2022-08-15
Armando Siri: «Ora basta bugie, vi spiego la flat tax»
Il senatore leghista che ha studiato e scritto la «tassa piatta»: «Costa troppo? Balle, prevediamo che servano 13 miliardi di euro. Sparirà la giungla di detrazioni fiscali, non servono nuove tasse. E non premiamo i ricchi».«Basta: troppe bugie sulla flat tax. Dicono che è irrealizzabile, che costa troppo, che non è equa, che premia i ricchi. Tutte balle. Adesso la “tassa piatta” ve la spiego io». Armando Siri è il papà della flat tax versione leghista. Lui l’ha concepita al centesimo, l’ha studiata, l’ha scritta. «La flat tax si può fare, ma prima bisogna cambiare mentalità. E fuggire dall’ideologia dell’assistenzialismo che regna a sinistra».Se andiamo a leggere il programma unitario del centrodestra, compare effettivamente la flat tax: ma non per tutti. Un compromesso al ribasso? «In realtà la fase uno della flat tax al 15%, quella che riguarda le partite Iva fino ai 65.000 euro, è già realtà. L’abbiamo varata ai tempi del governo Conte uno, con la promessa di ampliare la platea. Ma poi, con il governo giallorosso, il Pd ha bloccato tutto».Quindi, se andrete al governo, quale sarebbe il primo passo? «Estendere la flat tax alle partite Iva con fatturato fino a 100.000 euro. E questo si farà subito, con la prima legge di stabilità. Poi potremo proseguire con lo step successivo».Fase due? «Nella seconda fase estenderemo la flat tax al 15% alle famiglie di dipendenti e pensionati, ma con alcune limitazioni di reddito. Potranno accedere al sistema i single fino a 30 mila euro di reddito, le famiglie monoreddito fino a 55 mila euro di reddito, e le famiglie bi-reddito fino a 70 mila. Tutto questo, nei nostri piani, avverrà già nel 2023».Fermiamoci un momento. Tutto ciò ha un costo. Secondo l’ex presidente dell’Inps, Tito Boeri, si parla di 80 miliardi. Una cifra monstre. Dove troviamo i soldi? «Non so quale disegno di legge abbia letto Boeri, forse pensa a una flat tax che avrà in testa lui. Noi prevediamo un costo complessivo della misura pari a 13 miliardi di euro».Tredici miliardi? E li otteniamo gonfiando il debito pubblico? «No, li otteniamo perché sono già sul tavolo. Sette miliardi arrivano dalla rimodulazione delle aliquote, appena varata. Gli altri sei arrivano dall’ottimizzazione delle tax expenditures, cioè detrazioni e deduzioni».Che vuol dire? Che spariscono le detrazioni fiscali? «La giungla di detrazioni e deduzioni viene accorpata in un’unica deduzione fiscale. Che sarà inversamente proporzionale al reddito e direttamente proporzionale alla grandezza del nucleo familiare. In altre parole, la deduzione sale se il reddito è basso e ci sono molti figli».E i soldi dall’emerso? «Non li conteggio, ma ci sono anche quelli. Se costruisci un sistema giusto ed equo, stabilendo che chi sgarra paga davvero, aumenta l’incentivo all’onestà. Quelli che oggi cercano mille sotterfugi per sfuggire al Fisco, sarebbero spinti ad uscire allo scoperto. Detto questo, sappiamo tutti che i veri evasori non sono certo i piccoli artigiani, ma le grandi multinazionali».Torniamo alla road map. Nei suoi piani quale sarebbe la «fase finale» della flat tax? «L’obiettivo finale è la flat tax al 15% urbi et orbi, per tutti, senza scaglioni di reddito. Da realizzare entro la fine della prossima legislatura».Ma questo «sogno» costerà ben più dei 13 miliardi conteggiati, giusto? «Per capirlo, bisogna prima mandare a regime la fase uno e la fase due. Si possono fare delle previsioni, ma sarebbero imprecise. In ogni caso, restiamo ben lontani dagli 80 miliardi immaginati da Boeri. È importante capire che il segreto della flat tax sta proprio nella gradualità».Cioè? «È come un’automobile: da un lato si schiaccia il freno della pressione fiscale, dall’altro l’acceleratore della crescita, dal momento che si allarga la base imponibile e, paradossalmente, si avrebbe più gettito. Questo disegno di legge non casca giù dal pero. Nasce dopo otto mesi di confronto che facemmo nel 2018 con i tecnici dell’amministrazione finanziaria».Ma non è che alla fine si pagheranno più tasse di prima? «No. E per esserne certi, abbiamo inserito nella riforma un’apposita clausola di salvaguardia. Quando un sistema cambia completamente possono esserci delle imprecisioni e degli errori, specialmente nei primi tempi. Ecco, la clausola di salvaguardia, prevista dalla nostra legge, serve ad evitare che qualcuno ne esca penalizzato».Il rischio di fare