Il pratone di Pontida ha ospitato il trentaseiesimo raduno della Lega, un appuntamento cruciale per il partito di Matteo Salvini, reso ancora più significativo dalla presenza di un ospite internazionale di spicco, il primo ministro ungherese Viktor Orban. Accolto con entusiasmo da una folla di militanti e sostenitori, Orban ha partecipato alla manifestazione come simbolo di un'alleanza sempre più stretta tra le forze sovraniste europee, e in rappresentanza di una visione condivisa su temi come la difesa dei confini nazionali, la lotta all’immigrazione illegale e la critica serrata all’Unione Europea.
Sul palco di Pontida, il discorso di Orban è stato un tributo aperto a Salvini, definito «un eroe» per il suo operato nel 2019, quando da ministro dell'Interno chiuse i porti italiani alle navi delle ONG, tra cui la Open Arms. «In Ungheria festeggiamo Salvini come un eroe, perché ha chiuso i confini e difeso le case degli italiani. Anzi, ha difeso l'intera Europa», ha affermato Orban, suscitando forti applausi dalla platea leghista. Secondo il premier ungherese, il leader della Lega non solo meriterebbe elogi, ma un’onorificenza per il suo impegno nel proteggere l’Italia e l’Europa dalla pressione migratoria. Di contro, Orban ha duramente condannato il processo in corso contro Salvini per il caso Open Arms, definendolo «una vergogna della sinistra e di tutta l'Europa», attribuendo la colpa di tale procedimento ai partiti e ai burocrati europei, accusati di voler punire chi difende i confini nazionali.
Il premier ungherese ha proseguito il suo intervento toccando temi cari al sovranismo europeo. «Noi non facciamo entrare i migranti illegali, varcare un confine senza permesso è un reato», ha dichiarato con fermezza. L’Ungheria, ha sottolineato Orban, rappresenta un modello per chi difende la sovranità nazionale: «In Ungheria il numero dei migranti è zero. Non permettiamo che venga cambiata la nostra cultura. Se Bruxelles continuerà a punirci per questo, porteremo i migranti davanti agli uffici dell’Unione Europea». Il messaggio è chiaro: l’Ungheria non cederà alle pressioni delle istituzioni comunitarie né alla redistribuzione dei migranti.
Orban ha poi lanciato un attacco frontale all’Unione Europea e ai suoi rappresentanti, accusandoli di aver tradito i principi originari dell'integrazione europea, nati per garantire la pace. «Bruxelles è divenuta parte belligerante», ha detto riferendosi al ruolo dell’UE nel conflitto tra Russia e Ucraina. «L’Europa è un posto peggiore di dieci anni fa», ha proseguito, indicando come la politica dei burocrati stia distruggendo le economie nazionali e allontanando il continente dalla pace. Tuttavia, Orban ha respinto l'idea di un'uscita dall'Unione, dichiarando che la soluzione non sia il ritiro, ma una battaglia interna: «Non dobbiamo uscire da Bruxelles, ma entrare con forza, deve essere occupata, tolta ai burocrati e ridata alla gente europea». Questo concetto di “occupare Bruxelles” non è una semplice retorica, ma un progetto politico per riformare le istituzioni comunitarie dall'interno, restituendole ai popoli sovrani che, secondo Orban, sono stati esautorati.
Il premier ungherese ha concluso il suo intervento riaffermando una visione conservatrice delle politiche sociali, sottolineando i valori della famiglia tradizionale: «In Ungheria, il padre è uomo e la madre è donna, e questo resta così, anche se la sinistra internazionale si oppone». La difesa della “famiglia naturale” e della sicurezza interna viene quindi posta come pilastro della politica di Orban, il quale ha affermato con orgoglio che «oggi l’Ungheria è il paese più sicuro d’Europa». La sicurezza, secondo il premier ungherese, passa non solo dalla gestione rigida dei confini ma anche dalla preservazione dell’identità culturale e morale della nazione.
Il leader della Lega ha poi ripreso i temi già sollevati da Orban, concentrandosi sulle questioni di autonomia e sovranità. Salvini ha celebrato la recente approvazione dell’autonomia differenziata, definendola «il futuro, il merito, l’efficienza» e ha sottolineato come la Lega, dopo 30 anni di battaglie, abbia finalmente raggiunto un obiettivo fondamentale per il partito. E riguardo alla legge di bilancio, Salvini ha ribadito il suo impegno a favore delle classi lavoratrici, affermando che «se qualcuno deve pagare qualcosa in più, paghino i banchieri, non gli operai». La sua visione di una cittadinanza “meritata” è stata nuovamente al centro del discorso del leader leghista, con una dura presa di posizione contro chi delinque: «Se tradisci questa fiducia, la soluzione è solo una: via la cittadinanza e torna al tuo paese. Non abbiamo bisogno di altri delinquenti».
L'atmosfera sul pratone di Pontida è stata segnata da un forte senso di unità e determinazione. Le bandiere regionali, gli slogan in difesa di Salvini e i cori che inneggiavano alla libertà nazionale hanno dominato la scena, testimoniando un clima di sostegno incondizionato. «Possono arrestare me, ma non un intero popolo», ha concluso Salvini, facendo eco alle recenti vicende giudiziarie che lo vedono coinvolto.