2020-07-06
Pierpaolo Sileri: «No al Mes e al vaccino obbligatorio»
Il viceministro della Salute: «Il fondo Salvastati non è vantaggioso. Il farmaco anti Covid ora non esiste, e comunque non lo imporremo. Non credo alla seconda ondata. Il nostro errore? Ci siamo fidati dell'Oms».Viceministro, aiuto.«Che succede?».Ce lo dica lei: si parla di virus mutato, più contagioso, anche se gli anticorpi sviluppati finora restano efficaci. Ci dobbiamo preoccupare?«C'è uno studio che lo afferma, vedremo cosa diranno le ricerche successive. In genere, le mutazioni peggiorative non sono convenienti per i virus: sopravvivono più a lungo se colpiscono meno duramente l'ospite. Per ora, basiamoci su ciò che vediamo quotidianamente».Che vediamo?«Una diffusione del virus molto ridotta, grazie al lockdown, che ha salvato 600.000 vite e, oggi, a distanziamento sociale, mascherine - sottovalutate all'inizio - e igienizzazione delle mani. Però si deve imparare a convivere con i focolai».Il virus non è sparito.«No. Clinicamente si è molto indebolito, nel senso che vediamo pazienti meno gravi, perché il Sars-Cov-2 circola meno e perché ora i contagiati sono soprattutto soggetti giovani. Consideri anche che i positivi che troviamo oggi, spesso non sono malati».Il Veneto fa i conti con un aumento dell'indice Rt e inasprisce le restrizioni. Eppure quel modello aveva funzionato nel contenimento del virus.«Il modello Veneto, cioè quello del contact tracing e dell'ampio numero di tamponi, effettivamente ha funzionato. Che poi il modello Veneto è il modello italiano».Mica da subito. Quando partirono i tamponi a tappeto a Vo', Walter Ricciardi diceva che la Regione stava sbagliando.«Questo è quello che diceva Ricciardi…».Che è consulente del governo.«È vero. Io però, appena uscito dalla quarantena per la mia malattia, dissi subito che serviva un ricorso ampio ai test».In autunno dobbiamo aspettarci nuovi lockdown?«Io non so se il coronavirus abbia una stagionalità. Può darsi che nella minore circolazione ci abbia aiutato l'estate. Mantenendo i protocolli di sicurezza, anche qualora il virus tornasse a circolare più intensamente a ottobre, saremmo in grado di gestire i focolai».Niente seconda ondata?«Secondo me no».Su che base l'Oms fa il paragone con la spagnola?«Non so... Non si può affermare con certezza né una cosa né il contrario. Io mi baso su ciò che vedo: abbiamo superato la fase acuta».Pierpaolo Sileri, viceministro della Sanità del Movimento 5 stelle, la scorsa settimana non ha digerito la sortita «terroristica» dell'Oms sulla seconda ondata. Alla Verità spiega: «Oggi tracciamo meglio i contagi, gestiamo i focolai, abbiamo finalmente i tamponi e possiamo spedire unità mobili anche nelle zone più periferiche. Conosciamo meglio la malattia e abbiamo qualche arma terapeutica in più. Perché dovremmo riavere 1.000 morti al giorno, se rispettiamo le regole? Basta osservare le tre T - più una R».Cioè?«Tracciamento, tamponi, trattamento. E responsabilità: se ho dei sintomi, non vado in giro. Chiamo il mio medico o la mia Asl, che ormai è in grado di sottopormi subito al tampone. Così non resterò confinato per giorni in attesa di una diagnosi».Cosa non rifarebbe, se tornasse indietro?«Credo che avremmo dovuto dare un po' meno retta all'Oms».In che senso?«Oggi l'Oms ci dice che il peggio deve ancora arrivare. Doveva dircelo il 30 gennaio». Invece, allora, ha dato indicazioni contraddittorie.«Avremmo dovuto applicare in modo più elastico le circolari che l'Oms ha emesso dal 15 gennaio».Di che circolari parla?«Quelle sui link epidemiologici, che definivano sospetto solo chi proveniva da Wuhan e poi dall'Hubei. Però noi siamo stati comunque i più rigidi: basti pensare alla chiusura dei voli dalla Cina».C'era anche chi voleva riaprire tutto, abbracciare i cinesi e fare gli aperitivi…«Non si conosceva ancora bene il virus. Io vedevo le cose diversamente, perché ero stato il primo febbraio a Wuhan a recuperare i 56 italiani e successivamente Niccolò, il ragazzo che era rimasto bloccato nella metropoli. Vedere certe scene in tv è un conto, vederle di persona un altro. Lì capii che la situazione era grave».L'ha preso a Wuhan, il virus?«Impossibile. Sono tornato da Wuhan, la seconda volta, il 15 febbraio e sono risultato positivo nella seconda decade di marzo. Il virus devo averlo preso il 2 di quel mese, quando sono andato a Milano».A cosa li attribuisce gli errori dell'Oms? Cortocircuiti con la Cina?