2020-10-05
L’Italia dei commissari
Palazzo Chigi ne ha 36 al proprio servizio e sta per insediarne altri 50. Non c'è infrastruttura o emergenza senza un «tecnico» che se ne occupi. A Genova ha funzionato: un caso quasi unico.L'ex delegato alla spending review, Carlo Cottarelli: «Queste nomine arrivano quando si vuole dare l'impressione di fare qualcosa. E dimostrare ai cittadini che non vengono trascurati».Lo speciale contiene due articoli.L'Istat ha appena ragguagliato: in un anno sono stati persi 425.000 posti di lavoro. Il crollo è senza precedenti. C'è però un indifferibile impiego che, ai tempi dei giallorossi, non sembra conoscere crisi: il commissario straordinario. Sono già 36 quelli alle dirette dipendenze di Palazzo Chigi. Ma adesso il governo si appresta a nominarne un'altra trentina, bene che vada. Sono i valorosissimi destinati a sbloccare i lavori delle 50 opere pubbliche strategiche per il Paese: dal completamento dell'ormai mitologica Jonica, la statale che porta da Reggio Calabria a Taranto, all'altrettanto glorioso progetto dell'alta velocità tra Napoli e Bari. Basta con i soliti balbettii. Stavolta, assicura Giuseppe Conte, si fa sul serio. Grazie alla benevolenza europea, il premier punta a investire 45 miliardi per costruire strade, porti e ferrovie. E vista la scarsa fiducia nutrita nei confronti di ministeri e burocrazia, il premier ha deciso: meglio indicare una selva di solerti superuomini da dedicare allo scopo. Del resto, come dargli torto? Abbacinato dalle imprese del commissario dei commissari, l'infallibile Domenico Arcuri, la scelta è apparsa inevitabile. L'Italia ha sempre più bisogno di uomini capaci quanto colui che, con mano ferma, guida il Paese nella lotta al virus. Certo, qualche inciampo c'è stato: le mascherine fantasma, la babele con i tamponi, lo psicodramma dei banchi di scuola. Ritardi e omissioni si accumulano, ma sono inevitabili incidenti di percorso.Ce ne fossero come lui, ragiona ancora Conte. Ecco, quindi, l'ideona: l'Italia degli Arcuri. Intrepidi, inflessibili, imbattibili. Saranno loro, finalmente, a portare a termine quelle infrastrutture che la nazione attende impaziente da mezzo secolo. Alleluia. L'ordinario si trasforma in evento eccezionale. Servono superman con annessa super task force, altroché. Non che si tratti dell'idea più innovativa del secolo. L'operazione annunciata dal presidente del Consiglio ricorda alla fine quella dell'ex ministro dei Lavori pubblici Paolo Costa. Nel 1997, per ovviare all'eterno problema dei cantieri fermi, si spinse a designare un commissario per ogni opera: 152, in totale. Considerati i modesti risultati ottenuti dalla truppa, qualche anno dopo la Corte dei conti si spinse a ipotizzare la più crudele delle conclusioni: non è che si favorisce lo stallo per mantenere la poltrona?Nella trepida attesa di vedere all'opera i nuovi arrivati, non rimane dunque che far riecheggiare le leggendarie gesta dei commissari già in servizio. A cui andrebbero aggiunti quelli nominati da enti locali e regioni. E, a esser pignoli, i funzionari chiamati a gestire le crisi aziendali e i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Ma i capiscuola sono certamente i 36 che dipendono dalla presidenza del Consiglio. Tra loro ci sono professionisti, manager, boiardi, prefetti. Ed ex politici di grido. Come Giovanni Legnini: già vicepresidente del Csm, sottosegretario e deputato del Pd. Lo scorso febbraio, dopo la sfortunata candidatura alla presidenza dell'Abruzzo, viene scelto come commissario al sisma del 2016 in centro Italia. Carica in cui s'erano succeduti, nell'ordine: Vasco Errani, senatore di Articolo Uno; Paola De Micheli, attuale ministro dei Trasporti; Piero Farabollini, tecnico. Insomma: uno all'anno. Con gli strepitosi risultati sintetizzati dall'Ordine nazionale dei geologi il 28 agosto 2020, quarto anniversario del terremoto: «Ci sono gravi ritardi nella ricostruzione pubblica e in quella privata». E visto che il ruolo di questi supereroi governativi prevede pure un compenso legato ai risultati, il dubbio sovviene: non è che, a dispetto delle conclamate lentezze, è stato pagato anche quello? Lo stipendio può arrivare, infatti, a 100.000 euro: 50.000 fissi e altrettanti variabili. In cambio, i prescelti si dedicano delle missioni più