2021-10-11
Paolo Agnelli: «Fanno pagare a noi l’obbligo di pass»
L'imprenditore: «Le norme sono scritte da chi non conosce il mondo del lavoro. I soldi per controlli e tamponi dovranno metterli le aziende per non essere multate. E chi non vuole vaccinarsi non è per forza un no vax».Industriale bergamasco di terza generazione, Paolo Agnelli è a capo dell'omonimo gruppo di alluminio. Per i non addetti ai lavori, oltre ai profilati, tra i suoi prodotti più famosi ci sono le pentole: made in Italy, professionali e scelte dai grandi chef. Fatturato intorno ai 160 milioni di euro, ha 350 dipendenti. Dieci anni fa ha fondato Confimi (Confederazione dell'industria manifatturiera italiana), che conta 450 funzionari in 52 sedi con 45.000 aziende dagli 85 miliardi di fatturato aggregato. Tutte, grandi e piccolissime, saranno alle prese con il green pass obbligatorio da venerdì. «Solo che le regole ancora non ci sono, e come sempre sembra che chi fa le norme non conosca per davvero il mondo del lavoro».Pronti per i controlli?«Il decreto sulle capienze, tra una norma per le discoteche e una per i teatri, cita le aziende e sembra metterci al riparo dai pasticci sulla privacy. Bene se potremo organizzarci prima, con le comunicazioni dei dipendenti che hanno il pass. Altrimenti si immagini le code: in un mio stabilimento lavorano a ciclo continuo, 24 ore su 24, tre turni di operai. Centocinquantasette persone in fila per essere controllate tutte le mattine. Un'ora persa, chi pagherebbe? Noi, immagino, come al solito».Nelle aziende più piccole sarà più semplice?«Forse sui controlli, oltre che sulle sostituzioni, che non sono previste per le grandi aziende. Statisticamente, su 100 operai che lavorano per me, ne mancheranno 20: qualcuno mi spiega che cosa dovrei fare? Chiudere? Mettere tutti in cassa?».O pagare i tamponi?«Nelle aziende ci sono collaboratori che sono funzionali alla vita quotidiana dell'azienda, con anni e anni di esperienza, competenze, professionalità: come si pensa di poterli sostituire? Finirà che gli imprenditori pagheranno i tamponi, ma un conto sarà farlo per uno o due dipendenti, ma che succede quando tocca sborsare per decine di persone? Visto che il governo ci obbliga a controllare, mi aspetterei un rimborso».Invece…«Invece rischiamo la multa dai 400 ai 1.000 euro per persona. Capisce che forse per un dirigente, o un quadro, 45 euro a settimana per farsi i tamponi possono essere sostenibili. Ma per un operaio, e di questi tempi, 180 euro al mese non sono pochi, anzi».Che fare?«Resto ottimista, d'altra parte sono un imprenditore. Spero si trovi una soluzione intelligente. Il silenzio del sindacato mi fa pensare che ne arriveranno. All'ultimo, per convincere più persone possibili».Se tutti si convincessero a fare il vaccino non sarebbe più semplice?«Non sono tutti “no vax". Io sono claustrofobico, e questa paura non me la toglie nessuno, nemmeno uno psicologo: così, capisco che quanti hanno paura dell'ago - ho scoperto di recente che si chiamano balenofobici - vanno rispettati. Poi c'è, certo, chi è contrario per partito preso. Ma ci sono pure i malati, che per dichiarati motivi non possono vaccinarsi».Lei lo ha fatto?«Tutto in regola. Sulla terza dose ci penserò, per ora non mi convince. Il punto però è: se lo Stato non se la sente di mettere un obbligo vaccinale, è inutile criminalizzare chi fa una scelta diversa, perché va a finire che si incazzerà ancora di più. Altro che virologi da show, gli indecisi vanno convinti con ragionamenti da medico di famiglia, con calma e senza contraddizioni».Torno ai controlli in azienda. Non possono essere automatizzati?«Mi dicono che hanno iniziato la produzione delle colonnine per la lettura dei codici, vedrà che presto ci arriveranno proposte commerciali. Spenderemo, un'altra volta. Come abbiamo fatto per sanificatori e misurazione della febbre».E chi non ha il pass sta a casa.«Senza essere pagato? Mah. Prevedo purtroppo cause di lavoro: nessuno ci dà il diritto di non pagare i dipendenti. La Costituzione mi pare parli chiaro agli articoli 1 e 36».C'è poi chi, tra gli imprenditori, ipotizza di poter invece far causa al dipendente senza pass, per danno economico.«Spero siano boutade, è roba da matti».Sarebbe possibile, no?«È un ragionamento perverso, ma è possibile che qualcuno lo faccia. Per quanto mi riguarda assicuro che non ci penso nemmeno. Non sarei mai arrivato a tanto: mi aspetto invece cause sindacali contro di me».Se i dipendenti sono meno di 15, chi è sprovvisto del pass può essere sostituito, a tempo determinato.