2024-08-27
Operazione «Olive»: la battaglia della Linea Gotica
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Un contingente britannico durante la fase iniziale dell'attacco alla Linea Gotica (Getty Images)
Ottant'anni fa iniziava l'offensiva britannica contro la linea fortificata tedesca per la conquista di Rimini. Fu una delle più grandi battaglie di tutta la guerra. La storia e le immagini. Nell’estate del 1944 l’esercito alleato era avanzato lungo la penisola italiana dopo durissime battaglie per il superamento della prima grande linea difensiva tedesca, la «Gustav». Nel giugno 1944 le forze anglo-americane erano entrate in Roma e il 15 agosto avevano conquistato Firenze. Tuttavia, lo sbarco in Normandia e le altre grandi operazioni come lo sbarco in Provenza (operazione Anvil) avevano drenato risorse dal fronte italiano, in particolare modo tra le forze americane. Nella tarda estate dell’ultimo anno di guerra, il completamento dell’occupazione del territorio italiano sembrava dunque aver perso di slancio. Fu soprattutto il primo ministro britannico Winston Churchill a fare pressione sugli alleati per una ripresa delle operazioni in Italia, preoccupato per la rapida avanzata sovietica sul fronte orientale. L’idea dello statista inglese era quella di un'offensiva lampo verso la pianura padana per poi accelerare sulla direttrice di Lubiana e proseguire verso l’Europa orientale, in una corsa per contrastare le forze comuniste di Stalin. Inizialmente gli alleati avevano sottovalutato, dopo l’armistizio, l’azione tedesca in Italia che con l’operazione «Achse» aveva portato all’occupazione del territorio italiano non ancora liberato dagli alleati, con l’annessione diretta al Reich dell’Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia e con la nascita della Repubblica Sociale Italiana dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso. Oltre all’azione rapida di occupazione, i tedeschi avevano approfittato del naturale rallentamento delle operazioni alleate per le dure condizioni climatiche dell’inverno 1943-44 per rafforzare le difese con la creazione di forti linee di sbarramento per contrastare l’avanzata anglo-americana. Tra le grandi opere di difesa aveva un ruolo preminente la linea «Gotica». Strutturata su due livelli di difesa, era stata concepita già nel 1941 e si componeva sia di opere permanenti, sia di difese campali che attraversavano la penisola dal Tirreno all’Adriatico lungo un percorso tortuoso di più di 300 chilometri tra le province di Massa Carrara e Pesaro Urbino. Nella tarda estate del 1944 presidiavano la linea difensiva tedesca la 14ma Armata a Ovest (gen. Joachim Lemelsen) e la 10ma a Est (gen. Heinrich Von Vietinghoff). Il comando supremo era affidato al Feldmaresciallo della Luftwaffe Albert Kesselring, che aveva assunto la carica dopo l’8 settembre 1943. Le forze alleate si componevano della 8° Armata britannica (che comprendeva anche il contingente canadese) guidata dall’ambizioso generale Sir Oliver Leese (reduce di Dunkerque e El-Alamein) nel settore Orientale adriatico, mentre gli americani schieravano la 5° Armata del generale Mark Clark (che era entrato per primo a Roma generando non poche gelosie negli alti comandi inglesi) che si era attestata nel settore occidentale della linea Gotica. Le armate alleate erano composte da una forza multietnica che includeva ben 16 nazionalità diverse, dai polacchi ai greci agli indiani, fino agli afro-americani (i famosi «Buffalo Soldiers») ai neozelandesi ai nepalesi e agli italiani dell’esercito co-belligerante del Regno del Sud. Da un punto di vista numerico, le forze angloamericane superavano di molto quelle tedesche (in un rapporto di 3 a 1 circa) per un totale di oltre 900.000 uomini, contro i circa 340.000 di Kesselring. Anche dal punto di vista della potenza di fuoco gli anglo-americani erano in netto vantaggio, superiorità a cui si aggiungeva un pressoché totale