
Il critico d'arte: «Le parole di Mattarella? Inutili perché la giustizia non ha anticorpi. E non si può riformare Salvini unico leader. Zingaretti? Un buon fratello. Di Maio è come il guttalax, Conte è una controfigurina».Telefoniamo a Vittorio Sgarbi, scatenato, mentre è in autostrada. La linea va e viene. Per fortuna non guida lui.Sergio Mattarella ha ammesso che è stata minata l'autorevolezza del Csm, ma ha detto che quell'istituzione ha gli anticorpi per reagire. Per lei, invece, tra i magistrati, «il più pulito ha la rogna»…«Non c'è alcuna possibilità che quello che dice Mattarella si realizzi».No? Perché?«Perché il corpo è malato e ha mille metastasi. Un caso emblematico: Forza Italia ha dovuto vergognarsi di tutto e, da ultimo, di Nicola Cosentino. Sottoposto a un processo ridicolo, è stato assolto».Cosentino è un martire?«Non dico che sia un santo. Però i magistrati hanno sempre voluto individuare dei demoni, considerando loro stessi dei santi. I giudici incapaci e i giudici corrotti - e gli incapaci più dei corrotti - sono un cancro letale».Non esagera?«Altro caso, allora. Lei si ricorda Fabrizio Palenzona?».Ex vicepresidente di Unicredit, ex Margherita?«Esatto. Insieme a un grande imprenditore siciliano, che si chiama Andrea Bulgarella, è stato accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Prima pagina dei giornali. Assolti con formula piena entrambi».Scusi, ma se gli innocenti alla fine vengono assolti, il problema magari è la stampa forcaiola.«Sì, ma l'azione giudiziaria da cui si parte li sputtana per sempre. Poi vengono assolti perché c'è un giudice a Berlino. Ma è “un" giudice». Tinte fosche...«Avesse, la magistratura, un margine di errore del 30%, del 40%... Sono convinto che sia sopra al 50%. Non si può consentire a un corpo dello Stato di fare solo politica. La riforma impossibile è l'eliminazione del pm politico. È il caso di Luigi Patronaggio».Il Procuratore che ha indagato Matteo Salvini?«Sì. L'azione governativa va legittimata nella sua autonomia. E invece il governo fa un'azione e Patronaggio incrimina Salvini per un atto politico. E questo discorso non lo faccio mica a senso unico».Cioè?«Ho dato la cittadinanza onoraria di Sutri, dove sono sindaco, a Mimmo Lucano».Il che lascia un po' perplessi.«Ma a me non interessa la posizione politica di Lucano. Il mio problema era la posizione politica della magistratura. E quindi io vedevo, unico, ma credo unico lucido, un'affinità tra l'azione giudiziaria condotta contro Salvini e quella condotta contro Lucano, ovviamente per ragioni opposte».Paragoni arditi.«Poi c'è l'infetto cinquestellino Nicola Morra».Oddio. Che vuol dire?«Adesso bisogna che in ogni inchiesta ci sia la mafia, no? E allora come ha fatto il signor Morra a dimostrare che anche Salvini è mafioso? Sostenendo che Armando Siri è il trait d'union con Cosa nostra. Inchieste così sono pure seghe di magistrati che fanno politica».Non salva nessuno?«A parziale discolpa del Csm, si può dire che è un organo più politico che giudiziario. È un matrimonio inevitabile: non puoi dividere i poteri quando essi non lo sono».Non sono divisi?«Di fatto, in Italia non lo sono: ognuno fa la parte dell'altro».Torniamo a Mattarella.«Tutto questo, infatti, era per dire che Mattarella auspica una cosa impossibile sui magistrati».Volevo chiederle un'altra cosa. Luca Lotti, in un'intercettazione, dice di aver parlato con il Colle delle nomine dei magistrati. Il Colle ha negato. Era una millanteria?«Lotti è stato ministro. Da Mattarella ci sarà andato allora. La sua è stata vanagloria. Un'iperbole».Un'iperbole?«Ma l'iperbole sta nella conversazione privata di un parlamentare che non doveva essere intercettato. Una vanteria telefonica non si può prendere come oro colato. Come se ora le dicessi che mi sono scopato la figlia del maharaja di Jaipur».È tutto un gioco di millanterie?