2019-05-09
L’ex sottosegretario: «Non ho preso soldi. L’eolico lo volevano quelli del Movimento»
Armando Siri ha consegnato ai pm documenti bancari, messaggi e chat. «Consorzio in odor di mafia? Certificato dal Mise di Di Maio».Matteo Salvini apre il fronte su Roma: «Il sindaco è al suo posto da anni eppure mi risulta sia indagata. Evidentemente ci sono colpe di serie A e di serie B».Lo speciale contiene due articoli. «Mi sono occupato di eolico in modo del tutto trasparente e rispettando alla lettera il programma del M5s». È questa la sintesi della difesa del senatore Armando Siri davanti ai magistrati. Una difesa in cui non mancano i colpi bassi all'alleato di governo grillino, che ha chiesto e ottenuto che Siri venisse degradato (il premier Giuseppe Conte gli ha revocato l'incarico di sottosegretario durante l'ultimo Cdm). Come anticipato dalla Verità, ieri c'è stato il primo faccia a faccia tra il politico leghista, assistito dall'avvocato Fabio Pinelli, e i magistrati di Roma Mario Palazzi e Paolo Ielo (procuratore aggiunto) che lo accusano di aver asservito la sua funzione agli interessi privati dell'imprenditore Paolo Arata. L'incontro è avvenuto in un ufficio esterno alla Procura per tenere l'indagato al riparo dalle telecamere ed è stato contraddistinto da toni cordiali; è durato un'oretta ed è consistito nel deposito di oltre 300 pagine di carte, tra memoria e allegati, nella verbalizzazione delle spontanee dichiarazioni preparate da Siri insieme con il suo difensore e in una breve chiacchierata informale. Gli inquirenti non hanno tentato di trasformare le spontanee dichiarazioni in un interrogatorio, forzando l'indagato, e le parti si sono ripromesse di riaggiornarsi per eventuali chiarimenti, probabilmente all'esito della lettura della memoria difensiva da parte degli inquirenti. Quindi niente botta e risposta. Almeno per il momento. In ogni caso, per la difesa, Siri avrebbe «manifestato ai magistrati la più completa disponibilità ad offrire qualsiasi ulteriore contributo conoscitivo gli venisse ancora richiesto» e sarebbe «fiducioso nell'esito positivo della vicenda che lo vede suo malgrado coinvolto». In un comunicato firmato dall'avvocato Pinelli si rende noto che Siri «ha ribadito con fermezza di non aver mai ricevuto, né da Paolo Franco Arata, né da chiunque altro, promesse di pagamento o dazioni di denari - che avrebbe rifiutato con sdegno -, facenti riferimento al merito della sua attività di senatore della Repubblica o di sottosegretario di Stato». Il cuore della memoria difensiva è incentrata sulla ricostruzione dei rapporti tra Siri e l'imprenditore Arata, il quale è stato sentito per tre ore dai magistrati martedì scorso e il cui verbale d'interrogatorio è stato segretato sino al 10 maggio per non meglio precisate «esigenze investigative». Il politico leghista, oltre ad aver consegnato ai pubblici ministeri «la documentazione contabile nella sua disponibilità, avente ad oggetto il complesso dei propri movimenti bancari e finanziari», ha voluto dar conto, carte alla mano, di «tutti i rapporti istituzionali incorsi con Arata», definito «tecnico esperto di rango in materia ambientale ed energetica» e che si sarebbe «presentato a lui quale portavoce e rappresentante sostanziale del Consorzio dei produttori di energia da minieolico (Cpem)». Per questo il politico ha depositato «tutti gli scambi di messaggi, telefonici e di posta elettronica, intercorsi con Arata», superando «di propria iniziativa le garanzie sulla riservatezza della corrispondenza e delle comunicazioni dei parlamentari». Siri ha evidenziato che il consorzio a cui stava dando supporto, «è un ente rappresentativo d'interessi collettivi, “accreditato" per tale al registro Trasparenza dei portatori d'interesse, istituito presso il ministero dell'Industria e dello Sviluppo economico, il cui vertice apicale è l'onorevole Luigi Di Maio». Come dire: il vituperato consorzio che secondo il Movimento 5 stelle sarebbe collegato a soggetti in odor di mafia è certificato dal Mise guidato dal vicepremier e capo politico dei grillini.L'ex sottosegretario ha specificato «di aver solo interloquito con il suddetto Cpem e di aver veicolato, in sede politica, le istanze emendative di categoria che gli erano state rappresentate; e ciò semplicemente trasferendole all'attenzione degli uffici ministeriali competenti, oltreché di altri componenti del Parlamento, per le loro libere valutazioni e determinazioni».A riprova di ciò ha anche allegato la mail che Antonio Macera, funzionario della segreteria di Siri che si occupa di aspetti normativi, ha inviato il 13 dicembre 2018 a due senatori del Carroccio (il capogruppo Massimiliano Romeo ed Erica Rivolta), a un funzionario dell'ufficio legislativo del gruppo della Lega a Palazzo Madama (Francesco Lucianò) e alla segretaria del partito di Matteo Salvini al Senato (Ornella Rubino) contenente alcuni emendamenti per la legge di Bilancio. Ecco il messaggio: «Per quanto attiene alle prime tre proposte emendative, le stesse hanno a oggetto temi rientranti nelle deleghe conferite al sottosegretario e di competenza del ministero delle infrastrutture e dei trasporti (…) mentre per quanto attiene alla quarta proposta inerente agli incentivi alla produzione di energia da fonti rinnovabili, si pone il testo all'attenzione delle signorie loro ai fini dell'inserimento nel predetto provvedimento». Alla fine Siri non ha confessato