
Le vendite dei marchi di lingerie registrano aumenti oltre al 55%. Pizzo e trasparenze sembrano essere al primo posto, insieme all'intimo creativo. Dal costume da coniglietta a quello da infermiera. A Monterotondo, una donna avrebbe detto agli agenti di aver violato le direttive che impongono ai cittadini di restare a casa per acquistare indumenti intimi di cui era rimasta sprovvista. Peccato che la signora stesse provando a sopperire alla mancanza in un mercatino dell'usato. Nonostante l'assurdità dell'accaduto, il settore della lingerie nel suo complesso ha evidenziato un sensibile aumento delle vendite durante il periodo di quarantena. Eloise Monaghan dell'azienda di intimo e prodotti per adulti «Honey Birdette» ha sottolineato come inizialmente questa crescita le sia apparsa «strana», per poi essere arrivata alla conclusione che «durante la quarantena dopo un po' ci si stanca a stare su Netflix». Il brand Nudea ha registrato un aumento delle vendite pari al 60% rispetto al mese precedente, mentre Pour Moi ha dichiarato una crescita del 30%. Anche Bluebella - marchio famoso per il suo intimo a ispirazione bondage - ha visto un più 10% rispetto all'anno precedente. Helena Kaylin, fondatrice di Mindd ha invece sottolineato l'aumento dell'800% del tragico sul suo e-commerce, specificando che i clienti sono soliti tornare sul sito ed effettuare più di un acquisto. Secondo la piattaforma Stylight, le ricerche contenenti il termine «lingerie» sono aumentate del 55% a livello globale nelle ultime tre settimane di marzo, diventando il settore più ricercato negli Stati Uniti. anche il portale Lyst ha registrato un aumento del 15% delle ricerche nella prima settimana di aprile. In merito, Katy Luby, vice presidente per la comunicazione di Lyst ha spiegato come al momento esistano «tre tipologie di acquirenti virtuali: sportivi, amanti del comfort e sensuali». «La scorsa settimanale gente acquistava capi sportivi per allenarsi tra le quattro mura domestiche o comode tute per guardare film sul divano, ma negli ultimi giorni ci siamo trovati davanti a un aumento delle ricerche per la lingerie, specialmente di pizzo e di brand noti per il loro sex appeal come Agent Provocateur». Bluebella ha registrato un aumento del 84% nelle vendite del suo reggiseno «Rani» (50 euro), caratterizzato da ampie bande elastiche, coppe trasparenti e dettagli metallici color oro. Noelle Wolf, dal canto suo, ha visto una crescita del 40% negli acquisti del loro body in pizzo trasparente (225 euro) . Per quanto riguarda Agent Provocateur, le vendite si sono maggiormente concentrate su babydoll, pigiami e vestaglie di pizzo, (da 400 euro in su) con un più 70%. Vero leader del settore è la britannica Ann Summers, specializzata in prodotti per adulti e lingerie super sexy. Il fatturato complessivo dell'azienda sarebbe cresciuto del 27% rispetto alo stesso periodo dell'anno precedente, e a farla da padrone è quella che tecnicamente viene definita «lingerie creativa». Si tratta di tutti quei completi da infermiera, poliziotta, segretaria, cameriera, seguiti dal termine sexy. Best seller per Ann Summers è però il costume da coniglietta, che rimanda alle storiche playmate. In Germania sembra invece essere boom di costumi da infermiera. «Eis.de» - rivenditore online - ha infatti registrato un aumento delle vendite pari al 300%.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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