
Il sindaco di Milano: «Bisogna distinguere chi arriva dal Continente nero dagli altri stranieri. I primi sono il vero problema. Sul tema la sinistra ha sbagliato tutto. Dobbiamo pensare qualcosa di simile alle quote».I sondaggi la premiano, sindaco Sala. Ma lei ha deciso che cosa farà da grande?«I sondaggi mi premiano? Un attimo».Legga qui: Ipsos, il 60 per cento dei milanesi è soddisfatto di lei…«Sì di me. Ma il centrosinistra?».Il centrosinistra, tutto insieme, si ferma al 35 per cento.«Sarebbe stupido nascondermi le difficoltà. A Milano la Lega sta avanzando».E lei che cosa farà da grande?«Mi sto interrogando sinceramente. A fare il sindaco di Milano penso di essere adatto».E a scendere in campo nella politica nazionale?«Se il modello vincente oggi è quello di un leader che dice “abbiamo abolito la povertà", a me non viene fuori… Non sarei in grado né di pensarlo né di dirlo».Non faccia il modesto.«Davvero. Oggi avrei paura: sulla scena della politica nazionale, in questo momento, si richiedono capacità diverse dalle mie».Quindi non si vede come leader del centrosinistra?«Oggi no. Però le cose cambiano».Anche nel 2014, in tv, da Lucia Annunziata, disse: «Non farò mai politica», e poi si candidò alle primarie del Pd.«Adesso è radicalmente no. Il futuro lo lascio aperto, anche se penso di continuare nell'attività pubblica».Quindi mi sta dicendo che sta pensando a ricandidarsi a Milano?«Oggi decisamente sì».Quindi si sottrae al dibattito sul nuovo leader del Pd? Così, senza neanche organizzare una cena, come voleva fare Carlo Calenda?«Anche lei mi parla di nuovo leader. Bisogna parlare di contenuti».No… Pure lei? La favoletta dei contenuti?«I contenuti non sono una favoletta. Ci sono questioni importanti: l'ambiente, diritti, l'immigrazione…».Ne parliamo tra un attimo…«Sì. Ma alla fine si fa sempre il dibattito sui nomi e non sui contenuti. E si arriva regolarmente allo scontro tra pro e contro Matteo Renzi».Lei pensa che la stagione di Renzi sia finita?«Io continuo a dargli lo stesso consiglio».E cioè?«Non penso possa avere un ruolo da protagonista».Mi sembra che Renzi non segua i suoi consigli.«Non c'è dubbio. Ci sono tante cose che cerco di fare e non riesco. Una di questa è dare consigli a Renzi».Ma lei chi vuole segretario?«Uno che sappia lavorare con umiltà sul territorio».Lei sta pensando a un segretario organizzatore. Con una vita da mediano.«Sì, come cantava Ligabue».Non mi dica che sta pensando a una riconferma di Maurizio Martina?«Martina ha fatto un lavoro egregio in un momento difficile. Dirà lui che cosà farà».E Marco Minniti?«Lo stimo. Ma temo che il confronto fra lui e Matteo Salvini sarebbe troppo concentrato sul tema dell'immigrazione».Crede al fronte repubblicano di Calenda, tutti uniti contro i sovranisti?«Lui è un amico e uno capace. Ma se, in anni di discussione, non ce l'abbiamo fatta a mettere insieme mondi anche più vicini, come facciamo in due mesi a mettere insieme questi mondi così lontani?».Intanto con le Olimpiadi lei si è riavvicinato al mondo leghista? Ha smesso di fare l'anti Salvini?«Sulle cose concrete non valgono le differenze politiche ma il buon senso delle persone».Ma lei è stato critico con il governatore Attilio Fontana durante la sua campagna elettorale…«Sì, ma ora sta lavorando bene. Stiamo cercando collaborazione. E Luca Zaia in Veneto ha dimostrato capacità…».È sicuro di farcela con le Olimpiadi?«Siamo passati da una situazione tragica a una in cui sembra che siamo i favoriti».Come è successo?«Con una telefonata di Zaia. Era una mattina alle 8, ero nel mio ufficio, a questo tavolo dove mi vede ora, e lui mi ha chiamato. Non ci ho pensato un attimo».Però, nella vicenda, Milano è stata un po' prepotente…«No, io ho soltanto chiesto una cosa, fin dall'inizio, che fosse valorizzato il brand Milano».E sarà così?«È normale. Nessun senso di supremazia. È ovvio che le cose avvengano a Milano».Che cosa avverrà sicuramente a Milano?«Sarà qui la sede operativa. E la cerimonia d'apertura».Quella di chiusura la lascia al Veneto?«Se vengono fuori proposte alternative, dico di sì già oggi».Per esempio l'Arena di Verona?«Per esempio». Non teme che le Olimpiadi portino sprechi come tutti gli altri grandi eventi in Italia (forse escluso l'Expo, dove però le rimangono alcuni strascichi giudiziari)?«No, perché sono cambiate le regole. I nuovi impianti saranno limitati, in pratica solo un nuovo palazzetto a Milano. Di cui, per altro, c'è un bisogno enorme».Quale sarà il budget?«Ridotto: 400 milioni».Ne vale la pena?«Gli eventi sono fatti per la reputazione».Reputazione?