2025-05-12
Dal campo alla busta. L’insalata pronta (se ben conservata) ci semplifica la vita
Dietro la comodità delle confezioni in vendita al supermercato ci sono processi industriali rigorosi e controllati. In frigo teniamole nei piani alti.Sono una delle novità alimentari che identificano senza ombra di dubbio il nostro status antropologico di lavoratori prima che uomini, ormai, perché non abbiamo nemmeno il tempo di lavare un cespo di insalata e tagliarlo a pezzi, mixandolo magari con altre insalate, ortaggi o altro ancora per portare in tavola l’insalatiera piena: sono le insalate in busta e chi non le ha mai comprate in vita sua, beh, si senta un po’ un eroe.Si sono affermate da qualche anno, da quando al supermercato il bancone del pronto da portare in tavola si è espanso sempre di più, a discapito degli spazi riservati alle materie prime grezze da elaborare tradizionalmente prima di giungere sul piano del tavolo di casa. Il già pronto invade il supermarket perché lavoriamo di più fuori casa e quando rientriamo, la sera, facciamo molto prima a scodellare in ciotola un mix già pronto, condirlo e basta. Ci sono, inoltre, anche le insalate piatto completo, che non sono in busta, ma in contenitore a forma di insalatiera, con annesse confezioni di condimento e posate, per esser mangiate al volo anche fuor di casa. Insomma, i tempi in cui le nonne e le bisnonne raccoglievano le erbette da insalata, magari selvatiche, o coltivavano lattughe per portarle sulla tavola della propria famiglia sono ben lontani per la maggior parte degli italiani, sebbene alcuni resistano al progresso e, chi su un fazzoletto di terra di proprietà, chi sui vasi in balcone, esistano ancora coloro che coltivano le proprie erbe da insalata (e non soltanto).Aprire una busta è un procedimento ben diverso da preparazione del terreno, semina, innaffiatura e raccolta. Queste ultime attività sono già impegnative, in termini di tempo e di costanza, se svolte in vaso. Un cespo di lattuga impiega da 40 a 120 giorni per essere pronto per la raccolta. Coltivare in terra aperta è ancora più oneroso dal punto di vista della gestione del terreno. Si capisce come semplicemente aprire una busta dell’insalata già pronta abbatta i tempi dell’acquisto, della preparazione e della messa in tavola e, se si autoproduce la propria insalata, abbatta anche questo tempo. Insomma, l’insalata in busta ha conquistato molti. Ma come nasce?L’insalata in busta, anche chiamata insalata confezionata, dal punto di vista merceologico si chiama insalata IV gamma. Come spiega Aiipa, Associazione italiana industrie prodotti alimentari, sono prodotti di IV gamma le verdure e gli ortofrutticoli freschi che, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità finalizzati a garantirne la sicurezza igienica e la valorizzazione, seguendo le buone pratiche di lavorazione.Quindi, si definiscono prodotti ortofrutticoli di IV gamma, e sono anche detti ad elevato contenuto di servizio, la frutta, la verdura e, in generale, gli ortaggi freschi, confezionati e pronti per il consumo.Nella definizione di prodotti freschi confezionati e pronti per il consumo rientrano non soltanto le insalate in busta e la frutta di quarta gamma pronte a essere immediatamente consumate «a crudo», ma anche gli ortofrutticoli pronti per essere impiegati nella preparazione di alimenti da cuocere (ad esempio le verdure per minestrone).Ci sono cinque gamme, distinte sulla base delle tecnologie e dei processi di lavorazione dal momento della raccolta alla messa in vendita al consumatore finale di verdure, frutta e ortaggi. La prima gamma è l’ortofrutta fresca tradizionale. La seconda gamma, l’ortofrutta e le verdure in conserva proposte in barattolo. La terza gamma sono la frutta e le verdure surgelate. La quarta gamma è ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo. La quinta gamma comprende frutta e verdure cotte, confezionate e pronte al consumo.Ma come avviene che dalla pianta le nostre insalate ci arrivino davanti in busta? Le fasi produttive delle insalate IV gamma sono: selezione, cernita, eventuale monda e taglio, lavaggio, asciugatura e confezionamento in buste o in contenitori sigillati (con eventuale utilizzo di atmosfera modificata per rallentare i tempi del naturale deterioramento). Per la produzione della IV gamma è indispensabile la massima accuratezza nel trattamento delle materie prime di base e l’utilizzo di alti livelli di tecnologia lungo tutta la filiera produttiva. Da anni, spiega sempre Aiipa, l’industria di IV gamma e le aziende agricole produttrici di materie prime per essa seguono per la quasi totalità disciplinari di produzione integrata, limitando fortemente l’utilizzo di fitofarmaci in campo o in serra, con conseguente riduzione