2022-07-23
L’inflazione galoppa. Flop del piano Ue sul gas
Ursula Von Der Leyen (Ansa)
La Bce rivede al ribasso le stime sul Pil dell’area euro (che nel 2022 si fermerà al +2,8%), mentre il carovita arriverà al 7,3%. L’Italia boccia il taglio dei consumi chiesto dalla Commissione ma, a differenza di Francia e Germania, non prende contromisure.La crisi energetica sta portando nuove tensioni, non solo tra Occidente e Russia, ma anche all’interno dell’Ue. Si registra un grande attivismo dei governi di Francia e Germania, molto impegnati nel cercare di porre rimedio a situazioni complicate, mentre in Italia il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani non dà particolari segni di attività.Cominciamo da Berlino. Il governo tedesco ieri è intervenuto per salvare con una maxi operazione da 15 miliardi di euro una delle più grandi utility europee, Uniper, che aveva segnalato perdite per oltre 6 miliardi. Dopo settimane di intenso negoziato con l’azionista di maggioranza, la compagnia di Stato finlandese Fortum, il ministero delle Finanze tedesco ha acquisito una partecipazione del 30% nella società, salvandola, per il momento, dal fallimento. La quota di Fortum sarà diluita dal 78% al 56%, verranno fornite una riserva di capitale da 7,7 miliardi di euro e una linea di credito da 9 miliardi di euro in totale, dai precedenti 2 (con il supporto di Kfw, la banca pubblica tedesca). Il titolo ha guadagnato oltre il 10% in Borsa, per poi crollare del 33% sino al minimo storico di 6,95 euro per azione e chiudere a 7,46 euro (-28,9%). Anche le azioni di Fortum hanno perso valore, circa l’8%. Il salvataggio ora dovrà essere approvato dalla Commissione europea e dagli azionisti di Uniper in assemblea. Quello tedesco è il secondo caso di nazionalizzazione, per quanto parziale e, nelle intenzioni tedesche, temporaneo. La Francia, dal canto suo, si è portata avanti, avendo presentato nei giorni scorsi il piano per la rinazionalizzazione completa di Edf. L’acquisizione del 16% di quota azionaria oggi sul mercato, necessaria a riportare lo Stato francese al 100% di proprietà, richiederà un investimento di 9,7 miliardi di euro. Intanto però, confermando le gravi difficoltà nel riuscire a tenere in esercizio sufficiente capacità elettrica nucleare (28 dei 56 reattori nucleari sul territorio francese sono fuori servizio), il governo francese ha accelerato sull’uso di impianti a carbone. Ieri, infatti, l’Assemblea nazionale ha approvato una legge che stanzia 20 miliardi per il recupero del potere di acquisto dei cittadini e contiene una serie di misure per l’utilizzo urgente delle centrali elettriche alimentate a carbone. Si tratta di impianti per 1.500-3.000 megawattora, spenti dalla scorsa primavera e che oggi diventano essenziali mantenere il sistema in equilibrio. La legge è passata con il supporto determinante dei Repubblicani e del Rassemblement national di Marine Le Pen.A Roma invece tutto tace. La crisi di governo frena le nuove iniziative, ma si avverte una mancanza di chiarezza in merito alla situazione e agli obiettivi. Data la gravità del momento, considerato lo stato di allerta gas, passo che precede l’emergenza, sarebbe importante avere il quadro della situazione con una informazione strutturata. Le centrali a carbone che avrebbero dovuto evitare l’utilizzo di quelle a gas stanno marciando secondo i piani? Se domani si azzerasse il flusso dalla Russia, quali sarebbero le contromisure da adottare? Può essere reso pubblico il piano dettagliato di eventuale riduzione dei consumi, con gli obiettivi e gli scenari? Quando partirà, se partirà, la campagna di informazione ai cittadini sulla riduzione dei consumi?Prosegue intanto la clamorosa raffica di «no» al piano di solidarietà presentato mercoledì dalla Commissione, che prevede una riduzione obbligatoria del 15% dei consumi di gas per tutti i Paesi membri. Dopo Spagna, Grecia, Portogallo e Italia, ieri anche Polonia, Danimarca, Francia, Irlanda, Malta e Olanda hanno fatto sapere di non essere d’accordo sul piano di Bruxelles, mentre l’Ungheria ha addirittura annunciato che intende stipulare un nuovo contratto per la fornitura di gas con la Russia. Non è piaciuta quasi a nessuno la proposta confezionata da Ursula von der Leyen, un po’ per il metodo un po’ per il merito. È apparso infatti fin troppo evidente che si tratti di una vistosa ciambella di salvataggio lanciata verso Berlino, il cui silenzio sulla proposta è significativo. Negli ultimi due giorni sono volate parole di fuoco, dirette soprattutto dal Mediterraneo verso il Nord Europa. Persino il governo di Cipro, Paese piccolo ma assai importante strategicamente proprio sui temi del gas, ha espresso una serie di perplessità. La proposta sarà dibattuta ulteriormente lunedì prossimo in sede di gruppo Energia del Consiglio europeo, ma allo stato non ha molte speranze di essere accolta così com’è.Intanto, la Bce ieri ha rivisto al rialzo le aspettative di inflazione dell’area euro, portandole per il 2022 al 7,3% (+1,3 rispetto alle stime precedenti) e per il 2023 al 3,6% (+1,2). Anche le previsioni di crescita del Pil sono state rielaborate, ma al ribasso: per il 2022 si ipotizza un +2,8% (-0,1) e per il 2023 +1,5% (-0,8). Oltre al termine delle politiche monetarie accomodanti da parte delle Banche centrali, sono proprio i costi esorbitanti dell’energia a influire negativamente su inflazione e crescita e a segnalare una delle tante disfunzionalità europee.