«Quindici anni fa nessuno pensava che Milano potesse diventare una città turistica com'è oggi. L'Expo ha dato un'importante spinta. E le Olimpiadi ridaranno una nuova spinta quando quella dell'Expo sarà esaurita».Parliamo di immigrazione?«Se vuole. Ma io penso che a questo tema sia stata data un'importanza maggiore di quella che ha».Ma non pensa che la sinistra abbia sbagliato tutto? «Sì, penso che lei abbia ragione. Non siamo stati per niente chiari nell'affrontare il problema».E perché?«Non mi piace dire l'“avevo detto"».Ma che cosa aveva detto?«Che serve un piano nazionale».Va beh, il piano nazionale…«Ascolti: c'è una cosa che non si dice mai».Che cosa?«Che in primis bisogna distinguere tra immigrazione degli africani e altri immigrati».Cinesi, filippini…«Esatto. In Italia gli immigrati sono il 9 per cento della popolazione, a Milano il 19 per cento. Però io sfido i milanesi dicendo: quando arrivavano i filippini ti lamentavi?».Il problema sono gli africani.«L'immigrazione africana porta persone che hanno livello di istruzione pari a zero e che non hanno mai lavorato. Questa è la verità».E che bisogna fare?«Quelli che fuggono dalla guerra vanno accolti».Sono l'8 per cento.«Lo so».E gli altri? Quelli che scappano per ragioni economiche? Chiudiamo i porti?«Non credo che basti. La popolazione africana aumenta a dismisura».Pensa a delle quote?«Qualcosa che si avvicini al concetto di quote».Cosa pensa quando sente buona parte del mondo di sinistra che si schiera di fianco al sindaco di Riace che dice «accogliamoli tutti, anche a costo di infrangere le leggi»?«Se fossi stato il sindaco di Riace forse avrei fatto la stessa cosa…».Dice sul serio?«Un sindaco quando si trova a gestire le cose, è un po' abbandonato e ci mette la sua sensibilità personale».Quindi avanti c'è posto, porte aperte a tutti senza regole? «No, io non sono certo uno che segue lo slogan “nessuno è un clandestino"».Nei nuovi bandi delle case popolari di Milano, sui primi 200, 150 sono cittadini stranieri. «Io capisco il sentimento dell'italiano che, con l'arrivo degli immigrati, passa dal trentesimo al centesimo posto nella classifica delle case popolari. Ma le regole sono queste. Sono basate su reddito, familiari a carico e eventuali disabilità».Ma come faccio io a sapere se uno in Senegal ha una rendita?«Se ha una rendita non viene qua».Ne è convinto? Non sempre sono i più poveri a venire…«Nella media io dico di sì».Continuerà quindi a rappresentare la Milano dell'accoglienza, tavoli multietnici, marce degli immigrati…«Sì, continuerò a farlo. E a stimolare il governo, come facevo con quello precedente».Mi sembrava diventato più cauto.«Ma no. La verità è che io vedo due rischi. Da una parte quello di dire avanti tutti, senza regole. E dall'altra quello di chiudere i porti. Ci deve essere una strada in mezzo».Oltre a simbolo dell'accoglienza, lei è stato anche simbolo dell'apertura alle coppie gay. Ma non trova che anche in questo campo si stia esagerando? «Ci possono essere esagerazioni. Io sono anche cattolico, quindi può capire il mio travaglio personale. Ma sono un cultore della contemporaneità e quest'ultima porta a questa società».Quale società? A Roma sono stati rimossi i manifesti che dicevano «due uomini non fanno una mamma»…«Noi abbiamo aperto alla registrazione del figlio di una coppia formata da due madri e non quello della coppia di due padri».Non è un'ipocrisia?«Abbiamo pensato che con due madri almeno c'è una persona certa, quella che ha procreato. Su due padri c'è qualche dubbio in più. Ma Milano deve restare città aperta».La Lega dice: Milano va liberata…«Vorrei dire loro che Milano la si conquista non solo come buoni amministratori, ma con una visione».Che fa? Dà consigli ai suoi avversari?«Non dovrei, eh?».Veda lei.«Comunque la mia è la visione di una Milano libera, aperta, che si prende rischi. Qual è la visione che la Lega porterà su Milano?».Alle manine che cambiano le cose ci crede? C'è resistenza della burocrazia al cambiamento?«C'è sempre stata difesa della tenuta dei conti da parte degli apparati del ministero dell'Economia».Lei ha mai incontrato resistenze della burocrazia di Palazzo Marino?«Lei non dimentichi che ero qui come direttore generale ai tempi di Letizia Moratti».Ah già, giunta di centrodestra. E lei era di centrosinistra già allora?«Sì, e la Moratti lo sapeva».Avevo letto che voleva vendere l'auto. L'ha fatto?«Sì, l'ho venduta».Quindi se non usa l'auto di servizio va a piedi…«Esatto».E pensa di arrivare lontano?«Sono un camminatore. Ho fatto anche il cammino di Santiago. Lei c'è mai stato?».
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