«Non credo che ci sia una politicizzazione. Troppa burocrazia, magari».Pensi però alla vicenda della clorochina: appena Donald Trump ha assicurato che funzionava, l'Oms s'è affrettata a bloccare le sperimentazioni in virtù di uno studio di The Lancet, che poi è stato ritirato. Uno ha la sensazione che l'avessero fatto un po' per partito preso, magari imbeccati da Pechino…«Bah. Forse c'era stata in generale - non solo da parte di Trump - troppa fretta nel riporre speranze in protocolli terapeutici non sufficientemente testati».Per realizzare a tempo di record il vaccino per il coronavirus sono state saltate delle fasi della sperimentazione?«Le fasi non sono state saltate. Sono state accelerate, nel rispetto delle regole».Il vaccino è sicuro al 100%?«Dovrà esserlo a tutti i costi. Ma stiamo parlando di un farmaco che ancora non c'è». Be', l'Italia l'ha prenotato.«L'Italia ha siglato un accordo per 400 milioni di dosi. Ma, verosimilmente, il vaccino non arriverà prima del 2021 inoltrato».Diventerà obbligatorio?«Non credo. Ora comunque è prematuro parlare di vaccino. Mi concentrerei su altro».Su cosa?«Controllo dei focolai e terapie».E le restrizioni le manteniamo per un altro anno?«La popolazione si sta abituando. Io credo che serva un coinvolgimento attivo delle persone: le regole non vanno imposte, vanno spiegate».Il Tar del Lazio ha chiesto al Comitato tecnico-scientifico di relazionare sui fondamenti scientifici dell'obbligatorietà dell'antinfluenzale. «Se l'antinfluenzale è in grado di facilitare le diagnosi di Covid - per esclusione - reca sicuramente un vantaggio. Aspetterei la risposta del Cts».Ma condivide l'obbligatorietà?«Magari per il personale sanitario. Però quando ci si è orientati per l'obbligatorietà, la situazione epidemiologica era decisamente più seria. Le cose sono andate meglio e quindi dovremo modulare le nostre scelte, eventualmente anche alleggerendole».È vero che ci sono attriti tra lei e il ministro Roberto Speranza?«No. Io e lui pensiamo allo stesso modo, anche perché io non credo che il virus sia scomparso e che possa scattare il liberi tutti».Lei è un esponente del M5s. Lo prenderebbe il Mes sanitario?«Il Mes è uno strumento vintage, per usare un eufemismo».È un no?«Così com'è, il Mes non è vantaggioso. Andrebbero cambiati i trattati. Mi piacerebbe che si facesse un passo avanti radicale, ma capisco che è difficile. I soldi alla sanità servono di sicuro, però…».Però?«Se nemmeno gli altri Paesi lo vogliono, significa che nel Mes qualcosa non funziona. Evidentemente, è come una mela bacata».Qualcuno voglia approfittare della pandemia per convincerci ad accettare un «cambiamento culturale permanente», come l'ha definito Ricciardi?«Dipende da cosa si intende per cambiamento culturale. Se significa smettere di baciarci e abbracciarci, ovviamente no. Se s'intende indossare la mascherina quando circola un virus, sì. Come misura temporanea».Il tema è un altro: cambiamo i nostri modelli di società, ma i controlli democratici che fine fanno?«Non penso che qualcuno voglia eliminarli. Però questa può essere l'occasione per colmare certi nostri gap strutturali rispetto agli altri Paesi».Ad esempio?«Lo smart working. Senza esagerare, certo, perché immagino che sia difficile lavorare in casa se ci sono figli piccoli cui badare».In questi anni, scienziati e tecnici ci sono stati presentati come infallibili. La pandemia ha dimostrato che anche loro sbagliano. «In medicina le variabili sono sempre in agguato. Il dottor House, che fa sempre diagnosi corrette, non esiste».Vediamo persino i virologi litigare tra loro in tv. Quello che è successo incrinerà la fiducia dell'opinione pubblica negli esperti?«Io credo che sia mancata una comunicazione adeguata. Avremmo dovuto - io, almeno, da medico, ci ho provato - trattare gli italiani come dei pazienti».Che significa?«Quando devi spiegare una cosa a un paziente, devi prenderti del tempo. Parlare. Rispondere alle domande. E questo non è accaduto sempre. Lei citava le discussioni tra virologi».Già.«Se sono avvenute in tv, forse è perché sono stati poco coinvolti in altri tavoli».Tavoli istituzionali?«Esatto. Io con i virologi parlo spesso: in questi giorni, ho sentito Andrea Crisanti, Alberto Zangrillo, Antonella Viola, Matteo Bassetti…».E allora?«È importante sottolineare che gli scienziati non si odiano. Si confrontano. È il luogo del conforto che non doveva essere un salotto tv».Li riunisca lei.«Lo voglio fare. Ho chiesto loro di incontrarci tutti, un giorno, a pranzo. Per confrontarci e, semmai, decidere una strategia comune».Quale?«Combattiamo tutti contro il Covid, comunichiamo in maniera univoca e comprensibile per la popolazione».