2019-04-15
L’incubo di Orwell? Con i social ora è realtà
Per imporci il Grande Fratello è bastato sostituire, alle punizioni immaginate dall'autore di «1984», la promessa del piacere. Così ora siamo noi a spiattellare sul Web la nostra vita privata, mentre la sessualità bestiale ci rende degli eterni adolescenti.Nei romanzi distopici si immagina un mondo catastrofico. I due massimi scrittori di questo genere, George Orwell e Aldous Huxley, benché con visioni diverse, hanno entrambi colto certi aspetti inquietanti che caratterizzano il nostro tempo. Il primo con il controllo hi tech, il secondo con coiti a volontà e uteri artificiali.DistopiaUtopia è il titolo del romanzo in cui Tommaso Moro nel 1516 descriveva un luogo ideale e quindi inesistente. Tommaso Moro era un uomo politico inglese condannato a morte per aver ricordato a un irascibile Enrico VIII che il Vangelo vieta il divorzio. L'uomo non divida ciò che Dio ha unito. La nuova Chiesa 2.0 ora gli direbbe che è un rigido, uno poco misericordioso, che va con queste regole fisse mentre bisogna esaminare caso per caso.In contrapposizione a utopia, che vuol dire letteralmente nessun luogo, c'è la distopia, romanzo che prevede un'evoluzione disastrosa, in previsione di una sua possibile esistenza.Sono due le distopie che da sempre si fronteggiano, 1984 di George Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley. 1984, pubblicato nel 1948, descrive un mondo squisitamente comunista o forse meglio postcomunista, annegato nella ferocia e nella miseria più totali, dove ti torturano con i buoni vecchi metodi, scariche elettriche, botte, denti cavati con pinze arrugginite in un sotterraneo. 1984 è uno dei pochi casi, forse l'unico, il cui la trasposizione cinematografica, il film Orwell 1984, di Michael Radford, con John Hurt e Richard Burton, conserva la potenza visionaria del libro. George Orwell immagina un dittatore chiamato il Grande Fratello che costringe il popolo a tenere sempre accesa la televisione, da cui però tutti possono sempre essere spiati. Questo è il motivo per cui la trasmissione che tiene sempre sotto l'occhio di una videocamera qualcuno si chiama Il Grande Fratello e se Orwell sapesse che il suo libro ha dato il nome a una trasmissione così, ecco, come dire, civettuola, si rivolterebbe nella tomba. In 1984 l'aspirante dissidente è messo a fuoco e identificato perché compra al mercato nero un quaderno: in effetti scrivere rende il nostro pensiero più lucido e ci permette di resistere alla menzogna. Se abbiamo segnato sul nostro quaderno la verità, quando poi ci mentono ce ne accorgiamo. Dell'incubo di Orwell resta solo la Corea del Nord. Ovunque il comunismo reale si è annacquato in terrificanti capitalismi di Stato o è defunto per implosione. In una maniera o nell'altra è scomparso. Orwell per fortuna ha avuto torto, salvo che per il controllo, che è totale, ma è basato sul piacere, non sulla punizione. Siamo noi che mettiamo gli affari nostri sui social, il nostro smartphone sa sempre dove siamo, spesso capisce dove stiamo andando, ha la nostra impronta digitale. Chi sembra averla azzeccata è Huxley. Nel suo mondo le sbarre sono fatte di piacere, coito a volontà e droga a volontà, eugenetica, ipersessualizzazione dei bambini, transumanesimo e un magnifico utero artificiale, che permette, regolando l'afflusso di ossigeno, di far nascere persone con Qi diversi per i diversi strati della società. Se un uomo ama una donna, una donna ama un uomo e insieme hanno un bambino, questa società si rompe: infatti questo è il crimine assoluto. Altro scrittore distopico è Anthony Burgess. Arancia meccanica parla di una società che rieduca in maniera neurologica e il meno noto Il seme inquieto parla di una società dove l'omosessualità è praticamente obbligatoria e, di nuovo, un uomo e una donna che si amano e hanno un bimbo sono la trasgressione, il crimine assoluto. Molto attuale la distopia di Gilbert Keith Chesterton, L'osteria volante, che immagina una Gran Bretagna islamizzata, chissà come gli sarà venuto in mente? Vige la sharia: niente alcol. La resistenza sarà guidata dai bevitori di birra. Distopia per ragazzi In una popolazione «libera», dove non esistano obblighi sociali o religiosi o statali al matrimonio, in media una percentuale tra il 2 e il 3% eviterà il matrimonio, semplicemente perché ognuno è diverso da un altro, e alcuni desiderano troppo la propria libertà da rischiare di comprometterla. Quando la percentuale sale al di sopra di questi numeri, quella civiltà si sta suicidando. La maternità e la paternità sono resi sempre più difficili, sempre più sconsigliate, sempre più ritardate. Un nuovo genere, o forse sarebbe più corretto dire una nuova sfumatura, per la