2019-02-04
Bruno Vespa: «Questo governo durerà fino al 2020»
Il giornalista: «Il banco non salterà dopo le europee, al massimo dopo le amministrative del prossimo anno. Silvio Berlusconi? Coraggioso. Ma l'esecutivo dei responsabili non mi piace. Draghi? Potrebbe andare al Quirinale».Bruno Vespa, l'Istat certifica la recessione tecnica. Andiamo verso una manovra bis?«Difficile dirlo. Un banchiere importante come Carlo Messina dice che nel secondo semestre dell'anno la situazione migliorerà. Intanto da maggio, con la partenza del reddito di cittadinanza, gli italiani dovrebbero spendere 750 milioni in più al mese, che non sono pochi. Ma non possiamo sapere in quale misura rilanceranno i consumi».L'altra data importante è il 9 marzo: nel giorno del suo compleanno, Matteo Salvini varerà il decreto Cantieri veloci per rilanciare l'occupazione. «Un decreto molto atteso, anche se c'è chi teme eccessive semplificazioni negli appalti. D'altronde non possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca: se pretendiamo di sconfiggere la corruzione prima di aprire i cantieri, finisce che non ne apriamo neanche uno».Sull'autorizzazione a procedere per Salvini i 5 stelle sembrano all'angolo: o perdono il governo o perdono la faccia? «Credo che si stiano convincendo in larga parte a votare contro l'autorizzazione. Poi qualcuno avrà i suoi mal di pancia, ma Salvini non ne farà uno scandalo. L'importante è che una larga maggioranza del M5s, sia in commissione sia in aula, voti per respingere la richiesta». Questo ennesimo bagno di realismo nuocerà ai consensi dei 5 stelle? «I duri e puri non rammentano la storia. Ai tempi del compromesso storico anche la base comunista dovette rassegnarsi a concedere qualcosa ai democristiani, e viceversa. Certo, qui si tratta di perdere la “purezza ideologica". Ma avrebbe senso aprire una crisi di governo chiedendo di processare il ministro dell'Interno per un atto condiviso dal resto del gabinetto Conte?».Intercettiamo il giornalista e conduttore di Porta a porta durante un viaggio in treno. Tra una galleria e l'altra, ne approfittiamo per tentare di orientarci negli scenari tempestosi della politica italiana. Il suo ultimo libro si intitola Rivoluzione. Uomini e retroscena della Terza Repubblica (Mondadori). Come ogni partito «rivoluzionario», i 5 stelle si spaccheranno tra massimalisti e moderati?«Un movimento è rivoluzionario fino a quando non mette piede a Palazzo Chigi. Poi fatalmente non lo è più. Certo, può fare cose che altri non farebbero: nessun governo Prodi sarebbe riuscito a varare il decreto Dignità, per esempio». Quella sulla Diciotti è un'inchiesta politica?«È un fatto assodato che Salvini abbia agito nell'esercizio delle funzioni di ministro dell'Interno e soprattutto perseguendo il pubblico interesse. Poi è chiaro che i magistrati ragionano con un'ottica e i politici con un'altra. Ciò detto, essendo la Procura per l'archiviazione, e il Tribunale per il rinvio a giudizio, evidentemente ci troviamo di fronte a un'inchiesta controversa». L'eterno scontro tra politica e giustizia, uscito dalla porta della seconda Repubblica, sta rientrando dalla finestra?«Finché avremo un sistema giudiziario come il nostro, questo sarà inevitabile». Tra moral suasion ed entente cordiale con Angela Merkel, il presidente Giuseppe Conte si sta ritagliando la sua indipendenza dai partiti che lo sostengono? «Conte faceva il professore, adesso conosce i grandi della terra. È un amministratore delegato che sta acquisendo esperienza e abilità, ma che si muoverà comunque entro gli spazi delimitati dai suoi azionisti». Dopo le europee, quale scenario sembra più probabile? «Guarda, ho imparato a non fare previsioni. Alle ultime elezioni nessuno si aspettava la Lega sopra Forza Italia, e poi è successo il contrario. Salvini dovrebbe avere uno scarto sui 5 stelle di alcuni punti: bisogna vedere quanti. E comunque non dobbiamo pensare che il giorno dopo il voto Salvini staccherà necessariamente la spina». Quindi sul breve periodo non prevedi scossoni?«Io credo che Salvini voglia aspettare la fine dell'anno e le elezioni amministrative. Come tutti i partiti ideologici, i 5 stelle sono più deboli nelle elezioni locali. Diciamo che agli inizi del 2020 potrebbero maturare le condizioni perché il Quirinale favorisca le elezioni anticipate se si aprisse una crisi senza altri sbocchi».Comunque mi sembri ottimista sulla tenuta dell'unità grillina. «La vocazione al suicidio va sempre controllata. Semplicemente prima di buttarsi dal ponte ci penseranno bene».Sei riuscito a capire cosa vuol fare da grande Alessandro Di Battista?