confusione è sempre dietro l’angolo? «Con una sola aliquota sarà certamente più semplice. La nostra volontà è quella di semplificare il sistema fiscale che, oggi, è profondamente ostile al cittadino. Questo sistema è fondato attualmente su una fittissima rete di norme: lo Stato spera che il contribuente ci resti impigliato, per poterlo poi sanzionare e punire. Insomma, è un campo minato».Comunque Carlo Cottarelli dice che per finanziare la flat tax serviranno altre tasse. «Sfido chiunque a dimostrarlo. Sono pronto a un confronto pubblico, anche con Letta, sulla fattibilità della nostra flat tax. Sono disposto a confrontarmi con chiunque abbia onestà intellettuale e non sia mosso da pregiudizio ideologico».Che tipo di pregiudizio? «È uno scontro di mentalità. Purtroppo, oggi, più ti impegni e più lo Stato ti bastona. Noi pensiamo che, riducendo l’imposizione fiscale, andiamo a stimolare le persone e le imprese a lavorare e a essere più motivate. Dall’altra parte, invece, pare esserci solo una visione assistenzialistica dello Stato e della società».Parla dei bonus facili? «Ci si scandalizza per una flat tax che - ripeto - costa 13 miliardi, quando abbiamo speso in cinque anni 180 miliardi di euro in ammortizzatori sociali senza battere ciglio: dalla cassa integrazione al reddito di cittadinanza».Provvedimenti che aiutano, ma non risolvono? «Commettiamo sempre l’errore di confondere la leva fiscale con il welfare. Sono due cose diverse. I sussidi sono aspirine, e curano i sintomi della malattia, che oggi si chiama stagflazione. Invece la flat tax è l’antibiotico, e cura le cause della malattia. Capite? Spendiamo una fortuna in aspirine, quando potremmo spendere molto meno per l’antibiotico che risolve il problema alla radice».Quindi i soldi, quando ci sono, prendono strade sbagliate? «È una questione di postura politica. Dobbiamo uscire dalla soggezione di inferiorità con la sinistra quando si parla fondi e coperture. Com’è possibile che quando bisogna distribuire bonus a pioggia non ci sono problemi, e quando, invece, bisogna premiare chi lavora i soldi non ci sono mai? Flat tax a parte, io credo che le coperture finanziarie il centrodestra ha il dovere di trovarle, quando si parla di provvedimenti che ritiene cruciali per lo sviluppo del Paese». Ma non c’è il rischio che questa flat tax sia un regalo ai ricchi, come dice Beppe Sala? «Sala è un altro analfabeta funzionale che non sa di cosa parla. Stiamo discutendo di famiglie monoreddito fino a 55 mila euro lordi, con la moglie a carico e due figli. Sarebbero loro i ricchi?».Però è vero che il taglio fiscale riguarderà, nel lungo periodo, anche italiani benestanti… «Non ci sono i ricchi in questo sistema: questa tassa premia semplicemente chi lavora, soprattutto famiglie con figli. Io non so più come ripeterlo per farlo capire a tutti. L’altro giorno il Fatto Quotidiano criticava la flat tax perché non dà alcun beneficio ai disoccupati, agli incapienti e alle casalinghe. Ma come fai a dare un beneficio fiscale a chi già non paga le imposte? Siamo davvero alla follia».All’estero il sistema funziona? «Molti Paesi che stanno a pieno titolo in Europa hanno adottato la flat tax. Sono Paesi in cui tante aziende italiane, peraltro, sono andate a delocalizzare».Adesso dovrà convincere anche gli alleati di centrodestra. Giorgia Meloni ha ribadito che gli unici vincoli sono quelli contenuti nel programma ufficiale. E lì dentro c’è solo la flat tax livello uno… «Sono ben disposto a sedermi intorno a un tavolo e discuterne. Sicuramente non rientra nel novero di quelle “promesse irrealizzabili” che qualcuno teme. Se abbiamo messo 10 miliardi nel reddito di cittadinanza possiamo tranquillamente metterne 13 per tagliare le tasse alle famiglie che lavorano. Sarebbe un messaggio molto più costruttivo per il futuro del Paese».L’altra gamba della vostra proposta è la pace fiscale e il saldo e stralcio. Un colpo di spugna? «Piuttosto, un modo per dare l’opportunità a famiglie e imprese in difficoltà con l’esattore pubblico di poter saldare i propri debiti. Non stiamo parlando di evasori, ma di gente in regola che non ha sostanze per pagare. E che un domani si metterà in fila col cappello in mano per ricevere altri aiuti di Stato. Siccome un limone secco non lo puoi spremere, a questi professionisti diciamo: dai quello che hai, e torna in pista. A produrre, a lavorare, a fatturare, e a pagare le tasse. Possibilmente, la flat tax».