
L'ex capo di stato maggiore della Nato a Kabul: «Blocco navale? Parlerei di interdizione marittima. Lotta al terrorismo? Le toghe smettano di intervenire. E il ministro Trenta non usi i soldati come poliziotti».Vincenzo Santo è generale di corpo d'armata, è stato - tra l'altro, nel corso di una carriera prestigiosissima - capo di stato maggiore del Comando Nato (Isaf e Rs) a Kabul, e nel corso degli anni non ha mai esitato a levare la sua voce a difesa dell'esercito e delle forze armate. Ha accettato una conversazione a tutto campo con La Verità sulla concretezza del rischio terroristico, e per altro verso sulla disattenzione nei confronti della Difesa, in particolare delle esigenze legate a uomini e mezzi.Generale, lei è tra quelli che - con coraggio - indicano l'attualità del rischio terrorismo. Non possiamo sentirci al sicuro e occorre dirlo…«Il messaggio è esattamente questo. Se diciamo che siamo in guerra, che c'è una “global war on terrorism", allora occorre essere conseguenti, e invitare anche i normali cittadini ad aprire sempre gli occhi. Il terrorista parte da una posizione di vantaggio, purtroppo: ha dalla sua il fattore tempo per prepararsi e la scelta randomica dell'obiettivo. A maggior ragione, a fianco del lavoro delle forze di sicurezza, anche l'attività e l'attenzione dei cittadini è essenziale». A volte si ha la sensazione che, sia pure con il lodevole intento di non seminare il panico, ci si illuda che basti tranquillizzare e cloroformizzare l'opinione pubblica. Israele insegna invece che il massimo sforzo di sicurezza e di intelligence dev'essere congiunto alla cultura, alla sensibilità diffusa e capillare. Altro che addormentare l'opinione pubblica…«Israele rappresenta la prima classe in termini di sicurezza dei cittadini. Occorre infatti ricordare che non sempre ci sono attentati su larga scala. Possono esserci attacchi di dimensione più piccola ma comunque letali, come accoltellamenti… Può accadere anche da noi. Non aiuta la recente decisione Ue che rende più difficili allontanamenti e rimpatri. E spesso anche i media tendono a sdrammatizzare». Non le pare un po' ipocrita da parte di alcuni negare il rischio connesso all'immigrazione fuori controllo?«Ho dato una scorsa al recente Documento di economia e finanza, e vi ho letto che l'Italia avrebbe bisogno di 190.000 immigrati ogni anno per alcune fasce lavorative. Nel successivo decreto Flussi, la cifra scende a 30.000. C'è uno scostamento non da poco. Ma cifre a parte, quel che mi interessa è dire che, per avere un flusso ordinato e controllato, occorre finalmente mettere le forze di polizia in condizione di fare il loro mestiere».Si riferisce all'intervento eccessivo della magistratura? «Vanno adottate disposizioni, anche di emergenza, che consentano alla polizia di lavorare senza interferenze dei giudici. Anche il singolo decreto di espulsione non va rimbalzato sulla linea giudiziaria e poi vanificato. È questo che genera insicurezza».Serve un blocco navale? «Tecnicamente parlerei di “interdizione marittima". Vede, chiudere i porti va bene, ma occorre elaborare una strategia su tutto ciò che accade prima. E io, in genere, dubito della nostra capacità di esprimere una strategia così complessa. L'interdizione marittima fu messa in campo ai tempi dell'Albania. Anche oggi i trafficanti hanno mangiato la foglia: non usano più barconi ma piccole imbarcazioni. Ecco perché occorre un'interdizione sistematica e robusta. Non a caso si parla di “sbarchi fantasma": a maggior ragione ora che inizia il tempo buono, rischieremo che ci sia sempre qualcuno da “salvare", tra molte virgolette… E anche la guardia costiera libica dev'essere parte dell'operazione».La strumentazione giuridica a disposizione contro il rischio-terrore è sufficiente? «Troppo spesso, quando avvengono attentati, poche ore dopo escono fotografie, si dice che il soggetto era attenzionato… Anche in Sri Lanka ci sono state decine di arresti il giorno dopo. Ma questo dimostra che occorrono misure eccezionali, che facciano seguito alle informazioni e al materiale di cui già disponiamo: aumentare i poteri di polizia, limitare l'intervento della magistratura, stabilire un isolamento carcerario più rigido».Veniamo all'attività e alla vita ordinaria - ammesso che ci sia una «ordinarietà» - delle forze Armate. La signora Margaret Thatcher ammoniva giustamente che la nostra sicurezza non deriva dalla bontà delle nostre ragioni ma dalla forza della nostra Difesa… Perché c'è tanta reticenza a parlare di spese e investimenti adeguati.