imprescindibili.Come «gli interventi di restauro e valorizzazione dell'ex carcere borbonico dell'isola di Santo Stefano a Ventotene»: affidati a Silvia Costa, ex europarlamentare del Pd. O la «rigenerazione urbana» dell'arsenale della Maddalena, in Sardegna. E quella di Bagnoli, in Campania. Per non parlare della «prosecuzione» dei lavori per il Mose, avviati nel 2003. Le paratoie mobili si sono alzate, per la prima volta, solo sabato. E a dirigere la storica operazione c'era l'architetto Elisabetta Spitz, già alla guida dell'Agenzia del demanio, incaricata del «completamento» un anno fa. Ci sono, invece, superdonne al comando da anni. Come Vera Corbelli, chiamata nel 2014 a occuparsi della bonifica di Taranto e, un anno dopo, delle acque reflue a est di Napoli. Commissariamenti eterni. A cui se aggiungono di più recenti, ma già destinati all'immortalità. Vedi gli aiuti di Stato considerati illegittimi dalla Commissione europea. O il debito di Roma, che continua indispettito a lievitare. Ma il destino è tribolato persino per la manifestazione che ha rilanciato Milano. Vi ricordate il glorioso Expo, guidato dall'attuale sindaco Beppe Sala? La cerimonia di chiusura, con un indimenticabile spettacolo pirotecnico, risale ormai al 31 ottobre di 5 anni fa. Eppure, nell'elenco della presidenza del Consiglio, c'è ancora il commissario straordinario per la liquidazione della società Expo 2015. A cui si è aggiunto, nel frattempo, un omologo che si adopera per la prossima esposizione universale, prevista a Dubai nel 2021.E poi, ovviamente, ci sono tutte le grandi calamità degli ultimi anni. L'ultima è stata il terremoto sull'Etna. Era il Natale 2018: nove Comuni danneggiati, 3.500 sgomberi e 9.000 sfollati. Solo otto mesi dopo, ad agosto 2019, Conte nomina il commissario per la ricostruzione: Salvatore Scalia, ex procuratore generale a Catania. Lo scorso dicembre raccontava: «Non ho nemmeno una sede, né le attrezzature necessarie. Sono ospitato nella stanza del vicesindaco di Acireale. Mi hanno mandato 36 milioni di euro, ma non posso toccarli perché non ho un ragioniere né altro personale…».Proprio in Sicilia, il governatore Nello Musumeci ha appena designato due commissari per velocizzare le opere pubbliche. Ma tutte le regioni continuano a ricorrere ai supertecnici. La Sardegna ha commissariato tutte le aziende sanitarie dell'isola. Il Piemonte vanta un tecnico che si occupa dell'emergenza coronavirus. E il Lazio guidato dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti, per l'erculeo compito di trasformare le comunità montane in unioni di Comuni montani ha indicato ben 21 commissari, dallo stipendio di 1.520 euro al mese, e altrettanti subcommissari, che s'accontentano di 760 euro. Il governo nazionale, però, resta insuperabile. Continua a vantare superdonne e superuomini dediti alle cause più svariate: il casinò di Campione d'Italia, le discariche abusive, gli extracomunitari a Castel Volturno, le fognature urbane, i mondiali di sci alpino. E c'è anche un commissario straordinario per le persone scomparse. Con qualche fatica, si può rintracciare ancora negli uffici di via Cavour a Roma.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/litalia-dei-commissari-2648097524.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="cottarelli-sono-la-prova-lampante-che-lapparato-statale-non-e-in-grado-di-decidere" data-post-id="2648097524" data-published-at="1601869084" data-use-pagination="False"> Cottarelli: «Sono la prova lampante che l’apparato statale non è in grado di decidere» Carlo Cottarelli (Ansa) Professor Carlo Cottarelli, ex commissario straordinario per la revisione della spesa, ha sentito che arriveranno almeno una trentina di altri commissari straordinari per sbloccare le opere pubbliche? «Sì, certo. Era già previsto nel decreto Semplificazioni». Non è un controsenso? «Si ritiene, evidentemente, che la pubblica amministrazione non sia in grado di prendere decisioni. Quindi si nominano dei commissari ad hoc». Appunto… «Di per sé, non è una complicazione avere una persona che si dedica a tempo pieno a un'opera. È piuttosto il riconoscimento che la burocrazia non funziona. Abbiamo avuto, nel tempo, una lunga lista di commissari che si sono arenati. Non è affatto detto che accelerino le cose: devono essere