2020-12-15
L’Inps ritarda, noi paghiamo 25 euro di multa
Coinvolto il 3% delle dichiarazioni. Le vittime dovranno pagare per fare le correzioni e rischiano un peggior merito creditizio.Bisogna ammettere che da qualche mese Domenico Arcuri ha praticamente cannibalizzato la scena, rubando spazio a tutti gli altri manager pubblici. Quasi tutti i ritardi e le gaffe competono al commissario. Per fortuna, Pasquale Tridico nel week end ha dato un bel colpo di reni per scalare la classifica. Ogni anno l'Inps sbaglia una fetta delle dichiarazioni dei redditi che emette. Si tratta, stando a quanto dichiara l'istituto guidato appunto da Tridico, di una percentuale che si aggira sul 3%. Tradotto: nel 2020 sono state spedite 620.000 certificazioni uniche sbagliate ad altrettanti pensionati. Quest'anno, a differenza degli altri, le lettere sono però arrivate oltre le scadenze consentite per legge. Con il risultato che i contribuenti saranno costretti a pagare ciascuno 25 euro di sanzione ed eventuali importi per il ravvedimento. Senza contare che dovranno rivolgersi ai rispettivi commercialisti e Caf chiedendo prestazioni aggiuntive con costi extra. Facendo i conti della serva lo sbaglio dell'istituto di Tridico costerà al manipolo di sfortunati una cifra complessiva che si aggira sui 60 milioni di euro. La cosa ancor più grave è che domenica, dopo le prime indiscrezioni di stampa sollevate da ItaliaOggi e rilanciate dall'Associazione nazionale commercialisti, l'Inps ha diffuso un comunicato che risulta essere una toppa peggiore del buco. Nel confermare l'invio tardivo delle lettere in cui si spiega semplicemente che le vecchie certificazioni sono «da annullare e sostituire», l'istituto si limita a minimizzare la percentuale. Conferma in realtà che l'invio è massivo. Più di 600.000 lettere su 19 milioni è una percentuale di errore che nessun privato potrebbe infatti permettersi. Nonostante questo la nota tiene a precisare che «la trasmissione delle rettifiche non deriva da alcun errore nelle procedure informatiche dell'Istituto, ma si tratta di ordinaria attività relativa agli obblighi dell'Inps in quanto sostituto di imposta». Come può essere che ogni anno si sbagli circa il 3% delle dichiarazioni e non sia un dato da baco informatico? Inoltre se l'errore fosse imputato a situazioni reddituali sopraggiunte dopo l'emissione delle certificazioni, l'Inps avrebbe dovuto fare un comunicato stampa. Il problema è che avrebbe dovuto ammettere, come hanno reso noto i commercialisti, che le lettere «corrette» sono datate marzo 2020, emesse il 27 novembre 2020 e spedite il 9 dicembre. La data ultima per presentare il 730 era fine settembre e quella per l'Unico il 10 dicembre. Nemmeno le missive spedite il 9 sarebbero potuto arrivare a destinazione in tempo. Eppure - incredibilmente - la nota di replica dell'Inps non contiene alcun accenno ai ritardi e nemmeno alle sanzioni. Nessun mea culpa. Nessuna presa di responsabilità. Per molti cittadini il cambiamento della situazione reddituale inciderà sulla valutazione del merito creditizio per mutui e finanziamenti già ottenuti o che sono stati rifiutati, oltre che per le dichiarazioni Isee che saranno presentate da coloro i quali non hanno potuto prendere visione della comunicazione di variazione. «Rimane anche la domanda su come il cittadino possa fare a rimediare, senza personali conseguenze economiche relative alle sanzioni sulle dichiarazioni ed eventuali competenze da corrispondere agli intermediari», si domanda Marco Cuchel, segretario Anc. Non solo. Le aziende private, i sostituti d'imposta, che sbagliano la compilazione di una Cu vengono in automatico sanzionate dall'Agenzia delle entrate: 100 euro per ogni errore. In questo caso l'Inps dovrebbe pagare dal canto suo 62 milioni di euro. Il condizionale è d'obbligo. Non ci sono precedenti. Per cui Ernesto Maria Ruffini, capo dell'Agenzia, potrebbe decidere di non procedere con le sanzioni. Oppure potrebbe mandare una bella lettera al collega Tridico e comminare la sanzione. Nel primo caso si certificherebbe che lo Stato può fare ciò che vuole e i contribuenti sono sudditi a cui è data al massimo la facoltà di gestire il proprio grado di disagio. Nel secondo caso, pur rispettando le norme, si produrrebbe non solo un danno ma anche una beffa. Quei 62 milioni di euro pagati dall'Inps finirebbero comunque sulle spalle dei contribuenti e dei pensionati. «La nostra proposta», spiega Cuchel, «per ovviare a quanto sopra, è che la pubblica amministrazione stessa si incarichi di rielaborare le dichiarazioni che risultano da ripresentare per effetto degli errori Inps, come noi professionisti ci facciamo carico di riparare a nostre spese gli errori che commettiamo». I commercialisti hanno così spedito ieri pomeriggio una missiva ai ministri Fabiana Dadone e Roberto Gualtieri per chiedere di mettere a disposizione dei cittadini interessati un servizio, con procedure e personale ad hoc, affinché tutte le dichiarazioni siano regolarizzate senza sanzioni e competenze e che «sia rilasciata una manleva per la buona fede e per il legittimo affidamento». Vedremo che risponderà Gualtieri. Una sanzione a Tridico? O almeno una tirata di orecchie.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco