2019-07-30
L’insegnante di vilipendio fa una mossa disperata. «Il post non l’ho scritto io»
Eliana Frontini, la prof sospesa per gli insulti a Mario Cerciello, azzarda: «Qualcuno ha usato il mio computer». Giorni fa si era detta pentita: è difficile crederle.«Non l'ho scritto io». Due giorni dopo la tempesta perfetta la professoressa di arte e disegno Eliana Frontini ha deciso di adottare la strategia difensiva più cara agli alunni di ogni età colti in fallo per qualsivoglia motivo: non sono stato io. Di fronte a quell'odioso «Uno di meno» che l'ha travolta come un macigno, l'ha annichilita davanti al Paese, l'ha messa di fronte a pesanti responsabilità per un uso sconsiderato dei social network, l'insegnante dell'istituto di istruzione superiore Biagio Pascal di Romentino (Novara) ha cambiato versione rispetto alla contrizione e alle scuse della prima ora: «Quel post su Facebook non l'ho scritto io».La virata è sorprendente e arriva proprio nel giorno in cui sono stati presi quattro provvedimenti in rapida successione nei suoi confronti, nonostante le scuse apparse come un ombrellino del gelato davanti all'uragano. La Procura della Repubblica di Novara ha aperto un'inchiesta per vilipendio delle forze armate. L'Ordine dei giornalisti del Piemonte (l'insegnante è pubblicista dal 1996) ha attivato un procedimento disciplinare per valutare violazioni dei principi deontologici. E soprattutto l'ufficio scolastico regionale del Piemonte ha fatto due mosse: le ha notificato l'immediata sospensione dalla cattedra e ha aperto un fascicolo contro di lei con l'accusa di «aver tenuto una condotta gravemente in contrasto con la funzione educativa e gravemente lesiva dell'immagine della scuola». Per tutto ciò è convocata il 2 settembre. Inoltre, per la frase «uno di meno e sguardo chiaramente poco intelligente, non ne sentiremo la mancanza», indirizzata al vicebrigadiere Mario Cerciello Rega da poche ore ucciso con undici coltellate, la signora è stata denunciata per diffamazione da alcuni sindacati di polizia.Nel giorno dei funerali del carabiniere, Eliana Frontini ha fatto dietrofront. «Quel post non l'ho scritto io, chi mi conosce sa che non penso quelle cose. Per motivi che spiegherò a chi di dovere mi sono assunta una responsabilità non mia. Non si è trattato di hackeraggio, semplicemente sono stati usati il mio account e il mio computer. Non l'ho detto prima perché non credevo che la vicenda assumesse questo peso». Ha chiuso il profilo Facebook e sembra definirsi tradita da qualcuno, forse un familiare. Aggiunge: «Ho subito chiesto scusa, anche se mi rendo conto che si tratta di ben poca cosa rispetto alla gravità di quelle affermazioni. Ora però è il caso di riportare la vicenda alle sue dimensioni reali. Quando verrò sentita dall'ufficio scolastico territoriale o eventualmente da altri organi, comunicherò il nome della persona che ha agito. Una persona che è pronta ad assumersi le sue responsabilità».Difficile crederle, soprattutto nel giorno della grandinata di provvedimenti e di inchieste contro di lei. In un momento così delicato, allontanare da sé la colpa significherebbe trasformarsi in vittima davanti al rischio di perdere il lavoro e di finire dentro il tritacarne giudiziario dopo essere stata fatta a pezzi da quello mediatico. Tutto per la smania del clic, quel movimento ormai involontario del dito indice che mette online i pensieri, ma più spesso i borborigmi e le flatulenze. Quel clic che la Frontini ha capito subito essere letale. Parole immediate, spontanee, che oggi è difficile cancellare a fronte del cambio di rotta.«Ho commesso un errore gravissimo», aveva spiegato l'insegnate di arte immediatamente dopo aver composto la frase indecente. «Me ne sono resa conto appena ho cliccato su invia, ma ormai il danno era fatto. Ho scritto una cavolata, non c'è nulla da dire». Una cavolata che ora smentisce, attribuendola a ignoti. Eppure sempre domenica aveva aggiunto: «Mi sono lasciata guidare dalla sensazione che spesso le forze dell'ordine non intervengono quando serve, quando una donna è maltrattata o peggio, si muovono solo quando ormai è troppo tardi. E ho scritto quell'enorme sciocchezza senza nemmeno pensare alla vedova e a chi voleva bene al vicebrigadiere, una sciocchezza che ho provato a correggere immediatamente con un altro post, ma ormai...». Infine, quasi in preda al panico (almeno a decrittare l'aspetto psicologico sul quale galleggiano le parole): «Voglio chiedere scusa a tutti. In particolare a chi era vicino al militare e ora è straziato dal dolore. Chiedo scusa all'Arma dei carabinieri e all'Italia intera. Sono stata una stupida».Sembrava spaventata, almeno spontanea con la pistola fumante in mano. Sembrava sullo stesso livello della sua collega, Lavinia Flavia Cassaro, che durante una manifestazione a Torino nel gennaio scorso era stata altrettanto diretta nei confronti dei poliziotti: «Dovete morire», aveva gridato con rabbia, ripresa da una videocamera mentre lo faceva. Fu allontanata dalla scuola, licenziata e non reintegrata dopo il ricorso perché, come motivò il giudice, «si resta docenti anche fuori dalla scuola». Una sentenza che non lascia spazio ai distinguo e che chiede a un'istituzione fondamentale come quella rappresentata dagli insegnanti di mostrare sempre rispetto nei confronti delle altre. Anche per questo oggi è difficile credere senza perplessità alla conversione a U della Frontini, avviata sulla stessa strada giudiziaria. Ma è doveroso attendere che sia l'inchiesta giudiziaria a stabilirlo. Resta una considerazione a margine o forse no: i docenti che dovrebbero dare ai giovani le istruzioni per l'uso del complicato mondo digitale, sono i primi a esserne travolti.