2021-04-28
Lega e Forza Italia impongono al Pd il tagliando di maggio al coprifuoco
Ormai certa la revisione dell'assurdo limite delle 22. Restano le tensioni. Anche con Fdi. Da ieri, il termine del 31 luglio per il coprifuoco alle 22 è da considerarsi di fatto rimosso dal dl sulle riaperture. Alla fine di una giornata parlamentare a dir poco convulsa, tra stop&go dell'aula di Montecitorio, vertici improvvisati tra leader di partito e trattative fittissime a tutti i livelli condotte tra i due rami del Parlamento, chi fino a qualche ora fa aveva brandito il «tutti a casa alle dieci» come un principio non negoziabile anche se slegato dall'incidenza sul contagio, ha dovuto allinearsi al buonsenso di chi ha sostenuto la necessità di una revisione a breve di una norma che impedisce il riavvio di migliaia di attività e del comparto turistico. Secondo i rumors di Palazzo che circolavano ieri pomeriggio a Montecitorio, ci sarebbe voluto l'intervento di Mario Draghi in persona per venire a capo del rebus politico innescato da Fratelli d'Italia con la presentazione dell'ordine del giorno anticoprifuoco. Certo è che l'ex presidente della Bce, proprio mentre era intento a volare alto delineando scenari e visioni a medio-lungo termine con l'illustrazione del Recovery plan al Senato, la giornata terminata con l'accordo sul «tagliando» a maggio è stata una sorta di battesimo di fuoco, che lo ha costretto a confrontarsi con procedure parlamentari e annesse trappole, e a tirar fuori i ferri del mestiere del politico, per evitare la prima netta contrapposizione in seno al governissimo. Come si diceva, per qualche ora in Parlamento si è tornati a respirare un'atmosfera concitata, di cui si era persa memoria dalle fasi convulse dell'agonia del governo Conte bis. Il tutto, mentre la seduta dell'aula di Montecitorio, che doveva sottoporre a votazione le decine di ordini del giorno al dl Covid, prima rinviava a più riprese l'avvio dei lavori in mancanza di una soluzione politica, quindi procedeva nell'esame degli ordini del giorno meno sensibili, accantonando quelli che parlavano di coprifuoco e di orari di apertura di bar e ristoranti. Fino al segnale di «via libera» dato da Matteo Salvini in persona, al termine di una riunione con il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, a San Luigi dei Francesi, nei pressi di Palazzo Madama, dopo l'accettazione della proposta del governo (nella persona del ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D'Incà) di un nuovo testo dell'odg, che «impegna il governo a valutare nel mese di maggio sulla base dell'andamento del quadro epidemiologico oltre che dell'avanzamento della campagna vaccinale l'aggiornamento delle decisioni prese con il decreto 52 del 2021, anche rivedendo i limiti temporali e di spostamento». Una soluzione che, prevedibilmente, ha scontentato Fdi, che ha preferito andare in aula con la sua richiesta di abolizione tout-court del coprifuoco dopo un caustico intervento di Giorgia Meloni. Richiesta respinta grazie ai voti contrari della vecchia maggioranza giallorossa e all'abbandono dell'aula da parte di Fi e della Lega, danno collaterale messo in conto dal premier e giustificato dall'esigenza di salvare la maggioranza senza però provocare contraccolpi all'interno del centrodestra proiettato verso le amministrative, anche se la Meloni che ha definito «assurda» la bocciatura. E comunque Salvini ha immediatamente dichiarato che il suo obiettivo è l'abolizione completa del coprifuoco, imitato poco dopo dalla leader di Fdi. Se ci sono degli sconfitti nella «battaglia del coprifuoco» che si è svolta ieri, questi vanno cercati principalmente nell'asse M5s-Pd: basti pensare alle espressioni usate da Nicola Zingaretti o da Andrea Orlando nell'imminenza del voto. Il governatore del Lazio aveva definito un «danno per gli italiani» la petizione del leader leghista contro il coprifuoco alle 22, mentre il ministro del Lavoro l'aveva bollata come «bandierina propagandistica». Il tutto, curiosamente, mentre il collega e compagno di partito di Zingaretti, Stefano Bonaccini non nascondeva il suo punto di vista decisamente contrario, affermando di voler «abolire» la parola coprifuoco, perché «ricorda la guerra». Lo stesso Bonaccini era stato citato da Matteo Renzi nella sua e-news, quando quest'ultimo ha affermato, in soldoni, di essere d'accordo con il leader della Lega. Chi conosce l'ex premier e sa quanto quest'ultimo sia alla disperata ricerca di trending topic che ne risollevino il gradimento, ha compreso immediatamente che una mossa di questo tipo è arrivata a valle di una serie di indagini demoscopiche, in base alle quali il leader Iv ha concluso senza ragionevoli dubbi che gli italiani sono a larghissima maggioranza dalla parte di chi reputa insensata la permanenza del coprifuoco alle 22. «È ovvio», ha scritto Renzi, «che vada rivisto il coprifuoco delle 22. Lo sanno tutti e privatamente lo dicono tutti: così non ha senso. Dunque», ha aggiunto, «nei prossimi giorni il coprifuoco andrà tolto o l'orario prolungato». E per esorcizzare ogni ipotesi di crisi di governo, che per ovvi motivi non auspica, Renzi ha fornito anche la propria lettura politica, affermando che «regalare questa battaglia a Salvini è un errore politico di quelle forze di maggioranza che pensano che, provocandolo sul coprifuoco, Salvini cada nel tranello e reagisca d'impulso, uscendo dalla maggioranza».