«Eh sì».Lei ha definito Lotti un bambinone che cerca di sfuggire al giudice cattivo. Ma dalle intercettazioni non emerge qualcosa di più grave? Un deputato che cerca di influenzare la nomina del magistrato nella Procura che lo sta indagando?«Quello a cui lei fa riferimento lo ha detto Luca Palamara. Dice: io divento vice di Marcello Viola e archivio. Ma la legge presuppone che se c'è il rinvio a giudizio non si può più tornare indietro. Quindi è un eccesso di zelo di Palamara».Cosa ne dice degli ex magistrati, tipo Gianrico Carofiglio, che si scandalizzano per il suk al Csm?«Carofiglio cerca di dare un'aura alla sua nuova condizione per evitare di dire che è stato eletto nel collegio in cui era Procuratore».Lui replica: ero andato via un anno prima.«Per andare a fare il consulente nella commissione antimafia. Quindi, di fatto, s'è avvicinato ai politici. La politica l'ha sempre intersecata con l'attività giudiziaria».Forza Italia. Le è piaciuta l'ultima mossa del Cavaliere, che ha nominato coordinatori a tempo Giovanni Toti e Mara Carfagna?«Con abilità, Silvio Berlusconi e Toti hanno evitato che si arrivasse alla rottura, che io vedevo come una palingenesi. C'è una logica».Quale?«Come diceva Carl Gustav Jung, la Trinità ha un errore di fondo: che non ingloba anche il diavolo diventando quaternità».Cosa intende?«Se prendi il diavolo, in questo caso Toti, hai annullato il tuo polo antagonista. Ma è complesso riabilitare personaggi che erano stati emarginati con gli accordi del Nazareno. Io stesso non so cosa farò».È in fermento?«Io volevo convincere Berlusconi a starsene in Europa e a non entrare più nelle vicende italiane, per poi fare, con Toti e con altri, un Rinascimento».Un Rinascimento?«Parola bellissima. È ciò che tutti vorrebbero e il più importante motivo di orgoglio dell'Italia. Se non ci riesco, me ne starò sul fronte solitario, magari in dialogo con l'Udc».Nel declino del partito, lei attribuisce delle colpe a Berlusconi?«Più che a lui, a quelli che gli stanno intorno. Comunque, io ho una capacità profetica».Cioè? «Sono stato il primo a dire che Antonio Di Pietro sarebbe caduto e che Luigi Di Maio faceva cagare, come il guttalax».Non trascendiamo.«Per vedere la fine di Di Pietro mi ci sono voluti 20 anni, Di Maio in un anno e mezzo si è già bruciato».Ma che c'entra con Berlusconi?«Le spiego. Un anno fa gli avevo detto: torniamo a votare subito, non consentiamo a Salvini di fare il governo con i 5 stelle. Avrebbe danneggiato Berlusconi».Ha avuto ragione.«Sì. Ma oggi penso che Salvini abbia fatto bene. Ha sgonfiato Di Maio. L'unico modo, infatti, era far stare i 5 stelle al governo. Lei capisce che se io voglio fottere qualcuno, devo tenerlo vicino, non posso mica usare una protesi… E ora Salvini non lo vuole più mollare».Ripeto: non trascendiamo. Comunque, se non ho capito male, l'errore del Cav è che ha lasciato che Salvini si mettesse in una situazione troppo comoda. Il centrodestra è morto?«Alla fine succederà come alle regionali e torneremo al governo».Non c'è Sgarbi senza capra. Chi vince il premio capra nel governo?«Danilo Toninelli. È al limite della comica. Governerebbe meglio la capra. Poi c'è Virginia Raggi…».Ma non è al governo.«Allora Alfonso Bonafede, che è convinto che i politici siano dei delinquenti e i magistrati siano buoni. E quindi lui sta dalla parte sbagliata, essendo un politico».E il leone d'oro a chi lo diamo?«Ovviamente il migliore è Salvini. Si è messo contro il Papa e ha vinto pure contro di lui».La querelle sul crocifisso?«Il Papa ha sbagliato, perché qualunque cristiano, anche se in modo apparentemente strumentale, ha il diritto di chiedere aiuto alla Madonna o ai santi. D'altra parte, siamo stati governati democraticamente per 50 anni da un partito che aveva la croce nel simbolo. E nessuno ha eccepito. Salvini ha conquistato i cristiani più del Papa».Di Giuseppe Conte cosa pensa?