2021-05-13
«Libertà a rischio. Sovranismo non è reato»
Marco Gervasoni e Sergio Mattarella (Antonio Masiello/Getty Images)
Il docente indagato per vilipendio al capo dello Stato: «Ho usato un social russo, non è vietato. Antisemita? Io sto con Israele. Gli amici su Fb non sono un'associazione a delinquere. Colpendo un professore universitario hanno voluto alzare il tiro».Il clima è adatto per la riconferma al Colle. Mancano ancora i candidati alternativi.Lo speciale contiene due articoli. Il giorno dopo, i contorni della vicenda sono più chiari. Ora sappiamo che Marco Gervasoni e Francesca Totolo sono indagati per offesa all'onore e al decoro del presidente della Repubblica e non per istigazione a delinquere. Tra loro e gli altri nove indagati che ieri sono balzati all'onore delle cronache - accusati di aver messo a punto una strategia per attaccare le più alte cariche dello Stato - pare non ci siano legami. E persino le «fonti vicine agli inquirenti» escludono che esista una «regia» dietro gli insulti social a a Sergio Mattarella. Intanto, però, il professore di Storia e l'influencer sono finiti su tutti i giornali, presentati come appartenenti a una pericolosa rete di estrema destra che aggrediva il presidente della Repubblica. A leggere certi resoconti, sembrava quasi che gli investigatori avessero scoperto una sorta di Spectre sovranista dedita a complottare contro il Colle. Eppure gli interessati raccontano una storia piuttosto diversa, che è il caso di riportare. Gervasoni, che cosa è successo? «Martedì, poco prima delle 7 del mattino, è venuta a casa mia una squadra di Carabinieri. C'erano quattro dei Ros di cui due tecnici e altri due carabinieri. Mi hanno notificato il reato di cui sono accusato, vilipendio al capo dello Stato, e poi hanno iniziato a scaricare i dati dei miei dispositivi come richiesto dal pm. Sono stati molto solerti, gentili e disponibili. Poi hanno portato via i miei due computer, perché erano già le 21 e non avevano ancora finito. Non potevo essere io a sequestrare i Ros…». Dicono che lei abbia insultato il presidente Mattarella. Si sono lette sui giornali frasi molti spiacevoli. Le ha scritte lei?«No, nella maniera più assoluta. E non capisco come si sia potuto arrivare ad attribuirmi frasi di questo genere». E allora che cosa le contestano? «Non lo so. Mi è stato detto solo che sono stato indagato per vilipendio in base alla mia attività social su Twitter. Non mi sono stati indicati tweet incriminati, né è stato specificato l'arco di tempo in cui li avrei pubblicati. Dunque non so come si sarebbe concretizzato questo vilipendio. Chiederò gli atti quando saranno disponibili». Gli inquirenti scrivono di offese al capo dello Stato ma anche ad «altre figure istituzionali». «Non ho capito quel passaggio. Anche perché per altre cariche non esiste reato di vilipendio…». Chiariamo: a lei è contestato solo il vilipendio? Perché sui giornali si è parlato anche di istigazione a delinquere. «Mi hanno contestato solo il vilipendio». Ho guardato i suoi tweet, ancora disponibili online. Ho visto critiche anche molto pesanti, ma non - cosi mi pare - insulti. «Qui stiamo parlando di una materia molto sottile, l'espressione del pensiero. Se qualcuno ritiene che le critiche politiche siano insulti… Non dovrebbe funzionare così in un regime liberaldemocratico. Io ho scritto che Mattarella è il secondo peggior presidente della Repubblica. È un giudizio molto duro, che può essere contestato, ma non mi pare che sia vilipendio». Ha scritto anche che sarebbe il «capo del regime sanitocratico»...