«E il sostituto si trova? Le assicuro, è difficilissimo. Per soli dieci giorni, poi, è impossibile. Senza contare che occorrono sei mesi di formazione, almeno, per fare certi lavori. Alla fine vedrà: se l'imprenditore vuole andare avanti a lavorare, gli toccherà pagare di tasca sua per i tamponi».Questa norma l'ha chiesta Carlo Bonomi, la Confindustria.«O il governo? Non mi è chiaro, forse si spalleggiano: “Dite che siete stati voi, così la politica salva la faccia". In ogni caso lo stesso Bonomi si è tirato la zappa sui piedi: in un'acciaieria da 1.000 dipendenti, sempre per statistica, ci saranno 100 o 200 non vaccinati. Non credo saranno felici, gli iscritti di Confindustria».Il suo gruppo ha 13 aziende, tutte nell'alluminio. Perché ha fondato Confimi? C'è un guadagno nel rappresentare gli altri imprenditori?«Sono stato per anni in Confindustria e poi in Confapi, ma ne sono uscito. Ora faccio volontariato».Addirittura.«Veda lei: stipendio a zero. Ci guadagno perché porto all'attenzione dei decisori politici e istituzionali le istanze di un mondo che, diciamolo, non era rappresentato da nessuno. Ho fatto i calcoli: Confindustria rappresenta il 2,4% delle imprese nazionali. Noi l'1%. È evidente ci fosse ancora spazio».Cosa c'è da far capire?«Adesso si parla della questione energetica, ad esempio, ma sono 10 anni che noi denunciamo i prezzi quadruplicati per le tasse».Quanto pesano i rincari?«In un anno il mio gruppo spenderà 2,4 milioni di euro in più di prima, per energia elettrica e gas. Costi che posso riversare sui prezzi di profilati, tubi e lamiere, o sulle pentole, certo, ma questo andrà bene finché il cliente è disposto a pagare e non sceglie invece di importare da fuori».Poi le tasse.«Lo ha ammesso anche Mario Draghi che sono esagerate. Ma vede: noi non ci facciamo fermare. Anche se si parla solo di green pass, nel frattempo chi vuole assumere non trova, perché ci sono i cassintegrati, quelli con il reddito di cittadinanza e quelli che hanno la disoccupazione, la Naspi. Il totale degli assistiti è spaventoso: vuoi che vengano a lavorare? Forse se li andiamo a prendere casa per casa con i carabinieri. Scherzo, ovviamente».Ma lei assumerebbe ora?«Non solo io: i nostri associati cercano 78.000 persone. Elettricisti, manutentori, saldatori e tante altre professionalità sono in-tro-va-bi-li. Chissà a cosa servono i navigator…».Non aiutano?«Sono 10.000 voti, a qualcuno servono. Ci vorrebbe un portale nazionale ben fatto. Basterebbe. E poi ci sono i sindacati e il referendum dei lavoratori, che ad esempio a me hanno impedito di assumere».Come?«Di lavoro ce n'è più di prima, la ripresa è già arrivata. Normalmente consegnavo in un mese, ora non prima di aprile 2022. Ho deciso di investire 20 milioni di euro per aprire una nuova linea di produzione, la più grossa, da 4.500 tonnellate di alluminio. Prima di tutto sono ancora in attesa che arrivi l'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale. Ma questa è burocrazia, non una novità: ci vogliono dagli 8 ai 10 mesi. Nel frattempo ho chiesto a sindacati e lavoratori di fare i turni anche al sabato e alla domenica. Sa cosa hanno risposto? Hanno detto “no"». A casa c'è la famiglia.«Non discuto, peccato che avessimo previsto di assumere 40 persone e di dare 3.500 euro di premio, oltre che la retribuzione del sabato pagata il doppio, il 100% in più. Invece ho le linee ferme mentre arrivano commesse. Di recente ho sentito la definizione giusta data tra l'altro da un americano, Alec Ross: “Fare l'industriale in Italia è come correre una maratona con uno zaino pieno di pietre sulle spalle". L'ha detta giusta. Mi chiedo se dobbiamo farcelo dire da un americano e come faccia la politica a non accorgersene». Ora si riforma il fisco.«Se la cosa andasse a segno a vantaggio delle imprese, bene. Non ci credo più, purtroppo».A differenza del passato ora c'è Draghi.«Sì, ma non è mago Merlino. Ci ha già fatto risparmiare, sì, perché i mercati si fidano di lui e lo spread - di cui già non si parla più - è sceso notevolmente. Ora vediamo, servono le riforme».Altrimenti si delocalizza? Chi glielo fa fare di restare nella Bergamasca se le cose stanno così come racconta?«Finché ci sono io non succede, si resta qui. Sarà che sono un romantico. Chi verrà dopo di me, figli e nipoti, farà i conti con tasse, energia, operai che comandano sul futuro dell'azienda e norme che sembrano pensate apposta per castigarti. Alla politica interessa Alitalia, mentre i buoi sono già scappati e chi ha già un piedino fuori confine sta per fare il salto».
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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