
Il guru dei sovranisti: «Capisco le preoccupazioni ambientaliste, ma non si può bloccare il Paese. All'Italia servono flat tax e deregolamentazioni. Salvini e Bolsonaro oggi sono gli uomini più importanti del mondo». «Ah, lei è quello dell’intervista di mezzanotte…». Steve Bannon mi riceve nella sua stanza d’albergo, l’Hotel Principe di Savoia a Milano, dove è arrivato in tarda serata con un volo privato da Roma. Ma nonostante l’orario, il guru del sovranismo è pieno di energie. E si accalora, specialmente quando parliamo di Chiesa cattolica e di Cina.Mister Bannon, che fa in Italia stavolta?«Com’è ovvio, sono molto interessato alla politica italiana. È il centro dell’universo politico».Addirittura?«Certo. Questo esperimento di combinare un partito sovranista e nazionalista, la Lega, che ha un leader carismatico come Matteo Salvini, con un movimento populista, i 5 stelle di Luigi Di Maio, è straordinario».Sapevamo fosse un sostenitore del governo gialloblù…«Governare insieme ovviamente è difficile. E sono qui anche in vista delle elezioni europee. Ma sono tornato in Italia soprattutto per osservare il summit Vaticano sugli abusi. E per parlare di questo raccapricciante accordo che la Chiesa cattolica ha fatto con la Cina…».Parla dell’accordo sulla nomina dei vescovi? Cos’ ha che non va?«Be’, innanzitutto il fatto che sia segreto. Gli italiani dovrebbero conoscere meglio di chiunque altro i pericoli dei trattati segreti: una delle principali cause della prima e della seconda guerra mondiale furono proprio gli accordi segreti e i codicilli segreti dei trattati».In effetti, in molti hanno criticato tutta questa riservatezza.«Vede, abbiamo un Papa che proprio al summit sugli abusi ha invocato trasparenza e responsabilità. Eppure ha fatto un accordo che svende la Chiesa sotterranea cinese».Francesco ha svenduto i cattolici cinesi?«Neppure i laici cattolici sono mai consultati così nelle nomine dei vescovi, no? Eppure il Papa ha dato questo potere a quella che probabilmente è l’organizzazione più radicale che la Chiesa abbia dovuto affrontare: il Partito comunista cinese, che è dedito alla distruzione della Chiesa cattolica sotterranea».Ce l’ha con la Cina?«Non con il popolo cinese. I cattolici sotterranei cinesi sono santi viventi. Noi diamo tutto per scontato, mentre loro pagano la fede con la vita, le torture, la prigionia, le confische dei beni. Abbiamo permesso che i vescovi di questa Chiesa vengano rimossi e che siano nominati al loro posto dei burattini del governo cinese».Vorrebbe che l’accordo fosse annullato?«Chiedo innanzitutto che il Vaticano pubblichi i documenti. Se il nuovo slogan del Papa è trasparenza e responsabilità, è giusto che i cattolici siano messi in condizione di farsi un’idea».E degli abusi cosa pensa? Colpa del “clericalismo” o dell’omosessualità, come sostengono i cardinali conservatori?«Innanzitutto è impossibile discutere di omosessualità nella Chiesa senza aver letto il libro di Frédérich Martel, Sodoma. E con questo non voglio dire che tutto quello che c’è scritto nel libro sia corretto. Anzi, Martel lo usa per attaccare i cardinali conservatori, dicendo sostanzialmente che chiunque crede che ci sia un problema con l’omosessualità nella Chiesa, è egli stesso un omosessuale. Ma comunque ritengo che il libro sia importante per capire qual è il clima culturale e soprattutto come l’omosessualità abbia condizionato l’agenda del sinodo sulla famiglia».Quindi gli abusi sono legati all’omosessualità?«Aspetti. Prendiamo pure per buona la tesi di Francesco sul clericalismo. In ogni caso, il summit Vaticano è una barzelletta».Una barzelletta?«La Chiesa è in crisi, non solo sul piano morale, ma anche sul piano temporale. E questa crisi condurrà all’eradicazione delle funzioni amministrative e finanziarie della Chiesa per come le abbiamo conosciute fino a oggi: scuole, università, ospedali. Eppure, a Roma non c’è aria di emergenza».E cosa sta succedendo invece?«C’è un gran parlare “tolleranza zero”, ma le dico una cosa: come dal summit è stata espunta la parola omosessualità, così in realtà non c’è alcun accordo sulla tolleranza zero».Lei che intende per tolleranza zero?«Intendo dire che, al minimo problema, un sacerdote deve essere cacciato. E per cacciato non intendo spedito a vivere in canonica o pensionato. Prenda Theodore McCarrick. McCarrick dovrebbe essere privato di qualsiasi proprietà ecclesiastica, subito. Gli dovrebbe essere tolta la pensione».È giusto essere così duri?«Andatevi a leggere le carte del procuratore generale della Pennsylvania: 1.000 pagine in cui si parla di 3.000 casi di abusi coperti dalla Chiesa cattolica. Sa a cosa condurrà tutto questo?».A cosa?