2019-10-14
«Il governo ci farà un “cuneo” così»
Il «Crozza di Montecitorio», Simone Baldelli: «La satira è l'altra faccia della politica, ma con i giallorossi c'è poco da scherzare. I soldi per fare quadrare i conti li prenderanno dai risparmi e dalle case. Sento che è in arrivo una fregatura».Politico, imitatore, giornalista, vignettista, e adesso anche cantante. Viene considerato il George Clooney di Montecitorio, per via dello sguardo «piacionico» accompagnato dal capello brizzolato. Ma, in aggiunta, per meriti artistici, è anche un po' il «Maurizio Crozza» dell'emiciclo (ma di estrazione moderata), abile com'è nel satireggiare sull'intero arco costituzionale. E adesso l'ex vicepresidente della Camera Simone Baldelli debutta con un nuovo singolo musicale: Tu sai perché. Da deputato a cantante. Un salto mica da poco.«L'idea è nata dopo due anni passati con la mia band, Padri di figlie femmine, a fare concerti benefici. Canto i successi della musica romantica latina. A un certo punto mi sono detto: perché non provare a scrivere e cantare qualcosa di mio? E così è iniziata questa avventura musicale».Questo l'incipit: «Voglio risvegliarmi, voglio risvegliarti / prima che sia tardi, prima che lui torni». È un sottile messaggio politico rivolto a chi?«Ma no, parla d'amore, di passione, di tempo che passa. In effetti un po' come accade in politica. Vorrei provare a registrare un nuovo pezzo proprio in questi giorni. Per l'anno prossimo spero di finire l'intero disco».Da Montecitorio a Sanremo? Diciamo che, se gira male alle elezioni, ha già pronto il piano B. «La politica è stata il mio primo grande amore sin da ragazzo. E mi piacerebbe farla per tutta la vita. Così come la satira, che in fondo è un altro modo di far politica. Coltivare altre passioni mi permette di respirare aria nuova e di misurarmi con ambienti diversi. Silvio Berlusconi mi ha sempre detto che nella tv avrei successo. Chissà…».A proposito di satira: la sua imitazione di Laura Boldrini è considerata una perla di comicità. «Voglio bene a tutti i miei personaggi, perché li sento tutti un po' miei, dal Tremonti che gioca a scacchi da solo al Cicchitto che si incazza con la segretaria, dal Conte che cambia la maggioranza di governo come una camicia, al Fico che non riesce ad ammettere di essere stato alleato di Salvini».Adesso però rientriamo un momento nei panni di Baldelli: perché ha votato contro il taglio dei parlamentari, mentre Forza Italia ha detto sì?«È un pasticcio dannoso per la nostra democrazia. Io, insieme con pochi altri, sono stato contrario a questo provvedimento sin da subito, perché credo nella politica, non nell'antipolitica. Di fronte a questi appuntamenti serve avere la schiena dritta. Invece molti si sono illusi di guadagnare, o di non perdere consensi assecondando questa iniziativa, magari nella speranza di blindare la durata della legislatura». La sua ultima opera, W Montecitorio! Guida pratica ai misteri della Camera, sembra sia andata a ruba tra i neoeletti grillini. Oltre a essere una sorta di vademecum del deputato provetto, contiene anche una profezia sul Parlamento del futuro.«Sì. Leggendolo, molti di loro si sono fatti un'idea di dove siamo e anche di dove stiamo andando a parare».E cioè dove?«Verso la fine del Parlamento elettivo come lo conosciamo oggi, sostituito nel 2030 da un'arena nazionale degli interessi, con 30 lobbisti e un governo guidato da un generale».Non sembra una bella prospettiva.«Anche i grillini infatti non sembrano per nulla felici, pur continuando a “obbedir votando"».In sostanza, lei prevede il tramonto del Parlamento e una democrazia guidata dall'alto, come immagina Davide Casaleggio?«Sì, con la differenza che per lui è un auspicio; per me è un pericolo».Nel frattempo, siamo alle prese con i freddi numeri. È una manovra espansiva, come sostiene il ministro Roberto Gualtieri?«Le manovre si giudicano dopo averle lette e per ora non c'è molto da leggere. Se uno guarda i numeri si mette le mani nei capelli, perché non capisce dove troveranno i soldi, mentre a sentire il governo son pronti a regalare denari a destra e a manca. Qualcosa evidentemente non torna».Ci crede alla storia dei 7 miliardi che arriveranno dalla lotta all'evasione?«Sotto la voce “lotta all'evasione" i governi di turno scrivono le cifre che fanno loro più comodo per far quadrare i conti. A me non sembra credibile. Vediamo che cosa ne penserà Bruxelles. Quello che, invece, mi sembra credibile è che la sinistra stia scatenando le sue fantasie più pericolose e perverse in tema di tasse».La riduzione del cuneo fiscale non ridarà ossigeno a lavoratori e imprese?