«Sanitocratico è un termine che utilizzavo anche nei miei editoriali. Regime è un termine che appartiene alla scienza politica, non ha una connotazione negativa. Non stiamo parlando di insulti». Conosce qualcuno degli altri indagati? «Conosco solo Francesca Totolo, ci siamo visti un paio di volte e siamo in contatto. Gli altri non so chi siano. I loro nomi non sono stati divulgati, ma vedendo i profili che sono stati presentati sui giornali non mi risulta di conoscerli. Ho letto da qualche parte che sarebbe indagato anche il direttore di ImolaOggi, ma non lo conosco». Sui giornali si legge che lei farebbe parte di ambienti a «vocazione sovranista». «Io ho scritto nel 2019 un libro che si intitola La rivoluzione sovranista. Ma mi definisco un conservatore, scrivo molto su questi temi, sia sui giornali cartacei che online. Sovranista bisognerebbe capire che cosa significhi, e in ogni caso esserlo non è reato. Per quanto mi riguarda non appartengo ad alcuna rete organizzativa, né segreta né pubblica». Scrivono i giornali che lei frequenterebbe ambienti di estrema destra.«Anche qui, che cosa vuol dire? Secondo alcuni persino Fratelli d'Italia sarebbe un partito di estrema destra, anche se per me una cosa del genere è una fesseria. Con estrema destra si indicano Casapound o Forza Nuova? Io non ho a che fare con quel mondo, anche se sono stato ospite di Cpi come molti altri intellettuali. In ogni caso, mica stiamo parlando di organizzazioni clandestine: sono legali». Lei è iscritto al social network russo Vkontakte?«Sì. È il Facebook russo, mica è illegale. Mi ero iscritto per curiosità nel 2019, poi dopo un po' ho smesso di frequentarlo. I Ros hanno scaricato materiale anche su quello».Continuo con le accuse. Scrivono che lei sarebbe in contatto con gruppi antisemiti. «Guardi, uno degli ultimi post che ho fatto su Vkontakte aveva come hashtag “stiamo con Israele". Io legato agli antisemiti? Direi proprio di no. Ma questa storia è chiara: se sei di estrema destra allora sei anche antisemita, pure se il collegamento non è affatto scontato. Io comunque non sono né l'uno né l'altro». Insisto. Dicono che lei sia in contatto con suprematisti. «Non so bene che cosa si intenda con quel termine. I suprematisti sono una tendenza americana razzista con cui non ho nulla a che fare. È una cosa totalmente fuori luogo». Magari loro seguivano lei sui social o lei seguiva loro…«Se uno mi chiede l'amicizia gli devo fare lo screening ideologico? Se l'associazione a delinquere si estende agli amici sui social andiamo male. Su Facebook ho 5.000 amici e 21.000 follower, faccia lei». Le hanno chiuso i profili?«I miei profili sono visibili ma sono stati tecnicamente sequestrati e io non posso accedervi. Parlo di Twitter, Facebook e Instagram». Che pensa di tutta questa storia? «Faccio una valutazione di contesto. La libertà di parola si sta restringendo ovunque nei Paesi liberali. O per meglio dire si sta restringendo per persone che dicono determinate cose. Non risultano grandi interventi di chiusura dei profili di chi insulta Giorgia Meloni o Matteo Salvini, ma qui è la solita questione dei due pesi e due misure». Appunto. Veniamo allora all'indagine che la riguarda. «Riguardo al mio caso specifico, mi pare che un tempo questo tipo di indagini toccassero persone più, diciamo, borderline, non professori universitari. Mi sembra che si stia un po' alzando il tiro. E magari, da ieri, un mio collega che volesse criticare Mattarella eviterà di farlo. Sia chiaro: mica dico che il presidente c'entri qualcosa, in casi come questi il pm procede d'ufficio, non serve una denuncia. Di sicuro c'è che io ritengo di non essere colpevole del reato per cui sono indagato».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/liberta-a-rischio-sovranismo-non-e-reato-2652964632.