2025-08-17
Marco Lisei: «Rischiano di tornare gli orrori del Covid»
Marco Lisei (Imagoeconomica)
Il presidente della commissione d’inchiesta: «È deprimente che per screditare le posizioni non allineate si continuino a usare etichette come “no vax”. Dalle audizioni svolte emergono fatti sconvolgenti: mancava la programmazione dell’emergenza».Le novità esplosive, raccontate dalla Verità in solitudine, emerse dalla desegretazione di alcune audizioni in Commissione Covid; le polemiche sul gruppo di lavoro della Nitag, azzerato proprio ieri, e non solo. Il senatore di Fratelli d’Italia Marco Lisei, presidente della stessa commissione e da mesi impegnato in prima linea nei suoi lavori, fa il punto in questa intervista sui temi più caldi del momentoSenatore, quando ci saranno le prossime desecretazioni?«Alla ripresa dei lavori degli uffici, ma intanto Giuseppe Ippolito (a lungo direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive «Lazzaro Spallanzani», già membro della task force del Conte 2, ndr), Andrea Urbani (già direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute, anch’egli nella task force, ndr) e Mauro Dionisio (già dirigente del Ministero della salute, lui pure nella task force, ndr) hanno fatto rivelazioni importanti. È presto per dare giudizi definitivi perché abbiamo sentito molti altri membri del Cts e della cosiddetta task force e le somme si dovranno tirare alla fine, ma non vi è dubbio che molte delle dichiarazioni sono sconvolgenti». Cosa l’ha più impressionata dell’audizione di Ippolito?«Il fatto che dessero indicazioni «in base alle necessità», questo ha detto Ippolito, confermato sostanzialmente da Urbani e Dionisio. Se fosse vero questo significherebbe che non c’era programmazione dell’emergenza. D’altronde gli auditi concordano nell’affermare che non c’erano gli strumenti, dati, posti letto, dispositivi di protezione, regole di comunicazione. Non era lo Stato a gestire la pandemia, ma la pandemia a gestire lo Stato. Emergeva un problema, ed è evidente che ce ne sono stati tanti, e si tentava di risolverlo in qualche modo». E che cosa l’ha colpita invece delle parole di Dionisio e Urbani?«Dionisio, a proposito dell’alert dell’Oms del 5 gennaio, mi ha risposto: “Noi, però, ne riceviamo parecchi ogni settimana. Quindi essere in grado di discernere fra gli alert quello che poteva essere…”. Credo sia sintomatico di un sistema che non funziona, di una sottovalutazione o, forse, di una generalizzazione del rischio. Mi viene in mente il famoso proverbio che avverte che se si grida troppe volte al lupo…».Qual è il distillato che si può estrarre dal complesso dei verbali?«Si capisce bene che fino a oltre metà febbraio 2020 nessuno abbia preso sul serio la situazione. Infatti, Urbani dice che molte misure “con il senno di poi certo, probabilmente andavano adottate prima…”». In tutta questa dolorosa vicenda che ruolo ha avuto Oms?«Sembrerebbe quello della “foglia di fico”, come ha detto a suo tempo Ranieri Guerra. Molti santificano l’Oms, ma quando mandava l’alert nessuno l’ha considerato seriamente. Avremmo voluto chiederlo a loro, ma come sapete si sono rifiutati di rispondere. La scelta del Governo Meloni di rifiutare gli emendamenti del 2024 al Regolamento sanitario internazionale (Rsi) è stata, a mio giudizio, saggia. L’Oms o si riforma garantendo trasparenza e terzietà o perderà sempre più credibilità. D’altronde lo dice anche Ippolito che “la scelta di chiedere rapidamente una riforma dell’Oms fatta da Donald Trump è giusta”». Quindi non eravamo «pronti» come sosteneva l’ex premier Giuseppe Conte?«Le quarantene andavano fatte, ma non c’erano i luoghi. I tamponi andavano fatti, ma non avevamo i reagenti. I lockdown si potevano fare diversamente, ma non c’erano dati. I posti letto si potevano verificare sui database con un “click”, come dice Urbani, ma sono stati aumentati solo a inizio marzo. La comunicazione è stata criticata, ma non c’era un piano. In base a quello che hanno riferito Ippolito, Urbani e Dionisio, direi che la risposta alla sua domanda è che pare proprio di no». Gli esperti sentiti in commissione hanno anche riferito che decideva la politica…«Che è il contrario di quanto affermato da Conte e dall’ex ministro Roberto Speranza alla Procura di Bergamo e, adesso, ognuno si dovrà assumere le responsabilità di ciò che ha detto. Sull’emergenza iniziale ad Alzano Lombardo e Nembro, peraltro, Ippolito ha confermato che fu una scelta politica quella di non chiudere, fatta sulla scia degli aperitivi anti chiusura organizzati da alcuni esponenti della sinistra come Nicola Zingaretti, ma soprattutto di “considerazioni economiche e politiche”. Ricordo che il Cts aveva consigliato di chiudere il 3 marzo e Conte ha deciso di blindare tutta l’Italia solo cinque giorni dopo». Mi sembra di capire che a vostro giudizio molte scelte furono sbagliate. Ma perché, ancora oggi, nessuno dei governanti di allora sembra pronto ad ammetterlo?