2018-12-28
L’Inail taglierà le tariffe del 30% alle imprese grazie al tesoro in cassa
I 34 miliardi in pancia all'istituto permetteranno maggiori sgravi. Ma anche più tutele ai lavoratori per infortuni gravi e decessi.Ingiustamente sottovalutato - tra le misure pro impresa approvate dal governo gialloblù - c'è un poderoso intervento di taglio delle esose tariffe Inail (in altre parole, i premi contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), dossier al quale ha lavorato in particolare il sottosegretario Claudio Durigon, che ha confermato alla Verità i dettagli dell'operazione. La buona notizia è che le tariffe saranno tagliate fino al 30%.Ci sono due fattori che hanno concorso a questa svolta positiva, attesa da anni. Il primo è che l'istituto è letteralmente pieno di soldi: come raccontato a suo tempo da questo giornale, l'Inail ha chiuso il bilancio consuntivo del 2017 con un avanzo di 1,63 miliardi, e trascinandosi - a quella data - un incredibile avanzo amministrativo di 34,2 miliardi. C'è dunque enorme spazio per chiedere alle aziende di pagare meno: e il taglio riguarderà ogni tipo di impresa, dall'industria all'artigianato, dal terziario all'agricoltura, passando per la navigazione marittima. Si è infatti creata da molti anni una situazione abbastanza paradossale: siamo in presenza di un ente che, da tempo, incassa regolarmente circa 10 miliardi di contributi dalle imprese, e contemporaneamente ne spende almeno due di meno. È dunque possibile rivedere le tariffe del 2000, e quindi operare un significativo taglio di tasse, senza per nulla comprimere (anzi: potendo estendere, come vedremo) i trattamenti e i benefici per gli infortunati e i loro familiari. Insomma, una situazione win win (meno tasse sulle imprese, e più assistenza a chi subisce un infortunio) che è stata ora realizzata dal governo. Il secondo fattore che ha giocato in modo positivo è la riduzione secca degli infortuni che si è registrata negli ultimi due-tre decenni: nella relazione tecnica predisposta dal governo si legge che «l'andamento infortunistico degli anni Novanta è di circa il 40% superiore rispetto a quello registrato nell'ultimo triennio preso in considerazione (2013-2015)»: si è scesi da 1 milione a 600.000 infortuni. Va anche considerato, al di là del mero dato numerico, che tutto l'apparato di assicurazione e protezione faceva riferimento a un contesto produttivo del Paese ormai superato, con un grande cambiamento nelle lavorazioni (e nei relativi rischi). Naturalmente, l'intervento del governo prevede anche un meccanismo di costante monitoraggio - che l'Inail dovrà effettuare dandone puntuale comunicazione ai ministeri che vigilano sull'istituto - sia sul piano economico-finanziario, sia su quello delle prestazioni erogate, per verificare che su entrambi i fronti si dispieghino davvero gli effetti positivi ipotizzati. Detto del taglio di tasse sulle imprese, veniamo all'incremento dei trattamenti per le vittime di infortunio, fino ai casi più dolorosi. In caso di morte del lavoratore dovuta a infortunio o malattia professionale, è previsto un assegno una tantum, il cosiddetto «assegno funerario» (per il coniuge, i figli, o per chi dimostri di aver sostenuto le relative spese): la proposta è di salire dagli attuali 2.160 euro a 10.000 euro, nel decennio che va dal 2019 al 2028. Sempre in caso di decesso del lavoratore, si interviene al rialzo anche rispetto ai trattamenti (non una tantum) sempre indirizzati al coniuge superstite (fino alla morte o a nuovo matrimonio) e ai figli (fino ai 18 anni di età).Per ciò che riguarda infine la tutela rispetto al cosiddetto danno biologico, è stata proposta una consiste revisione al rialzo delle tabelle per ciascun grado di menomazione permanente, prevedendo un maggior onere che già nel 2019 sarà di 43 milioni di euro, e salirà via via fino a 117 milioni di euro nel 2028. Come si vede, a fronte di una spesa minore per le aziende, trattamenti più cospicui per le vittime. Un doppio segnale positivo.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».