«Anche Di Battista è un rivoluzionario: ma teniamo conto che a Porta a porta è stato il primo ad aprire al salvataggio di Salvini sul caso Diciotti. Addirittura anticipando Giuseppe Conte». Intanto si narra di un Beppe Grillo isolato dallo stesso Movimento che ha fondato. È vero?«Diciamo che, come dice lui, “L'Elevato" si sta elevando sempre di più. Dunque è sempre più lontano dai giochi intrapresi su questa povera terra». Nel caso drammatico di un'involuzione della crisi finanziaria, chi sarebbe la riserva della Repubblica pronta a bere l'amaro calice? Forse Mario Draghi?«Draghi sarebbe pazzo a scendere in Italia per fare il primo ministro. Non ce lo vedo a discutere con i partiti. Semmai potrebbe puntare al Quirinale». Sul versante dell'opposizione, Silvio Berlusconi torna a immaginare un governo con la Lega e i fuoriusciti 5 stelle. Fattibile?«Onestamente non me lo auguro. I governi che nascono in questo modo non sono mai ben visti dall'opinione pubblica. Anche perché stavolta i cosiddetti “responsabili" dovrebbero essere un esercito. No, penso sia meglio passare per le elezioni». Come giudichi la decisione di Berlusconi di correre alle europee?«È una scelta coraggiosa che va rispettata. Lui sa benissimo che andrà a prendere un terzo delle preferenze di Salvini, ma al tempo stesso salva il partito e lo rafforza. Quindi alla fine ha fatto bene». S'intravede all'orizzonte la nascita d'un grande partito conservatore, come vorrebbe Giovanni Toti? «È difficile non perdersi in questi scenari. Toti fino a poco tempo fa voleva confluire nella Lega, poi i rapporti si sono raffreddati. Un contenitore? Non sappiamo quale, e soprattutto chi ci sta». Ti appassiona la sfida a tre per la guida del Partito democratico?«Un partito che discute mi appassiona sempre. E mi fa piacere che anche Forza Italia stia facendo i congressi periferici, idea che avrebbe dovuto abbracciare più spesso. Per il resto, che sia avanti Nicola Zingaretti è fuori discussione: bisognerà vedere quanti voti arriveranno nei gazebo».Per quanto tempo Matteo Renzi starà ancora alla finestra? «Lui guarda dall'esterno, ha capito che non era opportuno fondare un suo partito prima delle europee. Ma il progetto ce l'ha sempre pronto nel cassetto, quindi sicuramente non lo vedremo passeggiare ai giardinetti». Il patto di Aquisgrana tra Emmanuel Macron e Angela Merkel è uno schiaffo all'unità europea?«Ma no, non c'è niente di clamoroso. I francesi e i tedeschi vanno d'accordo dai tempi di François Mitterrand ed Helmut Kohl. In un'Europa sfasciata come questa, mi pare semplicemente il prosieguo d'una tradizione. Invece la debolezza italiana in politica estera, quella sì è molto pericolosa».Cioè?«Non è normale che tutta la comunità europea si schieri compatta su Juan Guaidò in Venezuela mentre noi non sappiamo che pesci pigliare. Come non è normale che il ministro degli Esteri e quello della Difesa non si parlino. Nuoce alla credibilità». Salvini diventerà il federatore dei sovranisti europei?«È sicuramente quello più popolare. A promuovergli la campagna elettorale non c'è solo la Sea Watch, ma anche il presidente Macron. Additando Salvini come un nemico, lo sta ingigantendo». L'Italia verrà contagiata dalla rabbia dei gilet gialli?«Da noi ci sono ammortizzatori differenti. Pur con la disoccupazione giovanile al Sud al 50 per cento, da noi nessun ragazzo scende in piazza con le molotov. Perché comunque in Italia tutto si aggiusta, purtroppo anche con il ricorso al lavoro nero. Non c'è da andarne orgogliosi, ma questi ammortizzatori evitano la rivoluzione». Questo governo è spesso tacciato di incompetenza. Hai nostalgia dei vecchi partiti, quelli dove sedevano illustri accademici? «Nella prima Repubblica salivano al governo persone che si erano formate attraverso anni di gavetta. È vero che nei primi parlamenti comparivano anche dei semianalfabeti, soprattutto nelle file comuniste. Però notavi una tempra diversa: arrivavano dal lavoro, dalle sezioni, con una consapevolezza della vita quotidiana molto superiore a quella di oggi. Prendi il mio conterraneo abruzzese Remo Gaspari: certo non era Winston Churchill, ma conosceva pezzo per pezzo la macchina dello Stato». Nella terza Repubblica l'ingerenza della politica sulla tv di Stato è diminuita oppure no?«Sempre uguale, non è cambiato nulla. L'editore del resto è il Parlamento. È fisiologico che sia così, e l'ultimo a meravigliarsene dovrei essere io».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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