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quattro-indizi-fanno-una-prova-mattarella-corre-per-il-bis" data-post-id="2652964632" data-published-at="1620844967" data-use-pagination="False"> Quattro indizi fanno una prova. Mattarella corre per il bis Nei palazzi della politica e negli altri luoghi della Roma del potere, ci sono segnali non troppo difficili da decodificare. Non è nemmeno necessario presupporre chissà quale regia: le cose accadono, e poi sta all'intelligenza di alcuni e all'interesse di altri collegarle e metterle in una certa sequenza, con la ragionevole probabilità di produrre un certo effetto, anzi di renderlo perfino naturale, «inevitabile». Proviamo a mettere in fila quattro episodi in quattro giorni. Il primo è avvenuto il 9 maggio scorso, quando, in occasione del Giorno della memoria delle vittime del terrorismo, il presidente Sergio Mattarella ha concesso una lunghissima intervista al direttore di Repubblica Maurizio Molinari. Nella sostanza, nulla di particolarmente eclatante, anzi contenuti per molti versi assai condivisibili: il dovere di non dimenticare, una generale e completa richiesta di verità, e un invito a procedere nel recupero dei colpevoli tuttora latitanti all'estero. Ma è la forma a colpire: in un settennato, uscite mediatiche di questo rilievo di un inquilino del Quirinale si contano su poche dita di una sola mano. E tutto dà la sensazione di un presidente saldamente al centro della scena: si rivolge a Emmanuel Macron per ringraziarlo, si fa carico dei sentimenti dei familiari delle vittime, si assume anche il compito ambizioso di una ricostruzione storica. Altro che un capo dello Stato a fine corsa, a un fazzoletto di settimane dall'inizio del semestre bianco. Secondo episodio. L'altro ieri (La Verità se n'è occupata con rilievo e forte preoccupazione per la libertà d'espressione), si è svolta con modalità spettacolari una serie di perquisizioni in tutta Italia, contro persone sospettate di offese verso il presidente della Repubblica. A onor del vero, in diverse ricostruzioni giornalistiche, si è creato un gran minestrone, mescolando minacce inqualificabili che qualcuno avrebbe scritto («Devi morire, farai la fine di tuo fratello») e - invece - il coinvolgimento di altre persone (un accademico, una giornalista) a cui non si attagliano di certo intenti di violenza o addirittura di cospirazione, ma semmai, l'espressione - magari discutibile nella forma o nella sostanza - di critiche dure, abrasive, di giudizi politici severi. Insomma, da qui a immaginare «legami con l'estremismo», ce ne corre. E invece, guardando la tv o leggendo molti quotidiani, un telespettatore o un lettore distratto ricaverebbero l'idea di un presidente oggetto, se non di un attentato, di un'aggressione pericolosa. Con tanto di mostrificazione mediatica delle persone a vario titolo coinvolte. Terzo episodio. Da giorni, non si contano più le interviste a politici, i retroscena, i commenti, che, in vista della corsa al Quirinale, a volte esprimendo un auspicio, altre volte immaginando la volontà presunta dell'interessato, tendono a escludere Mario Draghi dal novero dei candidati. Tutto ciò avviene, in genere, coprendo il premier di elogi, e usando un argomento che – in un colpo solo – serve a commissariare futuri governi politici e a espellere l'ex governatore Bce dalla gara: visto che ha impostato il Recovery Plan e che l'Europa si fida di Draghi, dovrà essere ancora lui a realizzarlo. Quarto e ultimo episodio. L'altro giorno al Quirinale Piero Angela è stato insignito di un'altissima onorificenza. E però, sui quotidiani, è stata veicolata una curiosa indiscrezione, quella di Angela che avrebbe detto al presidente: «Deve ricandidarsi, serve il bis. È una persona amata, stimata, e rappresenta il Paese. Una sua rielezione sarebbe importante». Nel titolo di Repubblica si leggeva addirittura: «L'appello di Piero Angela». Come nei giochi di enigmistica, il lettore provi a unire i puntini e a vedere che figura esce fuori. Lo ripetiamo ancora: non c'è bisogno di immaginare chissà quale callida regia. Ma è in corso la creazione di un clima, e qua e là si sta arando il terreno affinché, tra tanti litiganti a sinistra e nessuna candidatura ancora ipotizzata a destra, una certa soluzione si imponga da sé. E tuttavia sarebbe davvero anomalo se per due volte consecutive, e al termine di mandati lunghissimi, anche Sergio Mattarella, come Giorgio Napolitano, fosse chiamato a succedere a sé stesso.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)