
Il primo cittadino di Livorno, fiore all'occhiello dei 5 stelle: «Il decreto Sicurezza di Salvini non mi piace. Ma sbaglia chi urla e minaccia, come Orlando o Nardella: i problemi non si risolvono con la disobbedienza». «Lei può immaginare che io non muoia di simpatia per le idee di Salvini sull'immigrazione».Ma è vostro alleato. «La Lega non è nostra alleata. È una forza con cui abbiamo firmato un contratto di governo». E quindi? «Non condivido le idee della Lega sull'immigrazione, nemmeno molte di quelle che sono nel decreto sicurezza. Ma come sindaco sono portato a far rispettare le leggi, anche quelle che non mi piacciono». Anche se pensa faccia danno? «Sono pragmatico. Al contrario di altri, che si sono messi a far casino e a rilasciare interviste di fuoco per alimentare contrapposizione ideologica, vedo quel che non va nel decreto». Questo cosa significa? «Ci sono persone, guarda caso le più deboli, che senza la residenza perderebbero i diritti e diventerebbero clandestini». Quanti? «Siccome perdono la possibilità di assistenza e cura, fosse anche uno solo, il problema si porrebbe per lui». Quindi cosa bisogna fare? «Si abbassano i toni, si cerca una soluzione e la si trova». È sicuro ci si possa riuscire in questo clima? «Assolutamente sì». Non si sente illuso? «Per nulla. Ho parlato con Luigi (Di Maio, ndr), è una persona attenta ai problemi. Abbiamo interloquito anche con Conte, che si è mostrato molto disponile». Una cosa è la cortesia, un'altra trovare una soluzione. «Ci siamo riusciti col decreto periferie, ci riusciremo ancora». Filippo Nogarin è uno dei fiori all'occhiello fra gli amministratori del M5s, il suo primo mandato sta per scadere ed è di sicuro uno dei primi cittadini più esperti del Movimento. Al governo ha portato in dote un programma antievasori («Serpichino», il nome l'ha dato lui stesso) che servirà per il reddito di cittadinanza. Ha tre figlie: Arianna di 14 anni, Alice di 13 e Camilla di 3. La moglie Anna è commercialista. Da che storia arriva Filippo Nogarin? «Mio nonno materno era contadino, l'altro operaio. Mi piace dire che vengo dal nulla, perché i miei genitori tutto quel che hanno se lo sono guadagnati con le loro forze». Sua madre Franca faceva la casalinga. E suo padre? «Si chiama Bruno e faceva l'operaio trasfertista. Ha lavorato tanti anni all'estero, Golfo Persico, Kuwait, Libia».Lo vedeva poco, dunque. «Un giorno scrissi un pensierino di cui non ho mai scordato il titolo: Un papà lungo un giorno». Vi è mai mancato qualcosa? «I miei son partiti dal niente ma non gli è mancato nulla: la casa, i soldi per far studiare i figli, per farli viaggiare». Lei è diventato ingegnere. «I miei si conobbero proprio perché, nell'epoca del boom, papà andò a lavorare a Rosignano. Ho una sorella che ha 20 anni meno di me, si chiama Ginevra». Cosa faceva per guadagnarsi da vivere? «Lavoravo in discoteca».Come Zaia, che faceva il pierre!«No... Io facevo il barman e il cameriere, giusto per avere qualche soldo in tasca senza compromettere le mie passioni». Quali? «Correvo in barca a vela, a livello alto. E studiavo ingegneria aerospaziale a Pisa». E la politica? «Vengo dall'area critica della sinistra. Ero, e sono, ecologista convinto». E poi che altro?«Volavo con gli alianti. Cosa c'è di più bello e più rispettoso dell'ambiente?» Lei è militante grillino. «Della prima ora e con orgoglio: ero alla firma della Carta di Firenze nel 2007 ed ero in prima fila nei V-day, dal primo all'ultimo». Il primo sindaco importante. «Sì, ma dietro di me c'è un progetto che non è “Filippo centrico": la mia vittoria è figlia dei veri eroi di questa avventura, gli attivisti di Livorno». Ha dubbi sulla ricandidatura? «Ehhhh... Adesso per fare il sindaco serve una stoffa da super eroe. O da martire». Mi faccia un esempio. «Potrei fare la storia del mio mandato con gli avvisi di garanzia ricevuti. Le pare normale?» Però è stato anche assolto. «Dalle preoccupazioni non si viene mai assolti». Facciamola, questa storia. «Sono stato inquisito, la prima volta, per aver risanato l'Anps». La municipalizzata più importante di Livorno, che era sull'orlo del fallimento. Sintesi della vicenda? «Evitammo il crac, assunsi 33 precari e mi presi un 110». Non è un voto, vero?«Macché! Articolo 110 del codice penale: concorso in bancarotta fraudolenta». Poi l'anno assolta, però! «Travaglio mi disse: “È assurdo"». I numeri del suo bilancio in Anps?