2021-06-27
Letta fa la faccia feroce sul ddl Zan. Per poco
Il segretario dem ostenta una posizione rigida, contrariamente a quanto suggerito da Mario Draghi, in una trattativa che però pare destinata ad aprirsi. Beppe Sala scatenato regala un orologio arcobaleno al firmatario della legge. Matteo Renzi invece cerca la mediazione.Secondo un'aneddotica controversa, uno degli ordini di Franceschiello alle sue truppe era il celebre «facite 'a faccia feroce». C'è da dubitare che la trasposizione politica - da parte del Pd - di un simile incitamento possa spaventare chicchessia. E semmai più di qualcuno, anche nella vecchia maggioranza giallorossa, ritiene che le rivendicazioni stentoree di Enrico Letta siano più che altro un modo, per la sinistra, di arrivare con la schiena dritta al tavolo di confronto sulla legge Zan che si terrà mercoledì, e che l'altra sera è stato preannunciato dal presidente leghista della commissione Giustizia del Senato, Andrea Ostellari. Insomma, mettere le pistole sul tavolo per ostentare una posizione rigida in una trattativa che però pare inevitabilmente destinata ad aprirsi.Va forse interpretata così la sortita di ieri a Skytg24 di Letta, che è sembrato riproporre la prova di forza in Aula senza modifiche: «Finora la Lega ha tenuto comportamenti finalizzati all'affossamento e alla cancellazione del ddl Zan. Per questo ho detto “andiamo in Parlamento", perché quello è il luogo del dialogo e della responsabilità». Poi un'attenuazione molto lieve: «Ho visto che Salvini mi ha mandato un messaggio. Risponderò perché non mi sottraggo. Non è un dialogo semplice». L'atteggiamento del segretario del Pd appare tuttavia politicamente bizzarro. Da un lato, forse per la paura di eventuali urne anticipate, sembra voler blindare Mario Draghi a Palazzo Chigi: «La priorità è che questo governo duri altri due anni, cioè fino alla fine della legislatura. I sette governi che abbiamo avuto in dieci anni sono il segno di una democrazia malata».Dall'altro lato, però, tornando al testo Zan, Letta fa qualcosa di piuttosto diverso da ciò che Draghi aveva forse suggerito tra le righe la scorsa settimana. Intendiamoci: i giornaloni avevano molto valorizzato l'affermazione principale del premier («L'Italia è uno stato laico»), ma avevano sottovalutato altri due aspetti del suo discorso. Per un verso, il passaggio in cui Draghi scaricava sulle Camere la patata bollente («È il momento del Parlamento, non del governo»); e dall'altro, il riferimento alle garanzie previste dal nostro ordinamento («Vi sono controlli costituzionali preventivi nelle commissioni parlamentari e controlli successivi della Corte costituzionale»). Orecchie attente e libere da pregiudizi avrebbero interpretato così: le Camere sono certamente libere di approvare ciò che ritengono, ma sappiano che è meglio fugare rischi di incostituzionalità. Un implicito invito, sia pur garbato e rispettoso, a una verifica e molto probabilmente a una correzione del testo nelle sue parti più controverse (gli articoli 1, 4 e 7).Sta di fatto che, almeno a parole, ieri il Pd si è irrigidito. E non solo con Letta, ma anche con il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che si è attestato sulla medesima linea: il ddl Zan «va approvato così com'è. Bisogna ascoltare tutti, bisogna confrontarsi e se c'è un elemento di riflessione che va introdotto occorre dialogare. Ma quella misura va difesa».Contrario alle modifiche, sulla Stampa, anche Ivan Scalfarotto, che si è differenziato dalla posizione del suo leader Matteo Renzi. Il sottosegretario agli Interni ha fatto muro a qualunque contestazione sugli articoli 1, 4 e 7, e ha aggiunto una considerazione quasi ideologica e pregiudiziale: «Trovare un compromesso è sostanzialmente impossibile, perché si confrontano proprio due visioni diverse del mondo». Poi, calciando la palla in tribuna come i terzinacci del calcio antico, l'evocazione dell'Ungheria: «Sedici Paesi europei tra cui l'Italia si sono schierati contro la legge omofoba ungherese. Salvini ha detto che in quella legge non ci trova nulla di strano. Com'è possibile pensare di trovare un punto di caduta con questi leghisti?». Tesi bizzarra: se i leghisti sono gli orchi descritti da Scalfarotto, perché starci al governo insieme? Con scarsa fantasia, anche Alessandro Zan, ospite ad un evento del Pd milanese, si è affidato allo stesso slogan: «Dicono che bisogna dialogare anche con la destra, ma avete idea di che destra abbiamo nel paese? Orbán ce l'abbiamo a casa nostra».Nello stesso evento, si è scatenato il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che ha chiamato Zan sul palco e gli ha regalato un vistoso orologio arcobaleno: «Scandisca il tuo tempo per raggiungere l'obiettivo finale»: E ancora: «Il tempo è scaduto, io penso che se pur ci fosse il rischio della conta, è un rischio che correrei, perché se no continuiamo a tirarla lunga». E qui Sala converge con Scalfarotto: curiosamente, pure l'esponente di Iv sembra preferire il pericolo del voto segreto (e del conseguente affossamento della legge) a una trattativa seria e trasparente per modificare il ddl: «Renzi dice che i voti in Aula sono risicati ed è vero: rischiamo di andare sotto su qualche emendamento», ma «per me bisogna andare in Aula, non c'è altra scelta». La faccia feroce, si diceva all'inizio: almeno fino alla riunione di mercoledì, poi si vedrà. Diversamente da Scalfarotto, invece, Renzi ha ribadito anche ieri l'esigenza di modifiche parlamentari, rivolgendo una sorta di appello: «Gli uomini di buona volontà un accordo lo possono trovare». Altro che muro contro muro.