dominio del cielo, con migliaia di caccia e bombardieri a disposizione della MAAF (Mediterranean Allied Air Force) pronti a bombardare strade, ferrovie e ponti oltre la linea difensiva tedesca. Dalla parte germanica le opere di fortificazione erano rese ancora più solide dalle condizioni morfologiche della zona, protetta dalla dorsale appenninica e dai numerosi fiumi che costituivano un ulteriore ostacolo all’avanzata anglo-americana. Alla fine di agosto, i comandi alleati decisero la strategia di attacco. L’operazione «Olive» fu preceduta da una attività di intelligence resa possibile anche dall’utilizzo della macchina ULTRA, in grado di decrittare i messaggi cifrati della tedesca ENIGMA e da una falsa attività radio da parte degli americani nel settore occidentale, finalizzata a far pensare ai tedeschi che una grande offensiva a Ovest della linea Gotica fosse imminente. Accertata attraverso le intercettazioni dei messaggi tedeschi la convinzione di Kesselring riguardo un’offensiva da parte americana, nel settore adriatico le forze polacche e canadesi mossero per attraversare il fiume Metauro la notte tra il 25 e il 26 agosto 1944, incontrando relativamente scarsa resistenza da parte tedesca. Il 27 agosto le truppe polacche entravano in Fano, mentre i contingenti indiani della 4° divisione britannica avanzavano sull’ala sinistra nel settore più montuoso e il battaglione Royal Sussex insieme a un contingente di Bersaglieri co-belligeranti occupava Urbino. Nella successiva avanzata verso il fiume Foglia, ultimo ostacolo prima delle fortificazioni della linea difensiva tedesca, furono fatti segno per la prima volta da un fitto tiro d’artiglieria che causò numerose vittime tra gli alleati, che riuscirono a passare il fiume marchigiano soltanto la mattina del 28 agosto. Il giorno successivo tutti i contingenti dell’armata britannica avevano superato la linea del Metauro. Altri 4 corsi d’acqua si paravano di fronte agli alleati nelle vicinanze della cosiddetta «linea verde 1», il primo grande sbarramento della Gotica. Lo stesso giorno un evento cambiò momentaneamente la situazione strategica. Il Feldmaresciallo Kesselring aveva infatti intercettato un radiomessaggio diffuso imprudentemente dal generale Leese, che permise al comandante tedesco di interpretare correttamente le intenzioni nemiche: non vi era alcuna reale imminenza di un attacco americano nel settore occidentale, bensì un’offensiva di massa nel settore adriatico in direzione di Rimini. La notizia permise a Kesselring di richiamare verso la linea verde 1 le divisioni corazzate 26ma e 29ma e la 98ma di fanteria. Sulle linee difensive delle alture marchigiane prese posizione anche la I divisione paracadutisti.La battaglia per la conquista della linea verde 1 iniziò il 30 agosto 1944, cuore dell’operazione «Olive». Proseguendo lungo la costa adriatica, i Polacchi (in seguito messi in riserva) liberarono Pesaro. Molto più difficile e costosa in termini di perdite fu l’offensiva portata avanti nell’entroterra marchigiano dai reparti indiani dei Sikh, dei Baluci (soldati del Belucistan, allora dominio britannico) e dei Gurkha, che sulle alture di Tavoletto incontrarono il fuoco della 71ma divisione tedesca, che inflisse gravi perdite ai Gurkha prima di retrocedere verso la linea verde 1. Anche ad Auditore il contingente nepalese faticò ad espugnare il presidio della Wermacht, riuscito solamente dopo duri combattimenti all’arma bianca, nella quale i soldati nati ai piedi dell’Himalaya erano temutissimi con i loro «kukri», i micidiali coltelli nepalesi. Meglio andò ai canadesi, diretti dal fiume Foglia verso Tavulia con una divisione corazzata e una di fanteria. Dopo essere venuti a contatto con la I divisione paracadutisti tedesca che ne rallentò l’avanzata con campi minati e tiro di artiglieria, il reggimento corazzato Lord Strathcona Horse Royal Canadians riuscì ad aprire la prima breccia nella linea