2019-03-09
L’industria tedesca crolla del 4%, quella tricolore invece alza la testa
Gli ordini della locomotiva germanica sono in flessione. A gennaio su dicembre cadono del 2,6%. Molto di più sul 2018. Mentre la produzione italiana sale dell'1,7% (negativa dello 0,8 rispetto all'inizio dello scorso anno).Non c'è da stupirsi se giovedì il board della Banca centrale europea abbia votato all'unanimità a favore di un nuovo bazooka. Tutti a dire che ne beneficeranno le banche italiane. Vero. Anzi verissimo. Esse nel 2020 non dovranno accantonare qualcosa come 240 miliardi di euro e quindi non si troveranno con la spada di Damocle di nuovi aumenti di capitale. Solo che a far pendere l'ago della bilancia a favore del rinnovo del Tltro, il programma di liquidità a basso prezzo destinato al credito, è stata Berlino. Jens Weidmann, attuale numero uno della Bundesbank, ha convinto le altre nazioni del Nord. Per due motivi. Il primo è perché punta a prendere il posto di Mario Draghi e avrà bisogno di un consenso ampio. Secondo è perché l'economia tedesca sta pesantemente vacillando. Secondo l'ufficio nazionale di statistica Destatis, a gennaio si è registrato un calo del 2,6% rispetto al +0,9% del mese precedente (rivisto da un preliminare -1,6%). Il dato è peggiore delle aspettative degli analisti che avevano previsto una crescita dello 0,5%. Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, gli ordinativi sono calati addirittura del 3,9%. La Germania, inoltre, teme che un eventuale accordo sul tema dazi tra Cina e Stati Uniti possa trovare una soluzione nel breve tempo e che lasci Berlino in un angolo. Perderebbe il privilegio della vicinanza all'economia del Dragone e rimarrebbe comunque il principale nemico di Donald Trump in Europa. Per questo si comincia a parlare di politica espansiva anche senza ammetterlo apertamente. In Italia invece la produzione industriale ha cambiato segno. L'Istat ha rilevato a gennaio un aumento dell'1,7% rispetto a dicembre, la prima variazione congiunturale positiva dopo quattro mesi di cali continui. Su base annua «si attenua la caduta» con una flessione dello 0,8% nei dati corretti per gli effetti di calendario. Il miglioramento, sia tendenziale sia congiunturale, è trainato dal settore energia (in espansione del 6,4% sul mese e dell'11,7% sull'anno), anche per «effetto delle temperature più basse rispetto allo scorso anno». È quindi presto per tirare una boccata di sollievo. «Il balzo della produzione industriale a gennaio migliora le prospettive per il Pil», ha detto ieri Paolo Mameli, senior economist della direzione studi e ricerche del servizio studi di Banca Intesa, aggiungendo che «la nostra stima era per una ripresa superiore al consenso, ma il dato è andato oltre ogni più rosea previsione». «La nostra nuova stima sul Pil italiano è 0,2% per l'anno in corso e 0,7% per il 2020», ha spiegato. Ciò conferma come in questa fase «la tenuta del ciclo sia legata soprattutto ai consumi delle famiglie, mentre non vi sono almeno per ora segnali di ripartenza del ciclo degli investimenti delle imprese», ha aggiunto Mameli, secondo cui «il dato non va sopravvalutato, perché le variazioni congiunturali di gennaio sono assai volatili in quanto condizionate dai processi di aggiustamento stagionale, e perciò spesso soggette a revisioni e seguite da variazioni di segno opposto a gennaio». Il dato però sposta le prospettive per il primo trimestre, in quanto la produzione è ora in rotta per una crescita di 0,7% anno su anno. In pratica, secondo Intesa febbraio tornerà un po' a calare e quindi i valori andranno livellandosi verso il basso. Mentre fino allo scorso trimestre «i dati congiunturali evidenziavano pressoché tutti univocamente un indebolimento dell'attività economica, gli indicatori diffusi questa settimana (recupero del Pmi servizi a febbraio, revisione del Pil e forte rimbalzo della produzione industriale a gennaio) segnalano che è ora possibile che il Pil eviti un'altra flessione nel trimestre corrente. Il che porterebbe il Paese fuori dalla recessione tecnica. Si tratta comunque di virgole e non di sterzate importanti. Altrettanto non si può dire per l'ex locomotiva tedesca. Che invece soffre di dati fortemente negativi. Il trend impatterà anche sulle scelte politiche in vista delle prossime elezioni europee. Le alleanze non sono ancora state fatte e le sorprese dentro il Parlamento Ue sembrano destinate ad arrivare non solo da Roma e da Londra (vedi Brexit) ma anche da Berlino.