2020-08-21
Conte ha aperto al 5G cinese. Ecco il documento segreto
Una norma, tenuta riservata ma già in vigore, consente l'uso della tecnologia del Dragone, con limiti coerenti con le regole Ue. L'Italia, che formalmente rassicura l'alleato atlantico, di straforo spalanca le porte ai cinesi. Conte ha aperto al 5G cinese. Ecco il documento segreto from La Verità L'ultimo Consiglio dei ministri è durato quasi quattro ore. L'indomani mattina, 8 agosto, il governo ha diffuso un dettagliatissimo comunicato stampa di ben 20 pagine. In gran parte dedicate al decreto Agosto e ai 25 miliardi di deficit sottostante. A seguire, l'elenco di nomine (tra cui Anca e Agcom), gli spostamenti dei prefetti lungo la penisola, l'approvazione di deleghe per la riforma giudiziaria, il Dpcm per la revisione del perimetro di cybersecurity e così via, fino a norme attuative sui rifiuti. Venti pagine di specifiche che hanno, però, omesso il tema più caldo. La sera del 7 agosto, Giuseppe Conte e Stefano Patuanelli autorizzano Tim a utilizzare per le Reti sensibili del 5G tecnologia Huawei con una serie di prescrizioni. E lo fanno firmando un Dpcm che contiene paro paro il parere del comitato del golden power, di cui La Verità si era già occupata due settimane fa. Il testo, a differenza delle altre decisioni prese in Consiglio, sparisce da qualunque radar. Il governo decide di non farne alcun cenno nel comunicato stampa. E al momento in cui questo articolo va in stampa il testo non è nemmeno in Gazzetta Ufficiale. Eppure è già efficace dallo scorso 8 agosto. Una decisione che riporta a una chiara scelta politica da parte dei giallorossi: voler nascondere la decisione del comitato del golden power e al tempo stesso cercare di trasformare una scelta di campo geopolitica in una questione amministrativa. Cosa che, invece non potrà mai essere, visti i ripetuti allarmi fatti scattare dalle parti di Washington, dove il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha chiaramente fatto capire che il 5G è una scelta paragonabile all'adesione atlantica. Esattamente quanto ha fatto poco più di un mese fa Boris Johnson, il quale ha comunicato urbi et orbi la messa al bando della tecnologia cinese dal Regno Unito per le prossime reti 5G. A maggior ragione, il testo del Dpcm su Huawei va analizzato con due distinte lenti d'ingrandimento. La prima è formale, la seconda è geopolitica. Il documento infatti, visti tutti i precedenti decreti sulla sicurezza nazionale, valutati i contratti tra Tim e Huawei tecnologies Italia, valutata l'opzione di utilizzo del fornitore Nokia nella regione Friuli Venezia Giulia, ritiene necessario esercitare i poteri speciali di controllo ma al tempo tesso decreta di coinvolgere la funzione security dell'azienda e avviare prescrizioni in gran parte di prassi. Il Dpcm, in sostanza, di fatto imporrà una serie di monitoraggi che riportano il tutto nell'ambito del rispetto della toolbox Ue approvata lo scorso gennaio. Nelle tre pagine di allegati si entra in dettagli tecnici che ci pare giusto omettere per motivi di riservatezza, ma che ci spingono anche a rilevare il corretto rispetto formale di tutte le norme fino ad ora approvate. Insomma, per quanto riguarda le attività e le scelte di un'azienda privata e i controlli legati alla sicurezza nazionale, la forma risulta rispettata. Tanto più che l'imprinting del Dpcm vale per tutti gli altri operatori e tra questi Tim è quello che ha optato per la maggior differenziazione dei fornitori (all'ultima gara per la rete core non ha nemmeno invitato Huawei a partecipare). A maggior ragione è qui che scatta la valutazione politica sul cdm del 7 agosto. L'evidente imbarazzo di un governo che manda il proprio ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in visita all'ambasciatore Usa, Lewis Eisenberg, per rassicurare l'alleato americano e poi fa entrare dalla finestra la controparte cinese. Bisogna infatti tener presente che la materia che regolamenta l'utilizzo del golden power sulle reti 5G è ancora in via d'evoluzione e solo nei prossimi mesi diventerà una legge cristallizzata. Ne consegue che teoricamente questo governo potrà (basta dare un'occhiata alle prescrizioni g e h del Dpcm) imporre scelte molto più rigide delle attuali. Anche in maniera retroattiva. Fino a far decadere contratti già firmati con Huawei. Sarà però difficile giustificare cambi di rotta in futuro e imporre ad aziende private di buttare via soldi spesi in investimenti già avviati. Ecco perché sa tanto di un mero salvagente politico per il governo di Conte. La pezza che però non riesce a nascondere il buco dei rapporti sinoitaliani. D'altronde, in questi giorni la Farnesina è in fibrillazione perché sta organizzando la visita a Roma del titolare degli Esteri cinese, prevista per i primissimi giorni di settembre. Wang Yi arriverà nel Vecchio Continente per un tour di alcune capitali e affronterà il tema della Via della seta dopo il Covid. Ad accoglierlo a Roma sarà Luigi Di Maio, che si sta occupando personalmente della visita e che soltanto tre settimane fa aveva organizzato una conference call con lo stesso Wang. C'è da aspettarsi che parleranno anche delle opportunità delle nuova rete in fibra e delle relazioni industriali tra i due Paesi. Meno di sei mesi fa il titolare degli Esteri cinese, intervenuto a Monaco di Baviera, in Germania, in occasione della Conferenza sulla sicurezza (Msc), ebbe a dire in modo chiaro: «La Cina si aspetta dai Paesi Ue scelte sagge e indipendenti sull'acquisto di tecnologie cinesi di telefonia mobile di quinta generazione». Wang aggiunse anche che le accuse contro la Cina riguardo al 5G erano infondate e che per Huawei serviva un «terreno di gioco uniforme, nel rispetto delle regole del mercato, pur riconoscendo il diritto degli Stati di garantire la sicurezza delle proprie reti di telecomunicazione». A questo punto resta solo da capire quale sarà la reazione americana al tentativo di Conte di tenere il piede in due staffe e, sul fronte interno alla maggioranza, quale sarà la reazione dell'ala atlantista del Pd, che si vede brutalmente scavalcata dalle istanze grilline e dalle mosse del Mise e della Farnesina.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)