verde 1 nei pressi di Monteluro. Il primo assalto alla Gotica, pur risultando in un parziale successo, aveva evidenziato le difficoltà che gli alleati avrebbero dovuto affrontare nonostante la superiorità numerica, la copertura aerea e la maggior potenza di fuoco. I tedeschi avevano risposto alle divisioni corazzate con i micidiali Pak 88 (Panzerabwehrkanone, derivati dei Flak 88 antiaerei e modificati in funzione controcarri) e con i Panzerfaust. Dal punto di vista strategico, inoltre, le armate di Kesselring contrapponevano un’azione rapida e differenziata a seconda delle necessità contingenti (nota come la tattica del «compito»), contrapposta all’assalto frontale dei britannici. Tale strategia farà sì che nelle successive battaglie lungo la linea difensiva tedesca si sarebbe susseguita una serie di ritirate strategiche e successive controffensive da parte della Wehrmacht tali da rallentare l’avanzata alleata e aumentarne il bilancio delle perdite.Lo scenario sarà quello appena descritto per la seconda fase della battaglia, l’assalto alleato alla linea verde 2. Quest’ultima si sviluppava dal Tirreno all’Adriatico tra Massa Carrara e Cattolica, dove le forze alleate avrebbero dovuto conquistare il corridoio più stretto tra il mare e l’entroterra collinare, fortemente presidiato dai tedeschi. Il fiume Conca e le sue vallate scoscese e prive di strade carrozzabili e di rete ferroviaria rendevano ancora più complicata l’avanzata, funestata durante l’offensiva dalle prime piogge di settembre, che gonfiarono i corsi d’acqua e coprirono di un insidioso strato di fango le piccole strade inerpicate sui colli. Ad ogni casolare o piccolo centro abitato, i britannici erano costretti ad affrontare agili postazioni tedesche armate dei Pak 88, delle mitragliatrici pesanti Mg-42 o dei carri armati Tiger, inferiori nel numero ma superiori per potenza di fuoco ai carri inglesi. La lotta si concentrò a lungo su due fortissimi capisaldi della Linea Verde 2, compresi tra gli abitati di Coriano e Gemmano, i cui presidi erano stati rinforzati dagli uomini richiamati da Kesselring da altre zone del Nord Italia, tra cui un contingente di alpini austriaci che opporrà una tenacissima resistenza dall’alto delle postazioni difensive, forte di 4.500 uomini che gli inglesi, nelle prime ricognizioni, avevano pesantemente sottovalutato. Il primo assalto fu sferrato il 4 settembre 1944 e si protrasse per i giorni successivi in una serie di attacchi e contrattacchi sferrati dalle postazioni tedesche di Coriano e Gemmano, mentre l’avanzata inglese veniva fermata anche dai fianchi delle colline fattisi scivolosi per le piogge. Un aggiramento dei due capisaldi tedeschi fu reso vano grazie alla rapidità di sganciamento e dall’elasticità della difesa germanica. Lo stallo sulla linea verde 2 indusse il generale Harold Alexander, comandante delle truppe alleate in Italia, ad intervenire direttamente presso gli americani. Per alleggerire lo sbarramento dalla tenace resistenza delle rafforzate truppe tedesche, anticipò l’attacco dell’esercito Usa sul settore occidentale della linea Gotica in direzione del passo della Futa. Per espugnare Gemmano e Coriano, i comandi britannici impegnarono l’intero V corpo d’Armata assieme al I Corpo canadese. Soltanto dopo aspri combattimenti Coriano fu occupata dai canadesi il 14 settembre. Gemmano fu invece colpita dal fuoco della IV divisione indiana, che la rase letteralmente al suolo. Il passo successivo sarebbe stato l’assalto all’ultimo baluardo fortificato tedesco della linea Gotica orientale, la cosiddetta «linea gialla di Rimini». In una corsa per scongiurare ulteriori ritardi (lo sfondamento della seconda linea verde era avvenuto 15 giorni oltre le previsioni) e l’avvicinarsi della stagione invernale, gli alleati ricorsero all’aiuto dell’aviazione alleata in modo massiccio, tanto che alle incursioni del settembre 1944 sulla zona dell’offensiva inglese