distopia: l'antiutopia, la fantapolitica sociale, i figli e nipoti di 1984, sempre più presente nella cosiddetta letteratura per ragazzi, che in realtà - non sarà mai ripetuto abbastanza - è una letteratura anche per ragazzi, perché qualcosa che è buono per un dodicenne lo è anche per un sessantenne, mentre non è valido il contrario.Possiamo prendere come esempi: The Giver di Lois Lowry, Hunger games di Suzanne Collins, Divergenti di Lois Lowry, Bambini nel bosco di Beatrice Masini, La dichiarazione di Gemma Malley e innumerevoli altri. Sono tutte narrazioni che sottolineano il rischio, per le nuove generazioni di ragazzi, di essere sterminate dagli anziani, di essere private delle libertà più elementari. C'è una strana forma di mancanza d'amore nell'impedire il concepimento, una indubbia mancanza di amore nell'impedire la nascita. C'è un odio verso la nascita nella nostra epoca, racchiuso nella distopia per ragazzi. È già descritta in Peter Pan: il padre di Wendy spiega alla madre, già incinta, che non possono permettersi il bambino. Per tre volte. Dovrebbe avere un effetto comico, ma oggi che l'aborto esiste fa venire i brividi lungo la schiena… Nel 1968 c'è stata una straordinaria scoperta: la pillola anticoncezionale. Finalmente sessualità e riproduzione potevano essere separate. È stata la quarta volta, dopo vaccinazione, sulfamidici e antibiotici, in cui la classe medica ha avuto in mano qualcosa per contrastare il dolore del mondo. Separare la sessualità dalla riproduzione ha permesso la cosiddetta libertà sessuale, e in pochi anni si è trattato di vera libertà sessuale. In realtà è stata libertà erotica, il sesso svuotato, ridotto a strofinìo. Evviva! Che bello. Si arrivava al coito continuo, ininterrotto, con chi capita. Niente bimbi, niente pannolini da cambiare. Un bel po' di effetti collaterali per le donne, soprattutto i primi anni con dosaggi folli, ma che importa? L'importante è il coito sempre possibile, le donne sempre a disposizione del desiderio dei maschi irresponsabili. È stato dato un significato folle al termine libertà sessuale, dimenticando che libertà non vuol dire fare qualsiasi cosa ci venga in mente, libertà è la capacità di assumersi la responsabilità di quel che si sta facendo. In tutta la storia dell'umanità, dato che dalla sessualità potevano nascere dei figli, essa era riservata all'età adulta. E la sessualità deve essere riservata all'età adulta, non è una cosa né per ragazzi né per ragazzini, perché può essere una distruzione di sé e dell'altro. E anche perché può essere meravigliosa, ma solo una personalità adulta ne può capire la meraviglia. In mano a ragazzi e ragazzini nella migliore delle ipotesi sarà sperperata, nel caso più probabile farà del male. Il passaggio dall'adolescenza all'età adulta era segnato da uno specifico rito e solo dopo quel rito si accedeva alla sessualità. Ora i riti di passaggio sono stati aboliti. Il risultato è un'adolescenza squallidamente infinita. Prima degli ultimi 50 anni, anche nella letteratura, una persona di 20 o 22 anni veniva definita un uomo o una donna, non un ragazzo. Oggi non ci sono più riti di passaggio, cioè la sessualità può essere fruita già nell'adolescenza, periodo in cui una persona non è adulta, non guadagna, non si assume responsabilità. Detto in parole molto povere, se posso godere della sessualità già nell'adolescenza, chi me lo fa fare di diventare adulto? «Sono un ragazzo di 39 anni» è una frase paradigmatica squisitamente postmoderna. Sono un ragazzo di 45 anni. A 45 anni si è di mezza età. Un uomo di mezza età. Ma la parola uomo terrorizza. Come la parola donna. Andiamo sul facile. Sono una ragazza di 50 anni. L'accesso alla sessualità in maniera adolescenziale non è nemmeno tanto divertente: crea complessi e fa morti e feriti. E il suo ultimo dono avvelenato è la tentazione di prolungare l'adolescenza a vita. Uno strazio. Diventare uomini e donne che si lanciano nella straordinaria avventura di avere dei figli in fondo fa paura. I miei più cari auguri per la vostra vita. Che tutti quelli che sono tecnicamente in grado di farlo abbiano un bambino. L'augurio e la benedizione da sempre (verificate nella Bibbia) è «avrai una discendenza numerosa». La maledizione per eccellenza è «morirai senza progenie». Quella era gente seria, che sapeva ciò che diceva. Che siate tutti benedetti. E se non ve lo potete permettere, tranquilli, abbiate fede, arriverà San Nicola con il paniere. Difficile che siate più scannati di quanto fossero nel VI o nell'XI secolo. O semplicemente durante la Seconda guerra mondiale, quando i bambini nascevano sotto i bombardamenti. E in qualche maniera sono cresciuti. E sono vivi.
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