«Conte è un Carlo Calenda in sedicesimo. È destinato a dissolversi. Quando sarà finito tutto, credo tra breve, non avrà nessun ruolo con nessuno. Finirà dimenticato come Lamberto Dini e Mario Monti».E i 5 stelle?«Destinati a sparire».Pure loro?«Non hanno ideologie, la loro identità è il vaffanculo».Ma non è vero.«Sono la scheda bianca su cui scrivi “merda". Solo che se ci scrivi sopra Beppe Grillo, diventa un partito. Colpo di genio».Per favore…«Sì, Grillo ha trasformato la merda in un partito. Ma adesso i grillini non solo hanno perso il vaffanculo, hanno perso pure Grillo».Il leader è Di Maio.«Di Maio al massimo potrebbe essere un segretario democristiano degli anni Sessanta. Una riedizione di Emilio Colombo. Senza Grillo, logicamente, non ci sono grillini. Sono grillini senza Grillo. Quindi, nulla. Come si è visto nei collegi per l'elezione dei sindaci, dove non c'era il voto d'opinione».Grillo non si può mica liquidare così.«Infatti, un nuovo soggetto politico dovrebbe fare esattamente quello che ha fatto Grillo all'inizio: denunciare la miseria della classe politica italiana, in cui c'è un solo leader, che è Salvini. Tutti gli altri sono controfigure».Tutti?«Berlusconi sta sopra. Nicola Zingaretti è un buon fratello. Gli altri non si vedono. Di Maio è una figurina. E Conte è una controfigurina».
Kaja Kallas (Ansa)
I ministri della Cultura lanciano un appello per far fronte alla presunta minaccia di Vladimir Putin, invocando perfino l’uso del cinema per promuovere i valori dell’Unione. E Kaja Kallas manipola la storia: «Russia mai attaccata negli ultimi 100 anni». Scorda i nazisti...
Il circolo culturale di Bruxelles è salito in cattedra. Non trovando una strada percorribile e condivisa per mettere fine alla guerra in Ucraina, l’Unione europea ha deciso di buttarla sulla Storia, sulle infrastrutture culturali, sulla «resilienza democratica», «sui contenuti dai valori comuni». Armiamoci e studiate. Così ti viene il dubbio: stai a vedere che Fedor Dostoevskij torna ad essere praticabile nelle università italiane e il presidente Sergio Mattarella fra otto giorni va alla prima della Scala ad applaudire Dmitrij Sciostakovic. Niente di tutto questo, con la Russia non si condivide nulla. Lei rimane fuori, oltrecortina: è il nemico alle porte.
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.
Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.
Sergio Mattarella (Getty Images)
Rotondi: «Il presidente ha detto che non permetterà di cambiare le regole a ridosso del voto». Ma nel 2017 fu proprio Re Sergio a firmare il Rosatellum a 4 mesi dalle urne. Ora si rischia un Parlamento bloccato per impedire di eleggere un successore di destra.
Augusto Minzolini riferisce una voce raccolta da Gianfranco Rotondi. Durante un incontro tenuto con l’associazione che raggruppa gli ex parlamentari, Sergio Mattarella si sarebbe lasciato andare a un giudizio tranchant: «Non permetterò che si faccia una legge elettorale a ridosso del voto. Abbiamo avuto l’esperienza del Mattarellum, che fu approvato poco prima delle elezioni, e diversi partiti arrivarono alle urne impreparati. Bisogna dare il tempo alle forze politiche di organizzarsi e prepararsi alle nuove elezioni». Lasciamo perdere il tono usato dal capo dello Stato («non permetterò…» sembra una frase più adatta a un monarca che al presidente di una Repubblica parlamentare, ma forse l’inquilino del Quirinale si sente proprio un sovrano) e andiamo al sodo.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Il consigliere anti Meloni applica il detto siciliano: «Piegati giunco che passa la piena».
La piena è passata e il giunco Francesco Saverio Garofani può tirare un sospiro di sollievo. Da giorni tutto tace e il consigliere di fiducia del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sorveglia rinfrancato gli umori dei palazzi e i tam-tam dei media. Calma piatta, le ostilità si sono placate.






