2022-04-17
Licenziato Puzzer, leader dei no pass. «Una ritorsione, colpito un simbolo»
Il provvedimento dell’azienda per «giusta causa»: il portuale si sarebbe rifiutato di tornare al lavoro pur essendo guarito dal Covid. La replica: «Sono a casa da ottobre, sospetto che si siano mossi solo ora».Licenziato per «giusta causa». Con questa motivazione Stefano Puzzer, il leader delle proteste al porto di Trieste e simbolo dei tanti contrari al passaporto sanitario, è stato silurato dall’Alpt, acronimo che sta per Agenzia dei lavoratori portuali di Trieste. A dare la notizia è stato ieri lo stesso quarantaseienne, attraverso un video di 12 minuti su Facebook. «Sono tornato a casa verso le 16:30 dopo essere stato dall’avvocato», ha spiegato, «per chiedergli se c’erano novità riguardo al lavoro, ho trovato il postino ed aveva una raccomandata da recapitarmi».Di lì la triste scoperta: «Ho preso la raccomandata, l’ho aperta trovando una lettera della mia azienda: c’era scritto che sono stato licenziato». Una decisione che la citata azienda ha preso dopo aver inviato al portuale più lettere di contestazione, esortandolo a tornare al lavoro perché guarito dal Covid e dunque in possesso di green pass. Il punto è che Puzzer, come noto, ha più volte annunciato che non si sarebbe presentato al lavoro fino allo stop al certificato verde. E tutt’ora, nonostante le difficoltà incontrate nell’informare la sua famiglia del licenziamento, non pare rassegnato, anzi. Promette battaglia sottolineando l’intenzione di fare ricorso, battendosi «con tutte le forze contro la decisione dell’azienda».Per capire meglio sia le sue prossime mosse sia cosa ora passa nella testa al leader dei no green pass, La Verità lo ha contattato. Come già aveva detto nella diretta su Facebook, Puzzer non è sorpreso della decisione della sua azienda. «Ormai in questo momento possiamo aspettarci di tutto», spiega con un tono certo non spensierato che però non gli impedisce di dare una lettura nitida di quello che gli sta capitando.«Se guardiamo le cose come se fossimo una democrazia e come se ci fosse giustizia», puntualizza alla Verità il portuale più famoso d’Italia, «questo licenziamento è totalmente un sopruso, una mossa politica. L’intenzione è infatti chiara: quella di tagliare la testa a un simbolo». Ma lui, il simbolo a rischio decapitazione, non ci sta: «Dal mio punto di vista, non ho fatto nulla di che, anzi: ho sempre rispettato le regole. E adesso prepareremo un pool di avvocati per fare assolutamente ricorso».A spingere Puzzer a considerare una «mossa politica» il suo licenziamento sono anzitutto le tempistiche, che gli paiono singolari: «Io sono a casa dal 15 di ottobre scorso e si sono svegliati adesso: già questo fa pensare». Alla base dell’intenzione di ricorrere contro questo provvedimento, com’era prevedibile, c’è sì la volontà di portare avanti una battaglia, ma non solo. Il portuale triestino sa già quali carte intende giocare nell’impugnare il suo licenziamento: «La legge dice che, se io non sono in grado di esibire il green pass, posso non andare a lavorare. Ed io mi ero già difeso dicendo, appunto, che non ero in grado di esibire il green pass».Un ragionamento che il capo carismatico di tutti i contrari al passaporto green, insieme ai suoi legali, intende riproporre ora senza particolare timore: «Tutto questo non mi preoccupa. Anzi, è un ulteriore autogol che hanno fatto». Quest’«ulteriore», ovviamente, non è casuale. Risale infatti al primo di aprile la notizia che il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento di Daspo emanato lo scorso autunno ai danni proprio di Puzzer. Nel prendere tale decisione, il Tribunale amministrativo regionale ha pure condannato «il ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente e le liquida nella misura di euro 1.000,00 oltre accessori di legge».Quando si chiede però al portuale triestino se ritenga che il suo ricorso contro il licenziamento andrà a buon fine, egli evita toni trionfalistici mantenendo il suo pragmatismo, che sfuma nella prudenza. «Io non sono fiducioso. In questo periodo non si può essere fiduciosi di nulla», dichiara infatti, subito aggiungendo: «Ma sono coerente e, quindi, andrò avanti con questa battaglia».A quale «battaglia» alluda è ovviamente scontato: «Io ho sempre detto che il green pass non è nulla di sanitario ma è solamente uno strumento di controllo politico ed economico». In effetti, pur molto ridimensionata, la pandemia non risulta superata, mentre almeno il super green pass pare destinato ad andarsene definitivamente in soffitta e pure la sua versione base appare sempre meno appoggiata. Ecco che allora, proprio quando i tribunali e il tempo hanno iniziato a dar ragione a Puzzer, a costui è arrivata la stangata del licenziamento. Un atto che, per quanto motivato - ma questo dovranno essere i giudici a confermarlo -, pare difficile considerare casuale. Di certo non lo è per l’interessato che, come detto, sta studiando le sue contromosse: «Voi mi avete dato questo uovo di Pasqua e io vi darò la sorpresa».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)