«A miliardi di dollari di risarcimenti. E per ottenerli ricorreranno alla legge Rico».Cos’è?«Una sorta di legge anti mafia americana, che consente la confisca dei beni ecclesiastici: questi procuratori perseguiranno la Chiesa come un’organizzazione criminale».C’è una soluzione?«Vede, qui sta il problema del clericalismo…»:Ovvero?«Il clero è troppo incompetente e corrotto per agire. Dobbiamo agire noi laici. Togliamogli il denaro, smettiamola con le offerte. Cattolici progressisti e conservatori dovrebbero unirsi e radunare i migliori esperti di diritto fallimentare, i migliori civilisti, i migliori giornalisti d’inchiesta, per evitare che debba essere lo Stato della Pennsylvania a scoperchiare gli scandali. Dovremmo farci noi i nostri tribunali, andare noi a fondo nella questione. Se non lo faremo, entro dieci anni la Chiesa nordamericana finirà in liquidazione».Addirittura?«Sì. E spariranno scuole, università, ospedali… Sarebbe un crimine».Parliamo di politica. In molti sospettano che dopo le europee, Lega e 5 stelle si divideranno.«Come dicevo, l’Italia è il centro dell’universo politico grazie al nobile esperimento che sta portando avanti».Un nobile esperimento?«Sarebbe come se i Deplorables di Donald Trump lavorassero con i sostenitori di Bernie Sanders. Certo, non è un’alchimia perfetta. Ma io spero che anche dopo le elezioni europee continuino a farlo funzionare. Salvini ha fatto un ottimo lavoro sull’immigrazione. Paragonatelo a Matteo Renzi, che diceva: “Be’, che volete che faccia? L’Europa non me lo consente…”. Ora finalmente si vede un uomo d’azione. La mia principale preoccupazione è l’economia».In che senso?«L’Italia ha bisogno di estendere la flat tax e di infrastrutture».I 5 stelle, specie su questo secondo punto, fanno resistenza.«Capisco le loro preoccupazioni ambientaliste, ma non si possono bloccare tutte le infrastrutture. In Italia avete un grande patrimonio: siete una potenza industriale, avete un’ottima manifattura, la creatività… Vi servono infrastrutture moderne che vi consentano di competere con l’Europa, la Cina e gli Stati Uniti».E sulle tasse?«Con la flat tax per tutti, tutti pagheranno: non avrete più una élite di evasori. L’Italia ha bisogno di un taglio di tasse e di deregolamentazione, per liberare lo “spirito animale” degli imprenditori italiani. E per correggere quel crimine che io chiamo “diaspora italiana”».Si spieghi.«I talenti che si sono formati nelle università italiane hanno lasciato l’Italia. Quello che dovete fare è lavorare unitariamente a un programma per riportarli indietro. Se riuscirete a combinare l’energia di questi talenti con la base industriale che avete e il capitale di cui disponete, essendo grandi risparmiatori, l’Italia diventerà una delle potenze economiche dominanti nel mondo. Non c’è niente che può fermare l’Italia, se non gli italiani…».Con The Movement come va? Riuscirà a unire i populisti europei?«Non voglio unirli, ma creare una sorta di tessuto connettivo. I sondaggi ci dicono che, nel prossimo Europarlamento, i deputati populisti e nazionalisti potrebbero essere la maggioranza assoluta».Pensa che possano davvero lavorare insieme? Gli interessi nazionali sono diversi.«Lo sono e va benissimo così. Ma non ho sentito un solo leader nazionalista dire: “Voglio uscire dall’Unione europea”. Quello che vogliono è un cambiamento essenziale nell’architettura europea».Di che tipo?«Vogliono che cambi la visione di Jean Monnet ed Emmanuel Macron: gli Stati Uniti d’Europa, con nazioni come l’Italia che non sarebbero niente più che un’unità amministrativa. Invece gli Stati nazionali non sono qualcosa da superare, ma qualcosa da alimentare. Io sono sicuro che i patiti nazionalisti potranno lavorare insieme».Ne è sicuro?«Guardi al rispetto reciproco che intercorre tra leader come Marine Le Pen, Viktor Orbán, Matteo Salvini e Sebastian Kurz. E lo paragoni all’atteggiamento degli eurocrati come Donald Tusk, o Jean Claude Juncker. Ricordi cosa queste persone hanno detto degli italiani, degli ungheresi, dei populisti… E guardi pure il Papa: tutto ciò che c’è di male nel mondo lui lo bolla come nazionalismo. Il partito di Davos, i leader dell’Ue, la Bce, i tecnici: queste persone non hanno alcun rispetto per la classe lavoratrice. Guardi anchei gilet gialli in Francia».Che ne pensa di loro?«Ok, c’è stata troppa violenza in quel movimento. Ma il cuore della loro protesta è legato all’arroganza di Emmanuel Macron, che lascia che la Cina scippi le fabbriche e inquini, mentre ai cittadini delle aree rurali chiede di pagare una tassa sui carburanti. Ecco cosa le élite pensano di voi: pensano che siate spazzatura. E vi trattano come tali».Salvini le piace?«Ha reso orgogliosi gli italiani: “Hey, possiamo rendere l’Italia di nuovo grande!”