2020-09-16
Omicidio di don Roberto Malgesini, l’imam vive lì: «Siete troppo buoni»
Safwat El Sisi, volto noto della comunità islamica: «Qua sono tutti sbandati, dicevo a Roberto: “Loro sporcano e tu pulisci". Anche la polizia arriva e allarga le braccia».«Fino a qualche ora fa non sapevo che fosse un prete». Safwat El Sisi, architetto egiziano e già storico imam della comunità islamica di Como, abita a pochi metri dal luogo dell'omicidio. Piazza San Rocco, la sua casa e la sua tortura. Quante volte negli ultimi anni ha denunciato il degrado del luogo, con gli extracomunitari che bivaccano, fanno i bisogni e litigano fino a notte alta. Don Roberto aveva una parola buona per tutti. «Troppo buona, solo buona. Glielo dicevo, loro sporcano e tu pulisci. E lui rispondeva: poverini, sono disperati. Io allora rilanciavo: ma sono adulti, non bambini. Non puoi trattarli così, vadano a lavorare. Pensavo che lavorasse per la chiesa ma non sembrava un sacerdote, non aveva mai la veste. Era umile, sempre disponibile. L'ho incontrato tre giorni fa». C'è qualcosa di insondabile nell'omicidio di don Roberto Malgesini, lo stupore di chi sembra fuori dalla realtà. A Como il problema dei migranti sembra essere un'emergenza a geometria variabile, che riguarda l'accoglienza e non l'ordine pubblico. Lo stesso questore, Giuseppe De Angelis, aveva rassicurato tempo fa negando la presenza di irregolari. E invece proprio un irregolare ha sgozzato il sacerdote.El Sisi lo ha visto dalla finestra mentre arrivavano i primi soccorsi. «Alle 7.30 ho sentito le sirene. Pensavo a una rissa tra africani. Mi sono affacciato e ho notato che poliziotti e infermieri stavano attorno a un uomo di carnagione molto bianca. Ho aperto i siti locali e ho scoperto che era lui. Qui in Italia la situazione è molto complessa, credo di conoscerla perché sono nel vostro paese dal 1968. Purtroppo il popolo italiano ha il senso della bontà diverso dagli altri europei, molto più spiccato. E secondo me è un difetto. Quando arrivano i poliziotti in piazza San Rocco, dico loro: fate rispettare l'ordine pubblico. Loro allargano le braccia. Rispondono: “Abbiamo le mani legate"». Qualche tempo fa, lui che aveva litigato con la Lega di Umberto Bossi, parlando dell'accoglienza diffusa e degli immigrati di seconda generazione si era lasciato scappare: «Chi mi difende? L'unico che pensa a queste cose è rimasto Matteo Salvini». Oggi la frase risuona grave, beffarda. El Sisi puntualizza il senso: «Dobbiamo essere fratelli, l'unica distinzione intoccabile è quella del credo religioso. Per il resto bisogna essere buoni con chi lo merita, ma voi italiani siete buoni con tutti e vi è più difficile cambiare registro. Dovete imparare la lezione e non regalare casa vostra a tutti, prego si accomodi. Chi entra deve rispettare le regole ma chi non è degno riportatelo indietro. Ricordatevi che avete dei doveri innanzitutto nei confronti dei vostri figli». Parte subito la grancassa del confronto politico. Da una parte Salvini sottolinea: «Gli irregolari bisogna rispedirli a casa». L'associazione Como Senza Frontiere non trova di meglio che prendersela con il Comune: «Il cordoglio non ci basta, don Roberto è stato lasciato solo dalle istituzioni». El Sisi, con la saggezza dei suoi 72 anni, la chiude così: «Non scappate dalla realtà. Questo non è un caso politico, questo è un assassinio».