capaci. Il sindaco di Genova, per esempio, lo è». Marco Bucci, che sovrintende la ricostruzione del Morandi. «Ha contribuito a far terminare il ponte più rapidamente. Certo, nessuno ha posto ostacoli. Dietro la sua designazione c'era un intero Paese: dalla politica ai cittadini. E la società Autostrade ha pagato quasi a piè di lista. Ma non è che tutti i 50 nuovi commissari troveranno simili condizioni…». Si aggiungono ai 36 già in servizio permanente ed effettivo per Palazzo Chigi. «Mi sembra che nessuno di loro abbia fatto miracoli. Però servono a dare l'impressione di accelerare la risoluzione dei problemi». Una Repubblica fondata sui commissari straordinari. «Si certifica che la pubblica amministrazione non è in grado di operare». Anche il governo, dunque? «Nessuna maggioranza ha mai voluto ricostruire la macchina, a partire dalla gestione del personale. Se legge bene, nelle linee guida per l'uso del Recovery fund…». Quaranta paginette. «Esatto. Neppure lì si prevedono incentivi per la pubblica amministrazione. Invece, bisogna premiare il merito. L'ultimo che ha provato a fare una riforma del genere è stato Renato Brunetta nel 2009. Ma la legge è stata poi insabbiata». La celebre lotta ai fannulloni. «Per farla davvero bisogna scontrarsi contro la resistenza della stessa pubblica amministrazione. E in cima all'agenda di questo governo c'erano il reddito di cittadinanza e quota 100. Mica far lavorare un tribunale come un'azienda. Ma è una priorità da cui discende tutta l'organizzazione dello Stato». Che poi ricorre ai superuomini. «Così almeno si dà l'impressione di fare qualcosa. È andata bene a Genova. Si spera che funzioni anche altrove». Funziona? «Il momento più alto è quello mediatico: la nomina. Dopo la gente dimentica. Allora si indica una nuova persona, vedi la ricostruzione in Umbria». Siamo al quarto prescelto: Giovanni Legnini, ex parlamentare del Pd e vicepresidente del Csm. «Per dimostrare ai cittadini che non sono stati messi da parte». Il commissario straordinario per eccellenza è adesso Domenico Arcuri, chiamato per gestire l'emergenza coronavirus. La sua strada, però, è ormai lastricata di polemiche. «Insomma non è che la questione delle mascherine sia andata proprio alla grande, eh… Ora ci sono i banchi…». Quindi? «Diciamo che è opinione comune che non sia stato particolarmente bravo». Da lui dipende perfino la riapertura delle scuole. Non bastava il ministero dell'Istruzione? «Appunto! Che ci sta a fare il ministero se poi è necessario chiamare un commissario per gestire la situazione? Tra l'altro, si crea una cacofonia: uno dice una cosa, l'altro ne dice un'altra. E, alla fine, arrivano messaggi non precisi. Invece, la chiarezza dovrebbe essere fondamentale». Anche lei è stato un blasonatissimo commissario: alla spending review. «Quello era un compito diverso: bisognava fare proposte al governo sulla revisione della spesa. E non avevo nemmeno un budget. L'unico costo era il mio compenso, che però è stato tagliato proprio su mia iniziativa». S'è mai sentito superfluo? «A chiamarmi fu l'allora ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni. La prima domanda che gli ho fatto è stata: “Perché avete bisogno di un commissario?"». Risposta? «Serviva un messaggio politico. Bisognava far passare il messaggio dei tagli nel dibattito pubblico. Era un ruolo comunicativo, fondamentalmente». Perfino il suo? «Non è che l'aspetto mediatico sia sbagliato. Vuoi dare un segnale? Vuoi far assumere a una cosa particolare rilievo? Va bene, ma allora non puoi nominare 50 commissari». La sua relazione giace nei cassetti di Palazzo Chigi. «Non voglio dare giudizi su me stesso, ma il mio lavoro l'ho fatto. Poi è cambiato il governo ed è arrivato Matteo Renzi». Addio sforbiciate. «La successione ha cambiato le cose: nell'immaginario collettivo io ero vicino a Enrico Letta. Ma non lo trovo strano. Se cambia l'allenatore, sceglie lui chi mettere in campo». Ora arrivano almeno un'altra trentina di centravanti. «Torniamo al discorso di prima. Non abbiamo nessuna garanzia che facciano bene per sbloccare queste opere pubbliche». Lo stuolo di colleghi che li ha preceduti è servito a qualcosa? «A parte l'eccezione di Genova, mi sembra che non abbiano risolto nulla».
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