2025-04-18
Liste d’attesa, di nuovo fumata nera: Stato-Regioni ai ferri corti sul dpcm
Marcello Gemmato (Imagoeconomica)
È scontro aperto in Conferenza sul provvedimento che disciplina i poteri sostitutivi in caso di inadempienze L’esecutivo, che non vuole altri ritardi, pensa al passaggio in cdm senza il previsto assenso di Massimiliano Fedriga e soci.Sulle liste d’attesa ancora si litiga e non vengono trovate soluzioni, così a rimetterci sono sempre i cittadini. In Conferenza Stato-Regioni ieri non è stata raggiunta un’intesa e il ministero della Salute, rappresentato dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, non ha accolto la richiesta di altro tempo per discutere del punto più controverso (e indigesto) del dpcm: i poteri sostitutivi. Ovvero, l’azione del governo nei confronti delle Regioni che non fanno abbastanza per accorciare i tempi. Bisognerà aspettare altri 30 giorni per vedere se qualche mediazione porterà buon frutto. Altrimenti, scaduto il mese, il governo è deciso a intervenire, emanando il decreto attraverso un passaggio in Consiglio dei ministri anche senza il previsto assenso regionale. L’esecutivo non accetta altri ritardi. Si tratta in ogni caso di lungaggini fuori dalla comprensione dei pazienti, il cui unico interesse è avere visite e controlli in tempi raccorciati. Dallo scorso luglio, l’attuazione della legge 107 per abbattere le liste d’attesa è praticamente ferma perché non vengono approvati tutti i decreti attuativi previsti. Tra questi, il dpcm con il quale il governo può attribuire poteri sostitutivi, rispetto a quelli di Regioni inadempienti, a un «Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria». Istituito presso il ministero della Salute, interviene sui compiti affidati al Responsabile unico regionale dell’assistenza sanitaria (Ruas), in caso di mancata nomina di questa figura e in tutti i casi in cui non viene perseguito l’obiettivo della riduzione delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie. Verifiche che possono essere svolte presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, presso le aziende ospedaliere universitarie e i policlinici universitari, presso gli erogatori privati accreditati nonché presso tutti gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anche se trasformati in fondazioni, «sul rispetto dei criteri di efficienza e di appropriatezza nell’erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime». Figuriamoci le Regioni, che vivono l’azione del governo come un’invasione di campo in materia di sanità. Dovrebbero anche accettare che «le spese e gli oneri sono a carico della amministrazione sostituita», quindi essere loro a sostenerle. Dopo aver dichiarato che non sussistono le condizioni per esprimere un parere favorevole sullo schema del dpcm, avevano presentato delle controproposte in cui invocano trasparenza, collaborazione, contraddittorio, interventi sostitutivi dell’Organismo in caso di inadempienza solo in determinate condizioni, non prima di 90 giorni e limitando il commissariamento a un massimo di 4 mesi. Il confronto nemmeno ieri ha dato i risultati attesi e non è stato dato il via libera al dpcm. La Conferenza delle Regioni ha fatto sapere di esprimere «rammarico per l’esito di mancata intesa» e che all’unanimità era stata manifestata «ampia disponibilità al confronto e a trovare soluzioni anche diverse rispetto alle prime osservazioni inviate al ministero della Salute».Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e coordinatore delle Regioni, in una lettera al ministro della Salute Orazio Schillaci aveva lamentato «l’invasione delle competenze riconosciute alle Regioni e alla Province autonome dalla Costituzione, il mancato stanziamento di adeguate risorse senza le quali non possono essere messi in campo interventi per l’abbattimento delle liste d’attesa».Schillaci ieri ha espresso «rammarico per la decisione delle Regioni di negare l’intesa sul decreto attuativo» e ricordato che la norma già modificata in sede di approvazione del decreto legge è stata trasmessa alle Regioni ben 5 mesi fa. «I poteri sostitutivi rappresentano una soluzione estrema in caso di gravi inadempienze», ha tenuto a sottolineare il ministro. «Negare a priori questa possibilità rischia di apparire più come volontà di sottrarsi a qualsiasi forma di controllo che di difendere l’autonomia regionale».Il segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, Pierino Di Silverio ha scritto al ministro: «Contro le liste d’attesa i medici sono disarmati. Nonostante l’impegno, le liste di attesa non si riducono, bensì aumentano, come del resto avevamo previsto». Chiede misure urgenti e concordate con gli operatori perché «i maggiori sforzi che regioni e aziende stanno chiedendo ai professionisti […] dimostrano il “disprezzo” nei confronti della categoria. Che quotidianamente deve fare i conti con la carenza di organici e con le carenze organizzative». Intanto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo con le linee guida per la realizzazione e il funzionamento della piattaforma nazionale delle liste d’attesa (Pnl). Dovrà monitorare i dati provenienti da tutte le Regioni, riferiti alle prenotazioni e ai tempi alle prestazioni sanitarie. Martedì, il Senato ha dato il via libera al ddl sulle prestazioni sanitarie che sarà collegato al decreto sulle liste d’attesa e che contiene anche un registro delle segnalazioni online del malfunzionamento dell’assistenza sanitaria riferita alle prestazioni e all’«aderenza terapeutica». Passerà all’esame della Camera, ma fino a quando non diventa attuativo il dpcm della discordia, i tempi per ottenere una visita o un esame rimarranno vergognosamente lunghi anche senza denunce su piattaforme istituzionali.