni. Vale per i popolari spagnoli, che hanno riconquistato la guida di Madrid (non ancora quella del governo nazionale) esattamente su queste posizioni. E - udite udite - vale anche per Angela Merkel: pure la cristianodemocratica tedesca spinge per la campagna vaccinale ma non ha introdotto il green pass. È venuto il momento, anche in Italia, di ricordare un'elementare verità: il vaccino è una cosa, il green pass un'altra, e chi è favorevole all'arma della vaccinazione non deve per questo arruolarsi a difesa del lasciapassare di carta. Nel mondo, a destra, nessuno casca in questo inganno.