2021-11-21
Costruire, muoversi, arredare, uccidere. Quando con la legna si faceva di tutto
Antiche case walser ad Alagna Valsesia (Getty Images)
La quercia è stata il pilastro della cantieristica, pioppo e tiglio ideali per mobili e strumenti, il faggio per gli attrezzi agricoli.Chi si ricorda l'inizio di Pinocchio? O meglio, de Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino? «C'era una volta… Un re!» diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Di che legno si trattasse il Collodi non ce lo dice, ma usando un poco di fantasia potremmo immaginarlo: potrebbe essere stato ad esempio del castagno, facile da avere e non di particolar pregio; potrebbe essere stato del pioppo, della quercia, chissà, forse faggio. Difficilmente sarebbe potuto essere del noce, legno di valore, che forse Mastro Ciliegio non avrebbe tanto facilmente regalato a Geppetto.Quando parliamo di alberi tendiamo a dimenticare quanto siano stati centrali nelle economie nazionali e di sussistenza delle comunità di un tempo; dimentichiamo che li abbiamo coltivati da secoli anzitutto per ragioni utilitaristiche. La dimensione estetica, decorativa, quanto l'importanza botanica appartengono ad un recente sentimento che parte degli umani ha iniziato a sviluppare, e che ha contribuito, come ben sappiamo, alla nascita dei giardini di delizia, dei viali alberati e dei parchi pubblici e privati, ha irrobustito la dimensione degli orti botanici che erano sorti nel Cinquecento per il bisogno di sperimentare, di individuare nuove farmacopee, e soltanto in seguito sono diventati quei curiosi cataloghi delle diverse specie viventi spesso importate da altri continenti.I legni venivano utilizzati nei modi più diversi, di legno erano costruite le case, le mura, le cattedrali e le torri, i ponti; con strumenti di legno si conquistava, si uccideva, si comandava, ci si difendeva. Gli strumenti agricoli erano quasi tutti in legno, e gli oggetti di uso comune spesso in legno: posate, bicchieri, stoviglie, mobili, porte, finestre. I grandi incendi che hanno devastato intere città avvampavano grazie al fatto che le città erano per secoli di legno: i pavimenti, i tetti, i carri, i calesse, i catini per l'acqua, gli archi, i palcoscenici dei teatri, le tavole e le cornici dei quadri, gli strumenti musicali, le imbarcazioni, insomma potremmo star qui pagine e pagine a ricordare tutto quel che l'uomo, anche soltanto cento anni fa, poteva usare purché in legno.Pietro Soravia, ispettore forestale bellunese del XIX secolo, scriveva, ad introduzione di un suo manuale di tecnologia botanico-forestale: «In una regione come la nostra - il Veneto - ove le monte e variatissime specie legnose costituiscono un cespite rilevante di rendita e dove fiorisce un commercio di legnami da costrizioni così edilizie come navali cospicuo, non tornerà inutile questo complesso di memorie ch'io affido alla pubblica stampa. Loro fine precipuo si è questo di far conoscere i redditi molteplici che ricavar si possono da ogni sorta di pianta legnosa» (estratto da un volume pubblicato a Belluno nel 1877, e ristampato, in ultimo del 2010).Si tratta di finalità che abbiamo in buona misura dimenticato, poiché il legno è stato sostituito, in molti casi, con materiali di nuova concezione, plastica, metallo, leghe leggere e altro ancora. Ma basta scorrere le pagine di un vecchio manuale di tecnologia del legno per catapultarci in quel mondo di una volta che qualcuno di noi ha ancora avuto modo di conoscere e respirare. Esisteva un linguaggio specifico, tecnico, termini come fendibilità, pulimento, igroscopia, tenacità, lavatura, spianamento, imbibizione, sgrossatura, incorsatoio, rasiera e poi formule, macchinari, strumenti, insomma, era tutto un mondo che coinvolgeva diverse professioni, i celebri «mestieri».A cosa serviva ad esempio il legno del castagno? O quello dell'olmo? E la quercia, il noce, il pioppo, il pino, il larice, il gelso, il carpino, il cipresso, l'agrifoglio, il sorbo? Quando andavano tagliati, come andavano seccati, lavorati, spianati? Il legno di quercia è giallo chiaro, varia leggermente di tono a seconda della varietà: il legno di farnia veniva usato per le costruzioni e l'edilizia civile, navale e industriale; il cerro per l'impiallacciatura, o rivestimento a fogli dei mobili e delle pareti; il legno di leccio, resistente, era uno dei migliori combustibili da caldaia, assieme al faggio. Il legno di rovere serviva per mobili e per le traversine dei treni.Il legno di faggio, l'albero più presente in Italia, abbondante sui rilievi appenninici e alpini, era il legno più ricercato come combustibile, per realizzare mobili, carri, modelli da fonderia, attrezzi agricoli di vario tipo e di nuovo traversine dei treni, un'industria fiorente negli ultimi due secoli in Italia quanto nel resto del globo.Il legno di pioppo si rivelava fragilissimo se usato all'esterno ma resistente all'asciutto, e infatti veniva usato per realizzare mobili, fiammiferi, casse, ovviamente pasta per cartiere. Il tiglio offre un legno rosa pallido, facile da lavorare, da incidere, molto usato dagli scultori, ma è utile per mobili, rocchetti per filati, tasti del pianoforte, bobine, fusi, oggetti di cancelleria e forme da scarpe. Il legno di acero è bianco, duro, compatto, ricercato in ebanisteria, ottimo se ridotto in fogli per rivestire le ante dei mobili e taluni strumenti musicali. Soffre al contatto col sole e le intemperie, ma è buon combustibile. Il legno di castagno soffre l'umidità, quindi è fragile, ne vengono fatti mobili da interno, tavole da cucina o tavolacci da lavoro, adatto per le doghe delle botti, tinozze, barili, pali delle viti e pali di linee telefoniche, timoni, forcami. Usato dalle comunità montane come legno da riscaldamento casalingo che costa poco e però rende anche meno, ma ottimo per mantenere viva la brace delle fucine. La corteccia, triturata, con la sua buona dote di tannino, era essenziale nella concia delle pelli. Ovviamente il frutto era prezioso: veniva macinato per ottenere farina che si usava in diverse ricette della tradizione contadina, dal pane del bosco o del contadino o del pastore, polenta, focacce, torte dolcissime o, tramite fumigazione, si poteva conservare almeno per una stagione, quando non cotta sul fuoco vivo per mangiarla «bruciata» o come diciamo noi oggi, a caldarrosta.1. Continua
Volodymyr Zelensky (Ansa)