2024-01-06
La leggenda di Marchesi inizia al Mercato
Gualtiero Marchesi (Ansa)
È nell’albergo-ristorante di famiglia che il più grande chef italiano ha mosso i primi passi in cucina dopo l’apprendistato in Svizzera. Oltre ai bottegai della zona, iniziano a prenotare tavoli big della finanza, della politica e dell’arte. Il pollo alla Kiev il primo successo.Avvicinarsi alla figura di Gualtiero Marchesi è un mix di curiosità e rispetto. Un percorso umano e professionale riassunto da immagini senza tempo: il riso oro e zafferano è un’icona conosciuta anche a chi, di gastronomia, è semianalfabeta. Il suo menù di opere e giorni può essere una Treccani dalle molte sorprese anche per tanti habitué di tavole stellate. Ben lo ha definito Paolo Petroni, presidente dell’Accademia italiana della cucina: «L’impatto di Marchesi nella cucina nazionale è stato simile a quello dei Beatles nella musica», grazie anche al fatto di essere stato pioniere «nelle contaminazioni tra arte, design e cucina».Un apripista dei fornelli ribattezzato dal Gastronauta Davide Paolini «la fiaccola olimpica della cucina italiana». Il primo tristellato nazionale che un collega di talento come Massimiliano Alajmo (il più giovane di sempre ad aggiudicarsi la triade stellare) così descrive: «Ha aggiunto alla cucina il sapore della cultura. I pilastri sui quali poggiava ogni suo respiro sono stati il gusto del bello, il rispetto del mestiere, l’eleganza». Chiude il cerchio Carlo Giuseppe Valli, compagno di viaggi editoriali (assieme hanno scritto Marchesi si nasce, pubblicato nel 2010): «La sua cucina è stato il coronamento di un lungo itinerario. Il giovanile apprendistato ne ha messo in risalto il talento naturale. Una coraggiosa presa di coscienza per studiare, da discepolo, i profondi meccanismi della grande cucina internazionale. I lunghi momenti di meditazione che lo hanno portato all’ardita decisione di una sua cucina del domani, tra innovazione e tradizione».Un lungo viaggio, quindi, che andremo a riassumere nelle tappe principali iniziando dai primi vagiti, nel marzo del 1930. «Sono stato scodellato in una capace casseruola di rame, imbottito di panni morbidi». Così volle la provvidenza, in una camera dell’albergo Al Mercato, in via Bezzecca a Milano, da poco rilevato, con sala ristorante, dai genitori originari di San Zenone Po, nel Pavese. Il legame con le sue radici è stato rinforzato negli anni del secondo conflitto mondiale. Tra le molte figure senza tempo che porterà nel cuore c’è l’ostessa Carolina, famosa per le frittate. Il piccolo Gualtiero era goloso delle sue uova che lei gli offriva andando apposta a prenderle appena scodellate dalle «grasse galline» di casa. «Le bucavo con uno spillo e poi le succhiavo avidamente», ricorda.Tornato nella gran Milan esprime già talento eclettico, dedicandosi al fioretto, tanto da guadagnarsi anche una medaglia d’argento. Il lievito familiare va oltre i fornelli. Papà Giuseppe è appassionato di lirica e il piccolo Gualtiero, la domenica mattina, è ben attento a sistemare i vinili sul grammofono per meritarsi la stima del genitore. Con i compagni di scorribande gioca a pallone per le strade del quartiere, guadagnandosi le catinate d’acqua lanciate dalle finestre dalle donne infastidite dai loro schiamazzi, «ma era anche un modo per liberarsi dell’acqua che avevano usato per lavare i piatti».L’occhio è già curioso e spesso lo vede all’opera lungo il naviglio della Martesana, con pescatori a vendere piccoli pesci, qualcuno addirittura gamberi d’acqua dolce. L’albergo-ristorante di famiglia è un porto sicuro per una clientela fidelizzata, non solo di quartiere, ma Giuseppe Marchesi desiderava per il suo Gualtiero una vita con minori sacrifici e lo iscrive all’istituto tecnico Feltrinelli. Sarà la curiosità innata per le cose del mondo, sarà la vocazione tecnicamente incerta, ma il ragazzino preferisce frequentare le sale da biliardo e, quando l’età lo consente, le sale da ballo. Mamma Cristina, la vera cabina di regia di famiglia, «l’eleganza con