«Se dovessi disegnare una vignetta satirica farei due omini. Uno che fa più o meno la sua domanda e l'altro che risponde: “Temo che ci faranno un cuneo cosi!"».Si va verso una rimodulazione dell'Iva?«Hanno fatto un governo per bloccare l'aumento, ma invece di parlare di “blocco" parlano di “rimodulazione". Sento una terribile puzza di fregatura. Voi no?».Cosa pensa delle misure per favorire il pagamento elettronico? «Questi signori sono abituati a darti con una mano e a toglierti con l'altra: finirà che per favorire il pagamento elettronico bastoneranno chi usa il contante. Imprenditori, professionisti e lavoratori dovrebbero poter disporre liberamente dei loro soldi, guadagnati onestamente e con fatica».Dove si troveranno i 5 miliardi che mancano per far quadrare i conti? «Conte quando venne in Parlamento a chiedere la fiducia per il governo giallorosso disse che avrebbero avuto attenzione ai risparmi degli italiani. Ecco: è esattamente quello che ci preoccupa. Che i soldi per far quadrare i conti li prendano da lì, dai risparmi, dai conti, dalle case». Perché l'Unione europea, con questo governo, è divenuta improvvisamente clemente sui numeri? «Questo dovete chiederlo a Bruxelles. Di certo la flessibilità che l'Europa concede va saputa usare bene. Nel 2013, grazie ad Antonio Tajani, allora commissario europeo, noi usammo qualche decina di miliardi per pagare i debiti delle pubbliche amministrazioni. Quello sì che sarebbe, anche oggi, uno stimolo alla crescita. Altro che reddito di cittadinanza». Nicola Zingaretti sogna un'alleanza stabile tra il Pd e i 5 stelle, anche sul territorio. Fattibile?«Da un lato c'è uno spregiudicato patto di potere, dall'altro vedo una certa sudditanza psicologica. Una parte importante della “sinistra" insegue i peggiori istinti della propaganda populista, antipolitica e giustizialista grillina».Renzi sta cercando di demolire Conte prima ancora di trovarselo di fronte alle prossime politiche?«Le dinamiche di potere personale o i litigi quotidiani nella maggioranza ci interessano poco. Questo governo non è un matrimonio d'amore, ma di interesse. Quindi non puoi aspettarti una luna di miele». È vero che molti parlamentari forzisti sono tentati di imbarcarsi con Renzi? «Onestamente non mi risulta. Ma trovo più interessanti altri generi di tentazioni».Confermate l'adesione al referendum leghista sulla legge elettorale?«Intanto bisogna capire se il referendum sarà giudicato ammissibile. Poi sarà il partito a decidere. In generale però sul tema della legge elettorale è sempre bene essere prudenti. Attenzione all'“eterogenesi dei fini": chi si cuce addosso una norma su misura poi finisce per favorire l'avversario».È Urbano Cairo il successore di Berlusconi?«Una figura come Silvio Berlusconi non può avere successori per definizione. Le leadership non si ricevono per nomina e non si ereditano. Si conquistano sul campo. Le successioni, poi, di questi tempi, con un governo di ultra sinistra, rischiano di essere una delle principali voci a finire tassate». Forza Italia non sembra aver preso una direzione precisa…«Forza Italia avrebbe un grande spazio da occupare, ma sul piano della comunicazione è schiacciata da avversari e alleati. Dovremmo recuperare orgoglio e concentrarci su battaglie forti e identitarie. Siamo popolari, ma non populisti, patrioti, ma non sovranisti, come dice giustamente Berlusconi». Su quali temi dovreste insistere di più?«Penso ai diritti dei consumatori truffati da concorrenze sleali o da messaggi ingannevoli, ai contribuenti aggrediti da un fisco ingiusto, agli automobilisti perseguitati dalle multe fatte per far cassa dagli enti locali. Con 160 parlamentari di opposizione non puoi scrivere la manovra economica, ma certo puoi scatenare un casino micidiale».Sulle multe stradali, tra l'altro, ci ha scritto anche un libro. «Uscirà a novembre. E racconta le battaglie parlamentari che faccio da anni in difesa dei cittadini automobilisti e motociclisti vessati».Nel 2015 ha pubblicato una raccolta di vignette dal titolo Stai sereno!. Oggi la dedicherebbe al premier Conte?«Siamo nelle mani di Di Maio, Renzi e Zingaretti. Lei si sentirebbe sereno? Io mica tanto…».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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