2022-09-22
Letta si gioca persino la carta Putin. «Se qui vince la destra lui festeggia»
Vladimir Putin (Imagoeconomica)
Il segretario del Pd tira in ballo il Cremlino per attaccare gli avversari: «Anche lo zar parteciperà al voto». Matteo Salvini: «Tutti prima hanno avuto rapporti con Mosca». Giuseppe Conte: «Perché l’Europa non cerca la pace?».Poteva essere una encomiabile prova d’unità delle forze politiche pur in piena campagna elettorale. Poteva, ma così non è stato, perché di fronte alla minaccia di escalation militare da parte del presidente russo Putin e all’annuncio di quest’ultimo di un referendum per l’annessione del Donbass, c’è chi non ce l’ha fatta proprio a dimenticare la contingenza e a guardare oltre l’appuntamento elettorale, evitando strumentalizzazioni. La nota più stonata, in questo senso, appare quella del segretario dem Enrico Letta, evidentemente in possesso di sondaggi poco rassicuranti sulla performance del suo partito. Di fronte alla seria minaccia di un possibile uso di armi nucleari tattiche avanzata da Putin nel suo discorso di ieri mattina, il numero uno del Nazareno non ha trovato di meglio da fare che attaccare frontalmente gli esponenti del centrodestra, tacciandoli di intelligenza con Mosca per poi gridare al pericolo putiniano, che così si aggiunge a quello fascista come leitmotiv della campagna elettorale dem. Toni scomposti, nei quali più di un osservatore ha potuto leggere il tentativo di invertire le sorti del voto del 25 approfittando del rush finale di questi tre giorni. Nel corso di una conferenza stampa a Milano, Letta ha lanciato l’ennesimo allarme democratico, affermando che «quello del 25 settembre è un voto binario: o si sta con Putin o con l’Europa. Spero che il voto del 25 settembre sia anche un voto su questo e che gli italiani non votino per gli amici di Putin». «Putin», ha proseguito, «partecipa al voto del 25 settembre, guarderà al risultato e se vincesse la destra, sarebbe il primo a festeggiare, poiché la destra italiana è carica di ambiguità oggi nel rapporto con Putin». Anche il presidente del M5s, Giuseppe Conte, ha commentato le parole minacciose di Putin con un occhio al 25 settembre, cercando di collegarle alle sue ultime mosse politiche e alla scelta di abbandonare Mario Draghi: «Non c’è nulla di nuovo», ha vaticinato Conte, «l’escalation militare era già scritta. Putin parla di mobilitazione ma non potevamo non calcolarlo». Poi, l’affondo politico: «Non possiamo affidare la nostra strategia politica alle alterne fortune di una vicenda militare. Quando Letta e Draghi decidono di sposare convintamente e dare cieca obbedienza alla linea di Washington e di Londra, io dico: è possibile che l’Europa non riesca a indicare una linea che spinga verso un accordo di pace?».Sul fronte opposto, ci sono le considerazioni della leader di Fdi, Giorgia Meloni, per la quale «il discorso di Putin tradisce debolezza, è una mossa disperata che precede dal mio punto di vista due azioni: il referendum farsa per annettere i territori ucraini occupati e la mobilitazione parziale per sopperire alla carenza di uomini al fronte». Meloni non ha però nascosto una certa preoccupazione, anche se ha ribadito la linea della fermezza sulle sanzioni, distinguendosi da Matteo Salvini, che invece continua a chiedere una verifica in merito, pur concordando col leader leghista sulla necessità di compensazioni per i Paesi maggiormente colpiti (tra cui il nostro) dalla crisi energetica. «Quello che la comunità internazionale ha messo in campo, a partire dalle sanzioni sta funzionando, ma serve compattezza e responsabilità perché una persona in quelle condizioni può aprire scenari di ogni genere».Preoccupato anche il segretario Carroccio, che dal Piemonte ha affermato che l’annuncio della mobilitazione da parte del Cremlino «non è una buona notizia», e ha risposto indirettamente alle accuse di Enrico Letta sui rapporti con Mosca: «Non scherziamo», ha detto, «tutti hanno avuto rapporti con Putin. Renzi, Letta, Berlusconi, Prodi, poi quando scoppia una guerra, quando uno scatena una guerra passa dalla parte del torto. Io l’ultima volta che sono andato a Mosca ci sono andato da ministro. La guerra cambia ogni tipo di valutazione». Anche per il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, il presidente russo è in seria difficoltà: «Si è trovato un popolo che si è opposto all’invasione ed Europa e Occidente uniti a difendere il diritto internazionale e la democrazia». Poi Tajani non ha mancato di precisare che «se ci fosse qualcosa da parte di un governo di centrodestra contro l’Europa o l’Occidente non ne potremmo far parte di un governo, ma io escludo che da parte delle altre forze del centrodestra possa esserci una scelta di questo tipo». A completare il quadro c’è il front runner del Terzo Polo Carlo Calenda, che non segue l’esempio di Enrico Letta e usa toni più equilibrati di quest’ultimo per analizzare la situazione: «Bisogna fermare Putin», ha spiegato, «perché il prossimo paese occupato rischia di essere un Paese Nato, ma senza andare a una escalation. La dichiarazione di oggi manifesta una grandissima debolezza da parte di Putin. Ora dobbiamo tenere nervi saldi, non sostenere l’escalation ma continuare a sostenere l’Ucraina fino ad una tregua permanente».
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