«È una questione di cultura, e sia il Sessantotto sia gli anni Settanta non hanno certo contribuito. Sa che le dico? Quasi quasi, con il clima che si respira, c'è da stupirsi che in Italia ancora alcuni istituti si chiamino scuole di guerra: lo dico sorridendo, ma se il ministro Elisabetta Trenta se ne accorge, finirà per cambiargli il nome… Abbiamo perso alcuni valori, a partire dall'idea di patria. E in più c'è anche la presunzione, l'illusione di non aver bisogno della Difesa e di impiegare la forza, come fossimo portatori di un'etica superiore. Errore fatale».Gli stanziamenti per la Difesa sono adeguati al necessario ricambio di uomini e mezzi? C'è un rischio di invecchiamento delle attuali truppe, senza un'adeguata e tempestiva sostituzione?«Quando fu inaugurata l'era dei volontari in servizio permanente, molto spesso quei giovani avevano 20-22 anni. I più lungimiranti fra noi si chiedevano: che succederà tra una ventina d'anni? Ecco il punto: oggi una buona percentuale è verso la fine dei 30 anni, la media è di 37 anni d'età… Ora, un conto è avere un comandante di squadra maturo (e questo va benissimo), altro conto è avere un assaltatore, un fuciliere non giovane… La cosa non può funzionare».Cosa suggerirebbe?«Riaprire gli arruolamenti. E - lo si sarebbe già dovuto fare in maniera sistematica - ragionare su come riassegnare i soggetti in fascia d'età più avanzata. Ad esempio portarli nella parte civile, dove possono svolgere un eccellente lavoro, oppure, per esempio, in altre amministrazioni dello Stato.»Quanto ai mezzi?«Pensi a un'automobile. Nel nostro caso, il rischio di usura e deperimento è esponenziale. Figurarsi per l'obsolescenza di un radar, o per altre infrastrutture. A volte può perfino accadere che uno cerchi mezzi nuovi perché non ha le risorse per la manutenzione di quelli vecchi. Abbiamo carenze gravi, anche in termini di aree addestrative, soprattutto al Sud, dove condurre addestramenti ed esercitazioni ad ampio respiro proprie di un esercito di professionisti e nelle quali tutti, da comandanti e staff ai gregari, possano veramente misurarsi con gli imprevisti che inevitabilmente il campo di battaglia può determinare… Che facciamo, le svolgiamo all'estero queste esercitazioni? E con quali soldi?».Due giugno. Dovremo vedere anche quest'anno una sfilata di crocerossine, con commento giornalistico per parlare di «missioni di pace»? Possibile che ci sia tanta ipocrisia politicamente corretta? È stato pure scelto il tema dell'«inclusione»…«Lei mi affonda il coltello nella piaga. Con tutto il rispetto per le bravissime crocerossine o per la nostra eccellente protezione civile o per le altre attività di assistenza, non è per questo che un soldato va in Iraq o in Afghanistan. Il soldato deve fare il soldato».Venticinque aprile. A Viterbo, il presidente provinciale dell'Anpi l'ha fatta grossa, di fatto accusando i soldati della coalizione di cui l'Italia fa parte di aver ucciso più civili che talebani… Sentito l'intervento dell'Anpi, il generale Riccò se n'è andato. «Guardi, se fossi stato capitano, me ne sarei andato anch'io. Ma, da generale, avrei preso la parola…».E immagino che non le avrebbe mandate a dire… Senta, andiamo a un altro punto dolente. Sempre più spesso si vedono militari impegnati in ruoli non militari. E si sente teorizzare dal ministro della Difesa Trenta il cosiddetto «Dual use».«Ancora una volta, ricadiamo nel problema culturale di cui parlavo prima. E poi, già lo facciamo e bene. Tuttavia, volendo accennare a “Strade sicure", le pare che dei militari possano svolgere sempre più sistematicamente funzioni da poliziotti, senza, tutto sommato, averne le medesime prerogative e capacità professionali? Posso capire un'emergenza, come si verificò tragicamente nel 1992. Ma protrarla per decenni è troppo, e comunque lo si sta facendo a scapito della preparazione per le altre missioni fissate per le forze armate. Questa è la realtà. Le do una notizia».Prego.«Ritengo di non sbagliare se le dico che l'80% dei mezzi ruotati efficienti dell'esercito sono impegnati per l'operazione Strade sicure. Ovviamente qualcuno le darà numeri diversi».Ma se anche fosse il 60%...«Saremmo del tutto fuori misura, lo capisce bene…». Quindi secondo alcuni il compito dei militari sarebbe quello di riparare le buche a Roma o altrove? Siamo a questo livello?«Per carità. O magari fare da guardiani dei campi rom. Va bene, abbiamo gli strumenti per fare anche queste cose, ma non può essere un'attività ordinaria. Altrimenti, vuol dire che quelle attività ordinarie qualcun altro non le ha svolte».Messaggio chiaro e forte alla politica.«Appunto. Che vogliamo fare? Facciamo finta di niente e chiamiamo l'esercito o chiamiamo a rispondere quel “qualcun altro" che non ha svolto le attività ordinarie?».