. E ha protetto le classi lavoratrici dell’Italia meridionale dall’immigrazione. Le dirò di più».Prego.«Salvini e Jair Bolsonaro sono le due persone più importanti al mondo».Perché?«Perché rappresentano qualcosa di più profondo del populismo e del nazionalismo. Sono il segna di una nuova consapevolezza di ciò che rende l’ordine giudeocristiano speciale».Cos’è l’ordine giudeocristiano?«Paragoni due discorsi di gennaio 2017. Xi Jinping a Davos celebra i successi della globalizzazione. Tre giorni dopo, a Washington, Donald Trump parla in favore dell’ordine di Westphalia e difende il modello dello Stato nazionale come il solo in cui i cittadini possono davvero prosperare».Quindi, da un lato la Cina come simbolo del globalismo, dall’altro gli Stati Uniti come simbolo di un’unione tra Stati nazionali?«Esattamente. Gli Stati Uniti sono la nazione leader dell’unione giudeocristiana occidentale, un sistema che abbiamo ereditato da 5.000 anni di storia, che va da Atene a Gerusalemme, da Roma a Londra, fino a Washington. E di cui fanno parte anche il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’India, l’Australia… Un modello basato su valori come l’autonomia, la libertà individuale e su quella cosa ingarbugliata che è la democrazia».E la Russia?«So che la Russia non è governata da brava gente. Ma bisogna anche tenere a mente le due ragioni per cui Vladimir Putin è odiato. Primo, perché è un nazionalista. Secondo, perché è un cristiano ortodosso. Ma la Russia è un elemento fondamentale e naturale dell’unione giudeocristiana occidentale. Capisco che oggi per molti versi siamo nemici, ma sul lungo periodo dovremo mettere da parte i motivi di inimicizia. Non possiamo permetterci che la Russia entri definitivamente nell’orbita di Turchia, Iran e Cina».La Cina è proprio un suo chiodo fisso…Bannon si alza, prende un libro e me lo mostra. È Unrestricted warfare. China’s master plan to destroy America (Conflitto illimitato. Il piano generale della Cina per distruggere l’America).«Lo vede questo libro? Lo hanno scritto due colonnelli dell’esercito popolare di liberazione, oggi sono importanti generali. È il loro piano di guerra. Dicono: “Non vinceremo mai un conflitto armato con gli Stati Uniti, abbiamo visto cosa è successo con la prima e la seconda guerra mondiale. Ma possiamo sconfiggere l’Occidente, le democrazie industrializzate, con la guerra informatica ed economica”. E questo riguarda anche voi italiani, Huawei e la tecnologia 5 G, attraverso cui la Cina vuole rubare i dati».E della presidenza Trump che pensa? Lei lasciò la Casa Bianca in polemica...«Bisogna distinguere tra “segnale” e “rumore”».Cioè?«Il segnale della presidenza Trump non potrebbe essere più forte. E questo segnale è fatto di populismo, crescita economica, sicurezza».E il rumore?«Il rumore sono l’account Twitter di Donald Trump, le controversie quotidiane sui media… Ora, io conosco Trump molto bene e so che, ogni giorno, lancia una granata stordente. Ma questo è solo il rumore. Il segnale è un’altra cosa».Ce lo descriva.«Barack Obama disse che avremmo dovuto aspettarci che l’America sarebbe cresciuta al massimo all’1,8% annuo. Ora siamo a oltre il 3%. Abbiamo la disoccupazione ai minimi storici, anche tra gli afroamericani. Stanno aumentando i salari. Finalmente abbiamo affrontato a viso aperto la Cina nella guerra economica che, da 25 anni, sta conducendo contro le democrazie industrializzate occidentali. Una guerra in cui rientra appiena l’accordo con il Vaticano di cui parlavamo prima».Ancora la Cina.«Lo dico con rispetto del popolo cinese, che non è rappresentato dalla sua élite. La Cina è una dittatura radicale e mercantilista».Trump sarà rieletto?«Guardi, il 2019 sarà caldo come gli anni prima della guerra di secessione. Peggio degli anni del Vietnam».Peggio?«Ci saranno tentativi di indagare sul presidente…».L’impeachment?«Ci proveranno. Non so dirle se ci riusciranno. Trump, comunque, deve fare tre cose».Quali?«Costruire il muro con il Messico; raggiungere un accordo con la Cina, imponendo quelle riforme strutturali necessarie a salvare l’industria occidentale; e completare con criterio il ritiro da Siria e Afghanistan».E i democratici che chance hanno?«Si stanno radicalizzando. E credo anche un po’ per merito nostro. Ma non penso che gli americani siano pronti a convertirsi al socialismo».Quindi sul 2020 lei è abbastanza ottimista.«Ripeto, bisogna distinguere il rumore, i tweet, i commenti irriverenti, le granate stordenti quotidiane, dal segnale, che è fortissimo: crescita economica, sicurezza. E nel 2020, io credo che la gente voterà per il segnale».
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.