2021-04-25
La liberazione che serve all’Italia è quella dalla dittatura della paura
Mentre si celebra il 25 aprile, i soliti virologi cercano di frenare le micro aperture in arrivo. Come sempre colpevolizzando i cittadini e approvando divieti sbagliati. Anche se sempre più studi bocciano il lockdown.Con grande prontezza di riflessi, Gianni Rezza e Silvio Brusaferro, rispettivamente direttore della Prevenzione al ministero della Salute e presidente dell'Istituto superiore di sanità, si sono premurati di spiegare agli italiani che «le riaperture non vanno viste come un "liberi tutti"». Posto che il ritorno delle zone gialle - seppur con qualche restrizione in meno per bar e ristoranti - non è esattamente una «riapertura», forse è il caso di far presente ai due luminari che la libertà per tutti è esattamente ciò che ci aspettiamo, e a cui abbiamo diritto. Possiamo persino accordarci sui termini: non vi piace «liberi tutti» perché ha un piglio troppo anarchico? E allora diciamo pure «tutti liberi». Ma il nodo è sempre lo stesso: gli esperti al servizio del governo, i nostri politici e i tecnici di ogni ordine e grado hanno il dovere di lavorare al massimo delle loro possibilità per un preciso obiettivo. Il ritorno della libertà, per tutti.Certo: Rezza, Brusaferro e tutti i loro illustri colleghi potrebbero rispondere che stanno già lavorando per farci tornare liberi, che da oltre un anno non c'è altro pensiero nelle loro teste. Tuttavia, al netto delle belle parole, i fatti parlano abbastanza chiaro. Se la libertà fosse davvero il primo e comune obiettivo, non avremmo assistito a grottesche discussioni sull'opportunità del coprifuoco. Non sentiremmo di nuovo parlare dell'estate 2020 e delle follie in discoteca, non ci toccherebbe sentire - per l'ennesima volta - le tirate arroganti dei primari da talk show contro gli «scriteriati aperturisti» che vogliono mandarci al massacro. Il fatto è che della parola «libertà», in questi mesi, si è fatto volutamente un uso sbagliato. La si maneggia come se si trattasse di un capriccio dei sovranisti bambinoni che s'impuntano per far polemica. «Ci vogliono cautela e gradualità rispetto al rilassamento delle misure», dice Brusaferro. «Bisogna responsabilizzare le persone», aggiunge Rezza. Ma scusate, cari professori, da quando «libertà» equivale a «dissennatezza»? Chi, e con quale autorità, ha decretato che gli italiani siano incapaci di autogestirsi tanto da avere bisogno delle balie di Stato? Sergio Mattarella, ieri, ha dichiarato che il 25 aprile è la «festa della libertà di tutti gli italiani». E ha aggiunto: «Ora più che mai è necessario rimanere uniti in uno sforzo congiunto che ci permetta di rendere sempre più forti e riaffermare i valori e gli ideali che sono alla base del nostro vivere civile, quel filo conduttore che, dal Risorgimento alla Resistenza, ha portato alla rinascita dell'Italia». Splendido discorso. Però domandiamo: che fine fanno questi «valori e ideali» nel momento in cui il perimetro di significato del termine «libertà» viene costantemente ridefinito? Descrivere la libertà come la possibilità di agire fuori da ogni limite, senza freni e senza ragione, è una delle mistificazioni ideologiche più pericolose del nostro tempo. Il pensiero globalizzante tenta da anni di convincerci che la libertà sia soltanto assenza di impedimenti, di confini e barriere. Ma la grande tradizione culturale europea e occidentale insegna - con Simone Weil - che soltanto in presenza di un limite non vi è oppressione. Soltanto rispettando i confini c'è libertà vera, ha aggiunto di recente Frank Furedi. Libertà e responsabilità si sostengono a vicenda, ed è per lo meno ingeneroso decretare che gli italiani lo abbiano dimenticato. Soprattutto perché, da un anno a questa parte, hanno dato prova del contrario. No, il nostro popolo non è di colpo diventato totalmente irresponsabile. A credersi slegata da ogni vincolo è, piuttosto, la scienza quando, da metodo, si riduce a ideologia. Da qualche tempo sono tanti, troppi, gli scienziati che si arrogano il diritto di superare limiti e confini, e che si comportano come se fossero legislatori, moralizzatori, censori o addirittura sacerdoti. Sono, guarda un po', proprio questi «esperti» e «competenti» - assieme ai politici che si fanno scudo delle loro esternazioni -a definire irresponsabili e incoscienti i cittadini ogni volta che si permettono di contestare le restrizioni, anche qualora esse si siano dimostrate inutili, infondate e dannose. Sul prestigioso quotidiano britannico Telegraph, Martin Kulldorff (professore di medicina ad Harvard) e Jay Bhattacharya (professore di medicina a Stanford) sono stati piuttosto chiari a riguardo. «Un anno fa», hanno scritto, «non c'erano prove che i lockdown avrebbero protetto le persone anziane ad alto rischio dal Covid-19. Ora le prove ci sono. Non l'hanno fatto. Con così tante morti per Covid-19, è ovvio che le strategie di chiusura non siano riuscite a proteggere gli anziani». Secondo i due medici si tratta del «più grande fiasco riguardo la salute pubblica della storia». E sentite che cosa aggiungono: «Alcuni scienziati, politici e giornalisti si lamentano del fatto che le persone non rispettino sufficientemente le regole. Ma incolpare la popolazione è sbagliato. Mai nella storia dell'umanità la popolazione si è sacrificata così tanto per ottemperare ai mandati di sanità pubblica». Kulldorff e Bhattacharya notano che «i sostenitori dei lockdown cercano di accusare anche gli scienziati che si sono opposti alle chiusure». E concludono: «L'errore principale nel pensiero pro lockdown è che più restrizioni portino automaticamente a meno morti. Questo ragionamento mostra un'incredibile ignoranza dell'epidemiologia di base delle malattie infettive. Un esempio tra i tanti è la chiusura delle università la scorsa primavera, che ha mandato gli studenti a casa a vivere con familiari più anziani a più alto rischio».Ed eccoci al punto. La libertà non è semplicemente assenza di restrizioni. Saremo liberi - tutti - quando saranno tolte restrizioni sbagliate, cioè ingiuste e motivate soltanto da ragioni di bassa politica. Se ciò non avverrà, «libertà» rimarrà soltanto una bella parola senza significato di cui riempirsi la bocca per accusare il nemico ideologico.
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