(Arma dei Carabinieri)
I militari del Comando di Milano hanno seguito fino in provincia di Bergamo un Tir sospetto con targa spagnola. Arrestati tre italiani e un cittadino spagnolo. Sequestrate anche armi da fuoco.
Nella serata del 25 novembre i Carabinieri della Compagnia di Milano Duomo hanno arrestato per detenzione illecita di sostanze stupefacenti due bergamaschi, un palermitano e un soggetto di nazionalità spagnola, rispettivamente di 28, 32, 29 e 54 anni.
I militari dell'Arma, nel corso di un più ampio servizio di prevenzione generale organizzato per le vie di Milano, insospettiti da un autoarticolato con targa spagnola di dubbia provenienza, dopo una prima fase di monitoraggio fino alla provincia di Bergamo, hanno sorpreso i soggetti mentre scaricavano 10 borsoni dal mezzo, all’interno di un capannone.
Alla perquisizione, sono stati trovati 258 chilogrammi di hashish, suddivisi in panetti da 100 grammi ciascuno e termosigillati.
L’autoarticolato, sottoposto a sequestro, è risultato dotato di un doppio fondo utilizzato per nascone la droga.
Nel corso dei successivi accertamenti sviluppati nelle abitazioni degli indagati, sono stati rinvenuti in casa del 28enne altri 86 chili di hashish, termosigillati e nascosti all’interno di un congelatore oltre a materiale per il confezionamento, due pistole cariche con matricola abrasa, munizioni e materiale riconducibile ad altri reati tra cui t-shirt riportanti la scritta «Polizia», un paio di manette, una maschera per travestimento, il tutto ancora ancora al vaglio degli inquirenti. Per il 28enne è scattato l’arresto anche per detenzione abusiva di arma clandestina. Nell’abitazione del 29enne sono stati invece trovati altri 4 chilogrammi di droga, anche questi custoditi in un congelatore, suddivisi in panetti da 100 grammi ciascuno e termosigillati. Complessivamente, sono stati sequestrati circa 348 chilogrammi di hashish.
Su disposizione del Pubblico Ministero di turno presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bergamo, i quattro sono stati portati nel carcere di San Vittore di Milano in attesa dell’udienza di convalida.
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Brian Hughes (Getty Images)
L’uomo messo da Trump alla Nasa come capo dello staff: «Torneremo sulla Luna anche con partner italiani. Vogliamo creare una economia spaziale di tipo commerciale. Con l’agenzia russa continuiamo a collaborare».
Politico lo ha definito ad agosto «l’uomo di Trump all’interno della Nasa». È stato senior advisor dell’attuale presidente americano durante la campagna elettorale del 2024. Poi, dopo la vittoria, Trump lo aveva nominato vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca con delega alle comunicazioni strategiche. Tutto questo fino a maggio, quando il presidente lo ha fatto designare capo dello staff della Nasa. Brian Hughes ha quindi assunto un ruolo chiave all’interno di un’agenzia che Donald Trump considera strategica sia sul piano tecnologico che su quello geopolitico: un’agenzia che l’inquilino della Casa Bianca vuole adesso sottoporre a una serie di riforme per incrementarne l’efficienza, ridurne i costi e rafforzarne i legami con il settore privato.
Nel riquadro Francesco Morcavallo (iStock)
Francesco Morcavallo: «Le autorità non possono intervenire sullo stile di vita se non limita la libertà altrui, altrimenti è Stato etico. Le strutture che ospitano bimbi hanno un giro di miliardi».
Lei ora è avvocato dopo essersi occupato di minori in quanto magistrato, giusto?
«Ho lasciato la magistratura nel 2013».
Si fa un gran parlare di riforma della giustizia, lei che idea si è fatto?
«La riforma della giustizia sul tema della giustizia dei minori è marginale. In Italia la riforma della giustizia civile avrebbe bisogno di scelte coraggiose, tipo decongestionare l’attività dei tribunali».
(Ansa)
Il ministro degli Esteri: «Stiamo lavorando per riportare a casa lui e gli altri detenuti politici. L’altro giorno il nostro ambasciatore ha avuto la possibilità di incontrare Alberto Trentini e un altro italiano detenuto in Venezuela, e ha parlato con loro. Trentini è sì detenuto, ma è stato trovato in condizioni migliori rispetto all’ultima volta in cui era stato visto». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando dell’attivista trattenuto in Venezuela, a margine dell’assemblea di Noi Moderati in corso a Roma. «La famiglia è stata informata – ha aggiunto – e questo dimostra che stiamo seguendo la vicenda con la massima attenzione. Il ministero degli Esteri, come tutto il governo, se ne occupa con grande scrupolo. Stiamo lavorando per riportarlo a casa. Non è un’impresa facile: basta guardare la situazione internazionale».