il senso della misura», prende le redini della crescita del ragazzo e lo manda ad apprendere l’arte dell’accoglienza all’Hotel Kulm a St.Moritz, all’epoca «la casa più ricca del mondo».Gualtiero cambia marcia, colpito «dall’elegante gestualità esibita dal maitre e la sua disinvoltura nel parlare sei-sette lingue». Dopo una stagione a St.Moritz raddoppia a Lucerna, dove frequenterà una scuola alberghiera commerciale. Diventa pure lui poliglotta, destreggiandosi fra tedesco e francese e quel che basta della lingua d’Albione. Ma al dna non si comanda e la sera lo si trovava nei casinò della zona a ballare sino a notte fonda.Raggiunge così la sua maturità, non tanto scolastica, ma di capire meglio cosa fare al mondo. Mamma Cristina e papà Giuseppe lo attendono al varco del Mercato. Qua il ragazzo parte in quarta, prendendo in mano le redini del comando. Ad esempio proponendo intriganti piatti unici per la robusta colazione del mattino dei bottegai del quartiere. Il panino imbottito, in realtà, contiene un intero piatto di vitello arrosto anche se passerà agli annali della memoria locale (e non solo) il suo Grattacielo, che non è il Pirellone o la Torre Velasca, ma un cinque strati farcito di ventresca di tonno, cipolline e filetti di acciughe. C’è chi arriva anche da fuori quartiere pur di papparselo. La clientela inizia a diventare composita, differenziandosi tra quella tradizionale del pranzo e della cena. Al primo giro era uno spasso vedere gli habitué di fuorigiri calorico come il venditore di frutta che, dopo le fatiche alla bancarella, se ne tornava a casa con il suo cappellino più piccolo della testa e lo stuzzicadenti sulle ventitré, per non parlare del venditore di patate. Una stazza trattenuta a stento dalla seggiola soprattutto quando, dopo la grappetta di fine pasto, si addormentava in diretta come un ghiro.La sera tutt’altro repertorio. Iniziano a prenotare tavoli personaggi della finanza, della politica, delle arti. Saranno questi ultimi a far lievitare ancor meglio quei talenti che Gualtiero, al tempo regista di sala, teneva in serbo, curioso del mondo e di come rileggerlo con la sua sensibilità. Merito anche di una brigata di cucina che i genitori avevano sempre curato con estrema attenzione. Zio Luigi, dopo aver percorso l’intera gavetta, era salpato verso Tripoli, cuoco ricercato da Amedeo d’Aosta per i suoi lussuosi banchetti. Dopo di lui altri colleghi, con esperienze nelle cucine dei grandi alberghi del tempo. Tra questi Giovanni Salice: il padre era capocuoco al prestigioso Villa d’Este a Como. Tra lui e Gualtiero creatività e sostanza a paso doble.Nasce così il pollo alla Kiev. La prima citazione culinaria del locale sulla stampa cittadina. Un petto di pollo farcito con crema di burro, limone e aromi vari. Marchesi inizia a confrontarsi con l’occhio curioso e il palato conseguente di Gianni Agnelli, Federico Fellini, Mario Monicelli. Una sera capita Giovanni Testori, deve fare da spalla a un certo Luchino Visconti, che si fermerà a Milano una settimana. Va a finire che i due piomberanno là anche per le cene a seguire, ignorando altre insegne ben più blasonate.Gualtiero inaugura il libro degli ospiti per collezionare firme di testimonial che fanno la differenza. Una sera gli capita l’emergente Lucio Fontana. Al momento dei saluti gli porge timido il libro per un autografo. La risposta è spiazzante: «I soliti ristoratori che chiedono i disegni agli artisti per poi venderseli». Sconsolato, torna al tavolo per sparecchiare e scopre che il maestro aveva già scritto un autografo sulla tovaglia. Stavolta chi taglia la stoffa è Gualtiero stesso e la fa incorniciare a futura memoria. Tra i palati fidelizzati si fa notare l’imprenditore Jacopo Pontremoli. Quando arriva si precipita direttamente tra le pentole per comandare un menù su misura alle sue papille international. Gualtiero osserva e medita. Lettore attento di Soren Kierkegaard, che gli ha insegnato a trovare la verità dentro sé stessi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.