«Aveva 42 milioni di debiti, adesso è risanata. Abbiamo ripagato i creditori di fascia A al 100% e quelli di fascia B all'84%, con 3 anni di anticipo sul concordato». È vero che è contro le privatizzazioni? «Assolutamente contro: le aziende che erogano servizi devono restare pubbliche. Quest'anno Anps ha fatto 8 milioni di utili».Secondo avviso di garanzia? «Per Spil, la società del porto industriale di Livorno. Azienda molto virtuosa, faceva incubazione d'impresa già nel dopoguerra». E quando lei diventa sindaco? «Era diventata, non so perché, un'agenzia immobiliare del Comune: non aveva azzeccato una sola operazione. Tutti scommettevano che sarebbe saltata». Che accusa ha ricevuto? «Turbativa d'asta. Eppure non sono nemmeno nel cda». Siete stati la prima giunta pentastellata. «Ricordo che Radio Palazzo a dicembre diceva: “Non mangeranno il panettone". A febbraio: “Non apriranno la colomba". Ad agosto: “Non si sdraieranno sul lettino"». Eravate anche più inesperti, lo ammetta. «Certo. Se guardo indietro vedo un Filippo differente». Poi c'è la vicenda dell'alluvione, l'ultima rimasta in piedi. «Ho vissuto un incubo. Giornali che scrivono: hai i morti sulla coscienza». Solo in due siete arrivati a giudizio. «Io e il comandante della Protezione civile, il dottor Pucciarelli, persona integerrima, era già dirigente quando io andavo all'asilo». Anche il governo ha bisogno del rodaggio? «Come tutti i governi importanti gli serve un tempo di adattamento». Si fida della vostra delegazione di governo? «Ho grande stima di Luigi, nella sua capacità di mantenere la parola. Anche gli altri godono della mia totale fiducia».Cosa non le piace? «Quelli che vanno a urlare sui giornali per il decreto Salvini. Non sentirete mai, da me, interviste barricate e minacce». Cosa vuol cambiare? «Aspetti pratici che vanno corretti. Ci sono persone deboli che hanno dei diritti e che così finiscono schiacciate dal meccanismo». Ne ha parlato con Di Maio? «Quando ho alzato il telefono e ho parlato con Luigi ho trovato attenzione e volontà di capire. Senza demagogia». Critica Orlando? «Anche Nardella. Cosa vuol dire disobbedienza? Non posso chiedere ai miei dirigenti di violare la legge».Da ragazzo trasgrediva? «Viaggiavo molto. Sentivo gli U2, i Pink Floyd, l'heavy metal. Avevo un caschetto biondo interessante». Ha imparato in Europa? «Ho fatto viaggi indimenticabili in Danimarca, Olanda, Germania, Finlandia e Svezia». Andrà al governo col rimpasto? «Non sono così tanto capace. Mi occupo di fare il sindaco». E dopo la politica? «Farò l'ingegnere. Chi fa il libero professionista deve ripartire da zero». Voi avete istituito il reddito 3 anni fa. «Siamo stati i primi». E il suo bilancio qual è? «Funziona». Perché? «L'approccio verso quelli in difficoltà, in passato, era accompagnare e assistere in modo perenne. Il reddito invece è aiuto a uscire dalla povertà». Quanto avete investito? «Il primo anno 300.000 euro, il secondo 450.000 e il terzo anche». Potenziali problemi? «Il provvedimento ha una sola criticità: i centri per l'impiego. Noi a Livorno abbiamo utilizzato la volontà di chi lo percepiva per mettersi a disposizione del pubblico. Hanno pulito le strade, tagliato il verde, si sono messi a manutenere i movimenti». Lavoravano? «Entusiasti». Sotto il controllo degli assistenti sociali? «Il reddito ha fatto emergere poveri che non erano nemmeno censiti. Hanno avuto la forza di rimettersi in cammino». Lo vive come un successo? «Non mio, della città». Mi faccia un esempio.«Un piccolo imprenditore edile, rimasto schiacciato dalla crisi, che s'è rimesso in piedi. È venuta a intervistarlo la tv israeliana». Israele? «Anche giornalisti francesi, tedeschi e russi. Nessun italiano». Qualche furbetto? «Avevamo un sistema di controllo attento, il bando era scritto molto bene. Abbiamo verificato tutti e 500 gli assegni con l'incrocio dei dati, grazie a un software messo a punto dal Comune, ribattezzato “Serpichino"».In omaggio a Serpico? «Proprio lui. Incrocia 15 diverse banche dati, fantastico». È open source? «Lo mettiamo a disposizione di chi lo chiede. Di Maio l'ha studiato. Serpichizziamo molto».Esiste anche il verbo? «Ce lo siamo inventato. Serpichizziamo tutti prima di dare un servizio: abbiamo beccato decine di furbetti». Tipo?«Abbiamo sfrattato dalle case popolari chi si fingeva povero per non pagare». Questo è il Filippo più «sbirro». «Per punire chi toglie risorse a chi non ne ha bisogno non guardo in faccia a nessuno. Devono fare così anche a livello nazionale».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