partecipò l’intera Desert Air Force, che colpì Rimini 92 volte (343 furono i raid dal 1943) e svolse migliaia di missioni concentrate in pochi giorni, che avevano distrutto oltre l’80% degli edifici cittadini. I torrenti Ausa e Marano furono gli ultimi corsi d’acqua che separavano gli inglesi dal capoluogo della Romagna, corridoio naturale per Bologna e la Pianura Padana. I primi durissimi scontri si verificarono tra i canadesi, a cui si aggiunsero i greci dei reparti da montagna, e i tedeschi che tenevano la postazione di San Lorenzo, un’altura strategica a poca distanza dall’aeroporto di Rimini. Qui la I Divisione paracadutisti resistette a oltranza, venendo espugnata in una lotta corpo a corpo all’interno della omonima chiesa che costò ai canadesi gravissime perdite. Per i greci il calvario giunse poco dopo, quando sferrarono l’assalto alla linea gialla di Rimini nei comuni di Monaldini e Monticelli, lungo il corso del torrente Marano. L’avamposto era difeso dai paracadutisti tedeschi e da un contingente di soldati turkmeni inquadrati nella Wehrmacht, che respinsero gli ellenici eliminando più di un terzo del loro organico in poche ore. I due borghi saranno conquistati solo dopo l’intervento delle forze meccanizzate neozelandesi con i carri Sherman. Tra il 15 e il 17 settembre greci e neozelandesi attaccarono l’aeroporto di Rimini, trasformato in una vera e propria fortezza dai tedeschi. All’interno della pista, nonostante il supporto dell’aviazione alleata, erano installate numerose torrette di carri armati Tiger, razzi, mine e Panzerfaust anticarro, che misero a durissima prova le forze meccanizzate neozelandesi, che riuscirono a espugnare la struttura utilizzata anche come campo di prigionia dai tedeschi. La battaglia per Rimini proseguì nei giorni successivi, caratterizzata da ripetute piogge che resero le operazioni di canadesi, neozelandesi e greci ancora più complicate. Kesselring era determinato a difendere ad oltranza quel nodo strategico rappresentato dalla città romagnola e oppose una resistenza rabbiosa sia nell’area urbana che dalle colline circostanti. Quasi un milione e mezzo di proiettili di artiglieria furono impiegati dagli alleati per rompere la linea gialla mentre i raid aerei raggiunsero il totale di 496. Alla distruzione dal cielo si aggiunse la tattica tedesca della terra bruciata, tramite l’abbattimento di edifici al fine di ostruire le vie d’accesso e la distruzione di ponti. L’arco di Augusto si salvò soltanto per il rifiuto di un ufficiale tedesco amante dell’arte, Willi Trageser, che si assunse la responsabilità di evitare l’abbattimento di un monumento di grande valore archeologico senza risultati strategici apparenti. Le forze tedesche iniziarono la ritirata sotto la pioggia battente il 20 settembre 1944, lasciando una città fantasma resa una distesa di macerie, dove i greci entrarono il giorno successivo. Alle 7:45 del 21 settembre 1944 la bandiera ellenica, a cui si aggiungerà quella canadese, sventolava sul municipio di Rimini. La battaglia della linea Gotica orientale si concludeva con un bilancio di 80.000 vittime tra civili e militari. Anche se meno conosciuta, la battaglia della Linea Gotica superò le più famose El-Alamein e Cassino per quanto riguardò le forze in campo (1.200.000 uomini) e per l’impiego superiore di armamenti e dell’aviazione. Nei mesi successivi, le forze di Kesselring don diedero tregua all’avanzata alleata, sia nel settore orientale dove le forze britanniche furono bloccate lungo le sponde del Rubicone, sia a occidente, dove la Quinta armata americana faticava a raggiungere Bologna. Complice anche l’arrivo dell’inverno del 1944, il più duro dall’inizio della guerra. Churchill, fortemente deluso dall’operazione «Olive», vide svanire il suo più grande obiettivo per il fronte italiano: la corsa ai Balcani.
Federica Mogherini e Stefano Sannino (Ansa)
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