2020-05-26
Il soviet di Giuseppi
Giuseppe Conte (Getty images)
Il premier prima ci ha chiusi in casa, adesso distribuisce bonus assistenziali. Per le imprese, burocrazia e niente tagli alle tasse. C'è un detto che veniva ripetuto spesso nella vecchia Repubblica democratica tedesca e si usa citare frequentemente pure in Bielorussia. «Se siete ancora liberi, non è un vostro merito, ma una nostra mancanza», si dice attribuendo il motto ai controllori. E deve essere un frase che suona bene a Giuseppe Conte. Da quando si è messo a sfornare Dpcm o decreti d'urgenza, l'ex avvocato del popolo ama concedere agli italiani quasi solo la libertà di rimanere chiusi in casa. La folle idea di creare 60.000 guardie civiche sembra destinata ad andare avanti. Ma anche se saltasse come ci auguriamo, non significa che ci troveremmo al riparo da un futuro preoccupante. Dovremmo vigilare perché l'Italia non diventi il soviet di Giuseppi un passo alla volta. Le premesse sono tutte davanti ai nostri occhi.Già adesso per andare al ristorante bisogna lasciare il proprio nome e quello di chi ci accompagna, i fidanzati possono essere multati per strada, i droni utilizzati per cacciare bagnanti dalla spiaggia, ma il vero «effetto Ddr» lo coglieremo nelle prossime settimane, quando la povertà alzerà l'asticella del disagio ed emergerà quanto il governo giallorosso stia mettendo sullo stesso piano la fame, i sussidi e la libertà. Basti pensare quanto sia aumentato il potere dell'Inps in questi giorni. L'ente eroga i bonus e promette la cassa integrazione, la centellina e la eroga un po' alla volta. A chi spettano i soldi non resta che sperare di riceverli. Non ha alcuna voce in capitolo. E dovrebbe averla, perché i dirigenti sono pagati con le nostre tasse. Tutti gli interventi del governo mirano invece a limitare la libertà personale ed economica. In cambio del bonus, sarà necessario sottostare a una serie di regole. I soldi si possono usare per andare in vacanza come e dove sarà deciso. Altrimenti, niente sostegno. Si potranno comprare i monopattini perché sono agevolati fiscalmente o si potrà rifare la facciata della propria abitazione. Chi ha deciso che queste cose servono davvero e servono nel modo in cui viene proposto? Un decreto legge. Non l'ha deciso nemmeno il Parlamento o - come dovrebbe essere - il singolo, a cui uno Stato civile avrebbe concesso un bel taglio delle tasse e poi la scelta di fare ciò che vuole. No. I giallorossi hanno scelto di elevare al quadrato la burocrazia e con essa il controllo delle vite. Le aziende in crisi devono sottoporsi all'estenuate procedura Inps per la cassa integrazione, o alle formalità bancarie per accedere ai fidi garantiti. Gli autonomi possono avere il bonus solo dopo aver vinto al click day o aver subito altre umiliazioni.Da noi il lockdown è chiaramente servito per soffocare la libera impresa. Più poveri sussidiati ci saranno e più la politica si garantirà il proprio ruolo ancor più che i voti. Così è in corso la pericolosa distruzione di una economia manifatturiera che dal prossimo anno rischia di trovarsi espulsa dal G7. Tutti gli articoli presenti nel Cura Italia e nel dl Rilancio mancano di uno sguardo produttivo. La gente perde il lavoro e subito è prevista una sfilza di soluzioni, ma tutte stataliste. Non c'è alcuna strategia industriale. Nemmeno quelle che piacciono tanto alla sinistra sul green o sul rinnovamento delle fabbriche. Evidentemente - lo abbiamo sempre saputo - quella è stata solo una scusa per tentare di portare via la ricchezza a chi produce, un pretesto per inventarsi nuove patrimoniali e fare impoverire chi non ha bisogno dello Stato. Adesso a proseguire nell'opera ci sta pensando il coronavirus e non servono più le vecchie scuse. Per questo, se il virus se ne va in anticipo, si pensa a prolungare il lockdown per realizzare l'incubo. L'intera filiera dell'acciaio sta scomparendo. Il premier pensa di trattare con la famiglia Mittal perché abbandoni Taranto. I tedeschi di Thyssenkrupp hanno già detto addio. Fca ha chiesto più di 6 miliardi per mantenere in piedi la filiera dell'auto, ma la verità è che di vetture non se ne vendono più, l'indotto resterà sommerso dal crollo della filiera tedesca e nessuno a Roma batterà un colpo. Il decreto Rilancio ha dimenticato il tessile e la moda. Al turismo, che vale oltre il 13% del Pil, è stato destinato solo un miliardo di euro. La filiera della grande distribuzione non alimentare fattura in Italia 60 miliardi all'anno e offre lavoro a 200.000 persone. Eppure dal decreto è totalmente ignorata. Il nostro è un Paese che sta andando in mille pezzi. Stanno arrivando al pettine i nodi dell'ultimo ventennio e davanti a noi abbiamo solo due strade. La prima è tornare a essere un Paese occidentale che prova, in base alla libertà d'impresa, a risorgere con un solo tipo di carburante: il taglio delle tasse. Oppure, la seconda, non ci resta che farsi sopraffare da burocrazia e sussidi. In questo caso diventeremo una via di mezzo tra la Ddr e la Bielorussia, dove pur di affermare che esiste la piena occupazione il governo paga spiccioli ai disoccupati per piazzarli lungo i viali della capitale ad aspettare che nevichi, perché ciascuno spali il rispettivo quadrato di asfalto. Solo che se nessuno più produce ricchezza chi pagherà gli assegni previdenziali? Ne sanno qualcosa i pensionati, che ieri hanno scoperto che per via del crollo del Pil incasseranno il 3% in meno al mese. Se nessuno più lavora e in milioni ricevono il reddito di emergenza o di cittadinanza, chi paga i contributi? Il premier dovrebbe sapere che così si rischia il default. Non vorremmo che si stesse facendo abbagliare dal potere della burocrazia. E che riuscisse nell'intento in cui la sinistra finora ha fallito: impoverirci tutti. La magistratura è in crisi, i media non sanno più fare il proprio lavoro, i partiti non sono mai stati così deboli e allora il governo perde tutti i pesi e i contrappesi. Zero governo, tanto Stato e infinite scartoffie. Speriamo che Conte non intendesse questo con l'essere avvocato del popolo.
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)