dei residui di pesticidi ben al di sotto delle soglie consentite per la produzione tradizionale. Una volta raccolte e trasportate in stabilimento, le materie prime sono poste in celle di stoccaggio, con temperature non superiori a 6°C, sufficientemente dimensionate per quantità e tempi di permanenza. Poi, questi ortofrutticoli di IV gamma sono sottoposti ad almeno un doppio lavaggio industriale (sovente con acqua e cloro, peracidi ecc.) e a un trattamento di decontaminazione che ne garantisce la sicurezza igienica. Dopodiché, il prodotto confezionato viene verificato al metal detector ed identificato per mantenere la rintracciabilità di filiera e poi posto in cella a temperature non superiori a 6°C.Il processo di lavaggio è fatto di tappe con controlli rigorosi e per questo motivo le insalate di IV gamma si possono trovare già pronte da condire, ossia non vanno lavate, perché sono state già ampiamente lavate (non solo con acqua). Fate attenzione e leggete sempre la confezione. Quando l’insalata non è stata sottoposta a lavaggio, troverete scritto «prodotto da lavare prima del consumo». Di solito, le insalate già pronte che devono soltanto essere lavate prima costano meno di quelle già lavate. Il lavaggio industriale è sicurissimo, altrimenti le insalate ad esso sottoposte non sarebbero considerate pronte da consumare: l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (Izs Ve) ha realizzato una ricerca e verificato come i protocolli per la sanificazione siano efficaci e al contempo permettano di mantenere anche le caratteristiche sensoriali delle insalate. Tuttavia, e questo è l’aspetto che in fondo preoccupa di più il consumatore, a fronte dei protocolli e della loro scrupolosa esecuzione, l’insalata in busta può - raramente - presentare contaminazione batterica. Eventuali batteri presenti, come Salmonella o Listeria, possono sopravvivere ai trattamenti e moltiplicarsi. Il rischio di moltiplicazione, in caso di presenza dei batteri, è favorito dall’errata gestione della catena del freddo. Poiché questi prodotti vengono mantenuti a temperature inferiori a +8°C, dal confezionamento fino al momento dell’acquisto, il consumatore, dunque, dovrebbe continuare a mantenere la catena del freddo per il tempo in cui mette la busta nel carrello, porta la spesa a casa e poi la ripone di nuovo in frigorifero. Se si abita sopra al supermercato, pochi minuti a temperatura ambiente non sono un problema perché un tempo così breve non riesce ad intaccare più di tanto la temperatura della confezione dell'insalata, ma in altri casi è sempre meglio fare il possibile per mantenere la catena del freddo. Per mantenere correttamente questa catena del freddo può essere utile riporre le buste di insalata in una busta per surgelati già appena estratte dal banco frigo del supermercato, busta che isola il contenuto dalla temperatura ambientale e, se si prevede un lungo tempo di spostamento dal supermercato al frigo, allora addirittura si può inserire nella busta per surgelati uno, o anche più, ghiaccioli refrigeranti. Utile, poi, una volta giunti a casa, sarà riporre queste insalate in busta non nel cassetto basso delle verdure in frigo, ma a metà frigo, dove la temperatura è più fredda. Avrete sentito che ogni tanto richiamano i lotti di insalate vendute in qualche supermercato proprio per rischio listeria.Listeria monocytogenes è un batterio che si può moltiplicare, in atmosfera protettiva e anche sottovuoto, anche alla temperatura di 1°C. In caso di intossicazione da listeria o listeriosi, si può avere gastroenterite, anche acuta e nei casi ancora più gravi meningiti, encefaliti, setticemie che possono essere fatali. Nelle donne in gravidanza la listeriosi può provocare aborto, morte in utero del feto, parto prematuro e infezioni neonatali. Bisogna sapere che una piccola quantità di listeria non è pericolosa. Ma una alta sì, lo è, e il problema è proprio l’eventuale riproduzione nella busta, come abbiamo visto favorita dall’interruzione della catena del freddo. Dunque, non interrompetela. Ancora utile può essere anche lavare di nuovo l’insalata anche quando sia un’insalata già lavata, proprio per ridurre eventuali quantità proliferate di Listeria. State poi attenti, se non consumate tutta l’insalata in busta, a richiuderla subito, bene, e consumare entro il tempo indicato (di solito due giorni dall’apertura). Controllate anche la data di scadenza e annusate e osservate l’insalata, che deve sempre avere un aspetto non sciupato (gettate via eventuali foglie rovinate) e un odore neutro. Altro dubbio che attanaglia il consumatore è se l’insalata in busta presenti residui di cloro. No, se tutto è svolto secondo norma, non ce ne deve essere.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)