2022-07-19
Lega e Forza Italia fermi sull’aut aut: «Draghi bis senza 5 stelle o elezioni»
Il Cav a Roma per incontrare i vertici di Fi. Ira di Fdi e leghisti per la tentata gherminella giallorossa. Ribadito l’asse comune tra azzurri e Carroccio. Giorgia Meloni attacca la sinistra: «Presto farà i conti col giudizio degli italiani».Il tentativo era troppo clamoroso per non dare nell’occhio. Il primo a capire il trucco dei giallorossi, alla riunione dei capigruppo di Montecitorio, è stato il presidente dei deputati di FdI, Francesco Lollobrigida, che uscendo dalla riunione ha fatto presente ai cronisti che stazionavano nel corridoio dei busti cosa stesse succedendo. Anche perché gli esponenti di tutti i partiti del centrosinistra, come per ogni manovra che necessiti di destrezza, avevano teso a minimizzare la portata della richiesta di far svolgere il voto sulle comunicazioni di Draghi prima alla Camera che al Senato. La levata di scudi, però, nei minuti successivi al diffondersi della notizia è arrivata tempestiva anche dal centrodestra di governo (in primis dalla Lega), e ha certamente contribuito a far rientrare l’operazione, con l’accordo tra il presidente della Camera Roberto Fico e quello del Senato Elisabetta Casellati, per il rispetto della prassi parlamentare, che vuole che un dibattito e il relativo voto di fiducia su un esecutivo abbia luogo nella camera dove lo stesso esecutivo ha ottenuto la prima fiducia (il principio della cosiddetta «culla») o dove si è prodotta la crisi, che nel caso di specie è sempre al Senato.Di fronte alla temerarietà dei governisti del M5s e del Pd (cui nella fattispecie si sono aggiunti renziani e i dimaiani), gli esponenti del centrodestra hanno messo da parte il fioretto e adoperato la spada: con una nota congiunta i due capogruppo del Carroccio, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo hanno denunciato la «farsa» messa in atto dai due partiti: «Ora Pd e M5s - hanno scritto - chiedono a Draghi di comunicare prima alla Camera e poi al Senato solamente perché Conte è più debole alla Camera. Giochini vergognosi - hanno aggiunto - che vanno contro la prassi che vuole che le comunicazioni del presidente del Consiglio siano fatte nella camera di prima fiducia o dove si è generata la crisi. In entrambi i casi, quindi, al Senato. Gli italiani -hanno concluso - meritano rispetto, serietà e certezze».Disinnescato il colpo di mano parlamentare giallorosso, Lega e Fi stanno stringendo per una posizione comune da assumere rispetto ai possibili scenari che si presenteranno domani in Parlamento. Dopo l’incontro vis à vis tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, è il momento per entrambi degli incontri coi dirigenti dei rispettivi partiti e con gli eletti. Il leader di Forza Italia, vista la posta in gioco, è atterrato a Roma nella mattinata di ieri per presiedere di persona le riunioni coi suoi, cosa che nella Capitale non faceva dallo scorso Natale prima dell’inizio della partita per l’elezione del presidente della Repubblica. Da parte sua, il segretario del Carroccio si è prima confrontato col gruppo dirigente del partito, per poi riunire nella serata di ieri i gruppi parlamentari. Dalle dichiarazioni degli esponenti del centrodestra di governo, si evince una chiusura più marcata da parte della Lega per l’ipotesi di un Draghi-bis, ma per il momento la linea comune del no a una riedizione della maggioranza attualmente in crisi tiene. Il vice di Salvini, Lorenzo Fontana, ha usato toni duri quando ha diffuso una nota in cui ha detto «basta con l’indegno teatrino di 5 stelle e Pd che, come spiegato giovedì dal presidente Mario Draghi, ha fatto venir meno “il patto di fiducia” su cui era nato questo governo. Il Parlamento - ha aggiunto - è ormai completamente delegittimato: basarsi su transfughi e maggioranze ballerine non garantisce stabilità ed è in contrasto con quanto desiderato esplicitamente dal premier che non vuole cambiare in corsa le forze che lo sostengono. A questo punto - ha concluso - diamo agli italiani la possibilità di scegliere un nuovo Parlamento che finalmente, e per cinque anni, si occupi di lavoro, sicurezza e salute degli italiani, altro che droga libera, Ius Soli o Ddl Zan». Non sono mancati leghisti i quali, pur nel perimetro della linea espressa da Salvini, hanno espresso una «fortissima stima» per Draghi, come ad esempio il presidente del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga. In casa azzurra, Antonio Tajani ha sostenuto la linea dell’alleato leghista sottolineando che «la posizione di Forza Italia è sempre stata molto chiara: il nostro Paese ha bisogno di stabilità per affrontare le tante emergenze con le quali conviviamo. Non ci può essere stabilità - ha aggiunto - in un governo con la presenza del M5s. La soluzione è un governo Draghi senza Conte oppure elezioni».Al di fuori della maggioranza, FdI ha continuato a battere sul testo della forzatura operata dagli oltre mille sindaci e amministratori locali con il loro appello pro-Draghi e soprattutto ha tenuto alto il pressing per le elezioni anticipate. «Per paura di essere sconfitta - ha scritto Giorgia Meloni - la sinistra è disposta a tutto pur di scongiurare il ritorno al voto. Possono fuggire quanto vogliono - ha concluso - arriverà presto il giorno in cui dovranno fare i conti col giudizio degli italiani».