reati e, anzi, ha rivendicato che la sua condotta andrebbe «considerata non solo lecita, ma finanche politicamente doverosa» e che riteneva e ritiene le sue proposte di emendamento, «assolutamente condivisibili, anche perché del tutto coerenti, politicamente, con il cosiddetto contratto di governo e le indicazioni di programma della Lega e del Movimento 5 stelle, tutte orientate, in materia di sostegno del fabbisogno energetico e tutela ambientale, a imprimere una fortissima accelerazione al mercato delle piccole installazioni che producono energia da fonte eolica». Queste ultime righe del comunicato sono state riprese un po' maliziosamente dal programma del M5s, allegato alla memoria, dove, alla voce «produzione elettrica da fonte eolica», si legge: «A tale fine potranno essere previste sia centrali eoliche on-shore che off-shore, definendo meglio i vincoli paesaggistici, ma è al mercato delle piccole e micro installazioni che si richiede una fortissima accelerazione». E, a suo modo, Siri la stava dando. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lex-sottosegretario-non-ho-preso-soldi-leolico-lo-volevano-quelli-del-movimento-2636638381.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-incassa-e-punta-la-raggi" data-post-id="2636638381" data-published-at="1758064452" data-use-pagination="False"> Salvini incassa e «punta» la Raggi «Torniamo a lavorare in modo sereno sui dossier sul tavolo. E finalmente torniamo a parlare di cose serie». La breve dichiarazione del ministro delle Politiche agricole, il leghista Gian Marco Centinaio, al termine del Consiglio dei ministri sul caso Siri, riassume lo stato d'animo della stragrande maggioranza dei parlamentari del Carroccio. Più di tanto, è il ragionamento che si fa nei corridoi del palazzo, la corda non si poteva tirare, e del resto, come ci spiega un deputato leghista, «la revoca di Siri è stata uno schiaffo alle istituzioni, non alla Lega. Ripercussioni sul governo non ce ne saranno: senza i voti del M5s, in fondo, non avremmo potuto ottenere i successi su quota 100, sulla legittima difesa, sulla sicurezza. Andiamo avanti». Nessuno aveva mai pensato che l'affare Siri potesse far cadere il governo, e in fin dei conti la soluzione di questa vicenda consente alla Lega di dedicarsi con tutte le energie alla campagna elettorale per le Europee. Certo, i malumori non mancano, ma la realpolitik prende il sopravvento. Così tocca al leader, Matteo Salvini, risollevare il morale dei leghisti con dichiarazioni tutte rivolte al futuro: «Le elezioni europee», dice Salvini dopo il Consiglio dei ministri, «saranno importanti per salvare l'Europa e per evitare che muoia di fanatismo e disoccupazione. Le elezioni non mi interessano per gli equilibri interni, per me non cambia e non cambierà nulla. Se tutti mantengono la parola data, si andrà avanti. I processi si fanno in tribunale e ritengo ci siano 60 milioni di presunti innocenti fino a prova contraria. Per quello che mi riguarda però abbiamo talmente tante cose da fare che niente mi fa cambiare idea sul fatto che l'Italia abbia bisogno di un governo». Il ministro dell'Interno riserva solo una staffilata al sindaco di Roma, Virginia Raggi, del M5s: «Prendo atto», sottolinea Salvini, «che la Raggi è al suo posto pur essendo indagata da anni. I nostri candidati sono specchiati. Se il sindaco della Capitale è al suo posto evidentemente ci sono colpe di serie A e serie B, presunti colpevoli di serie A serie e serie B. A casa mia se uno vale uno, inchiesta vale inchiesta». Salvini sa benissimo che le due settimane e mezza che ci separano dalle Europee del 26 maggio vedranno il M5s punzecchiare ancora la Lega sulla legalità: «Non abbiamo nessun tipo di problema, se abbiamo dei problemi li risolviamo noi: la questione morale riguarda altri. L'inchiesta sul presidente della Lombardia? Se c'è una persona al di sopra di ogni sospetto a detta di tutti è Attilio Fontana». Il vicepremier leghista si concede un'altra frecciata all'alleato di governo: «La droga è un'emergenza nazionale: da domani darò istruzioni agli uomini della sicurezza per andare a controllare uno per uno i presunti negozi turistici di cannabis, luoghi di diseducazione di massa. Vanno sigillati uno per uno e bisogna proibire anche tutte le cosiddette feste della cannabis. Siamo contro ogni sperimentazione», sottolinea Salvini, ben sapendo che il M5s ha una posizione opposta su questo tema. Un argomento molto più spinoso è quello dell'autonomia differenziata: il M5s, che ha il suo granaio elettorale al Sud, sta rallentando l'iter, e arriva nero su bianco la «sveglia» da parte del Carroccio: «L'autonomia», scrivono in una nota congiunta i capigruppo della Lega di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, «rappresenta un passo epocale per tutto il paese e si farà. Da Nord a Sud le nove regioni che vogliono gestire i soldi degli italiani in modo più efficiente, con meno sprechi e burocrazia e più vicino alle esigenze dei cittadini hanno il diritto di avere una risposta concreta. È scritto nella nostra Costituzione», aggiungono Molinari e Romeo, «e il governo ha l'obbligo di rispondere. Chi non vuole la riforma prevista nel contratto di governo non vuole il bene del Paese». Dunque, si va avanti (quasi) come se nulla fosse. Dopo le Europee, se la Lega dovesse (come prevedono i sondaggi) surclassare il M5s, si aprirà la discussione nella maggioranza sull'eventuale rimpasto.