2022-02-18
Pure i liberal Usa criticano Trudeau. Ma per quelli europei è un apripista
Il ricorso alle leggi speciali e l’aggressione ai conti corrente dei manifestanti canadesi preoccupano persino il «New York Times». Nell’Ue che prepara l’euro digitale, invece, viene visto come un modello.Venti giorni fa, dalle regioni occidentali del Canada, sono partiti in contemporanea convogli di camion diretti a Ottawa. Stanchi di sottostare alle vessazioni del pass e dei tamponi, resi obbligatori lo scorso anno anche solo per transitare da uno Stato all’altro, i camionisti, una volta raggiunto il Parlamento nella capitale, hanno cominciato a fare sit in, bloccare strade e persino il celebre ponte che collega l’Ontario agli Usa e dal quale transita un quarto dei commerci tra le due nazioni. Le proteste sono state pacifiche.Qualche atto di tensione (inevitabile) è stato subito montato dalla stampa europea sul modello dell’assalto a Capitol Hill. In realtà, proprio l’atteggiamento civile dei camionisti ha convinto migliaia di altri cittadini a scendere per strada e fornire beni di conforto: cibo e benzina. Sono stati raccolti fondi. Di fronte alla convinzione dei cittadini canadesi, il primo ministro Justin Trudeau prima ha mossa la polizia, poi ha cercato di dissuadere altri cittadini a unirsi alle proteste. In alcune località è diventato illegale distribuire taniche di benzina e persino la piattaforma di crowdfunding Gofundme è stata costretta a restituire al mittente i 10 milioni di dollari donati per la causa. Con la scusa che la destinazione finale non sarebbe rientrata nelle attività di charity. Nulla da fare. A quel punto si sono mossi anche i sindacati della categoria e alcuni imprenditori. La polizia è stata chiamata a sgomberare il ponte Ambassador dopo una paralisi costata almeno 300 milioni di dollari. Il minimo se si considera la scelta di democrazia che i camionisti stanno portando avanti e veicolando. A quel punto il premier, quattro giorni fa, annuncia l’intenzione di applicare l’Emergencies act. Addirittura i poteri speciali. Unico precedente nel dopoguerra risale al 1970, quando a governare c’era il babbo di Justin, Pierre Trudeau. Con la differenza che, negli anni Settanta, il Canada affrontò veramente la crisi del terrorismo. Così, se il Parlamento approvasse lo stato di emergenza, il premier più pettinato tra i socialdemocratici potrà applicare «misure temporanee speciali per garantire la sicurezza durante le emergenze nazionali e per modificare altre leggi in conseguenza di ciò». E mentre il governo dell’Ontario ha mostrato il primo cedimento, annunciando la revoca del Covid pass, quello federale ha spinto il piede sull’acceleratore del controllo anti democratico. In pratica i manifestanti fermati o schedati subiranno il congelamento degli account bancari o delle carte di credito. Un modo estremamente invasivo per imporre un pensiero e vietare ciò che sta alla base di ogni democrazia: protestare contro norme giudicate sbagliate. «Non ci sono minacce che ci spaventeranno. Terremo la linea. L’amore sconfiggerà sempre l’odio», ha affermato lunedì in una conferenza stampa una delle organizzatrici del Freedom Convoy, Tamara Linch. Trudeau ha dichiarato invece di non voler ricorrere all’esercito, affermando di «non star impedendo alle persone di esercitare il loro diritto di protestare legalmente ma di star rafforzando i principi, i valori e le istituzioni che mantengono liberi tutti i canadesi». La miglior risposta è arrivata dal magnate di Tesla, Elon Musk. Munito di uno stuolo di avvocati ha pubblicato sui social un card raffigurante Adolf Hitler che si lamenta del confronto con Trudeau. Un personaggio che ricorda da vicino la carriera del nostrano Beppe Sala, tra calzini arcobaleno e idee green più che invasive. A bacchettare Trudeau per le violazioni che sta mettendo in atto c’è però solo una parte della stampa Usa. Ad esempio il New York Times si è dilungato in una interessante analisi sugli eccessivi poteri messi in atto da un governo federale. Il mondo americano ha una sensibilità maggiore rispetto a noi sugli equilibri tra governo centrali e Stati che regolano la vita quotidiana. Ma c’è anche un altro tema. Trudeau è finito sulle prime pagine dei giornali europei ed italiani quando nel 2020 si trattava di prendere in giro Donald Trump e mettere a confronto le due pettinature. Trudeau oggi appare in realtà essere non molto più di un parrucchino e un figura che impone vincoli sempre più stringenti per evitare il crollo di un racconto, il crollo di uno storytelling che tiene in piedi una visione artificiale. Che tiene in piedi non tanto il governo canadese ma la socialdemocrazia in giro per il mondo. L’Europa tace su Trudeau perché in fondo egli mette in pratica ciò che funzionerà benissimo grazie al green pass. E grazie alla trasformazione digitale del Vecchio Continente. Ne abbiamo scritto più volte. Già a febbraio 2020, prima dell’avvio della pandemia, Bruxelles ha stilato i pilastri del futuro digitale dell’Ue. L’obiettivo dichiarato è fornire ai cittadini identità digitali che viaggino sui sistemi di blockchain. Esattamente le piattaforme che veicolano il green pass e che in futuro potranno consentire l’introduzione dell’euro digitale. Se già oggi in Canada è possibile bloccare gli account bancari di chi protesta (ieri le banche sono guarda caso rimaste in blackout come per evitare potenziali fughe), pensate cosa sarà possibile fare con l’euro digitale che, sebbene formalmente al portatore, sarà totalmente manipolabile dalle banche centrali. A chi protesta, multa automatica e congelamento delle disponibilità con disattivazione del green pass. Lungi da noi essere distopici. Ma sarebbe bene discutere oggi di come vogliamo trasformare la democrazia, prima di scoprire che qualcuno l’ha deciso al posto nostro. Senza consultarci.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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