«Non lo so. Ma di certo, me lo lasci dire, anche se sono di parte, quei signori hanno un’attitudine diversa rispetto a Giorgia Meloni che è un premier che si assume le responsabilità delle scelte del Governo, come accaduto nel caso Almasri». Qualcuno, ai tempi, ha preso decisioni contro corrente e si è preso dei rischi…«Abbiamo imparato che molte azioni giuste sono state compiute contro le regole date. Come la dottoressa Annalisa Malara (l’anestesista dell’Ospedale di Codogno che ha scoperto la presenza del Covid in Italia, ndr) che fece il primo tampone violando le circolari. Anche chi fece le autopsie, che sono state determinati a capire come agiva il virus, lo face violando le disposizioni. Valga lo stesso per chi non si è uniformato al protocollo “Tachipirina e vigile attesa” e ha somministrato subito i Fans. Anche il Veneto seguendo il suggerimento di Andrea Crisanti di tamponare gli asintomatici aprì uno scontro con il governo, salvo poi avere ragione». In questi giorni non sono mancate le polemiche per la nomina e la successiva revoca dei membri, tra cui due presunti medici no vax, del Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (Nitag). Che idea si è fatto?«Parte del mondo scientifico sta ripetendo gli errori e gli orrori della gestione Covid. Se lo Stato e la Scienza avessero rassicurato, spiegato e accettato chi rifiutava il vaccino anti Coronavirus, come avvenuto in tante altre nazioni, non si sarebbe creata la frattura sociale che abbiamo registrato nel nostro Paese. L’arroganza, l’incapacità di dialogare, la volontà di escludere chi non si uniforma, la politica dell’insulto non sembrano tramontate. Sentire ancora usare l’etichetta di no vax, peraltro da persone con ruoli sociali e scientifici rilevanti, per screditare ed emarginare colleghi è deprimente e non ha fatto altro che radicalizzare ancora di più una fascia di popolazione. Un gravissimo errore, anche politico».È vero, come starebbe emergendo, che i piani per le chiusure sono stati appaltati a un matematico?«Io sono convinto che Stefano Merler abbia avuto un ruolo centrale, fino all’arrivo sui tavoli di Cts e task force, con il suo studio predittivo segretato a metà febbraio che annunciava migliaia di morti. Da quanto è stato dichiarato pare si fosse totalmente sottovalutata la pandemia nella convinzione che il virus non circolasse in Italia. Quando arriva il suo studio, pur con i tutti i suoi limiti, sembra che cambi tutto e si inizi a fare ciò che forse si sarebbe dovuto fare già dal 5 gennaio con l’alert di Oms ovvero verificare posti letto, dispositivi protezione, aumentare terapie intensive, ecc. Però la vicenda Merler è sintomatica di due possibili gravi errori: la composizione del Cts e task force era inadeguata dal momento che quei collegi erano privi di statistici (anche Marler non lo è, ndr) capaci di fare proiezioni ed è stata conclamata l’assenza di dati affidabili. Questi errori hanno poi portato alle politiche dei lockdown spietati e generalizzati».La sinistra e la stampa progressista sostengono che si stia utilizzando la commissione covid come «una clava per colpire l’opposizione un tempo al governo». Come replica?«Quella che presiedo è una commissione d’inchiesta che sta garantendo alle opposizioni tutti gli strumenti d’indagine. Le dirò di più: in quel consesso le opposizioni hanno più strumenti della maggioranza. E per dimostrarlo cito un fatto: fino ad ora i colleghi commissari d’opposizione hanno avuto la possibilità di indicare più auditi. Sorprende che tanti giornalisti, anche di sinistra, che hanno denunciato problemi e inefficienze, scritto libri, articoli e commentato sui media, da quando c’è il governo Meloni si siano eclissati, sacrificando forse la verità all’ideologia e al cambiamento delle linee editoriali. Non è responsabilità di Fratelli d’Italia, né del sottoscritto se dall’audizione dei componenti del Cts o di altri auditi, stanno emergendo dichiarazioni fortemente critiche sulle scelte adottate in quel terribile periodo storico o se molte affermazioni contrastano con quanto sostenuto da chi governava». La commissione parlamentare italiana è un caso unico?«Assolutamente no. In tutte le democrazie sono state istituite commissioni d’inchiesta sul Covid e in tutte le democrazie si è acceso il dibattito sulle scelte di quei governi, basti pensare a quello conservatore di Boris Johnson, nel Regno Unito. Temo che si voglia delegittimare il risultato della commissione a priori, una strategia politica legittima di difesa delle scelte dei passati governi, ma che non impedirà, sulla base di testimonianze e documenti, alla verità di emergere».C’è chi vi accusa di avere violato il segreto…«Si tratta di un’accusa del tutto strumentale. Prima di diventare pubblici i verbali sono stati desegretati e tutti i commissari li hanno ricevuti. Forse va precisato che quando vengono inviate ai membri della commissione e agli auditi le cosiddette bozze non corrette non sono più coperte da segreto. Le correzioni successive sono solo di stile e non di contenuto e servono a sistemare alcune piccole incomprensioni nella trascrizione. Come commissione ci siamo dati la regola della massima trasparenza e, quindi, tutti i verbali saranno progressivamente desegretati e pubblicati sul nostro sito. I tempi sono legati alla consegna dei resoconti stenografici. Si tratta di un lavoro molto lungo dal momento che stiamo facendo audizioni fiume. Per questo ringrazio di cuore gli uffici della commissione, i consulenti e chi sta lavorando duramente per far emergere la verità, ed ovviamente anche chi, come voi, informa l’opinione pubblica sul nostro lavoro».
Ecco #DimmiLaVerità dell'1 ottobre 2025. La nostra Flaminia Camilletti mette in parallelo la missione della Flotilla e la disfatta del centrosinistra.
Nel riquadro, l'ad di Rina Consulting Michele Budetta (Courtesy Rina Consulting)