2022-04-14
Leader dell’opposizione in carcere. Ecco la democrazia di Zelensky
L’arresto dell’oligarca filorusso Viktor Medvedchuk è stato festeggiato in Occidente. Ma l’amico dello zar era già stato fermato prima della guerra in quanto nemico politico di Kiev. Un metodo che ricorda quello di Vladimir Putin.Si sente spesso ripetere, in queste settimane, che dobbiamo preservare la nostra democrazia dall’attacco dell’Orso russo, dobbiamo combattere (armando gli altri) per salvarci da una deriva autoritaria. Ora, di sicuro il nostro sistema è piuttosto diverso da quello russo e infatti nemmeno i presunti putiniani pensano di importare chissà quale modello politico qui da noi. Se però qualcuno pensa di eleggere l’Ucraina a emblema di democrazia, a David liberale contro il Golia autocratico, beh, sbaglia di grosso. Perché sarà pur vero che Volodymyr Zelensky può ricordare certi attori europei o americani, ed è molto bravo nell’utilizzo di tecniche comunicative che lo hanno fatto sentire molto vicino a tanti italiani. Ma è anche vero che il nostro eroe non è esattamente un campione del libero pensiero. Ieri i giornali italiani hanno riportato la notizia dell’arresto di Viktor Medvedchuk, oligarca non esattamente gradito a Zelensky, tanto che l’operazione di cattura pare sia stata organizzata su suo ordine diretto e specifico. Ovviamente Medvedchuk rientra nella categoria dei nemici pubblici più odiati, in quanto notoriamente amico di Vladimir Putin, col quale - riporta la stampa - è solito trascorrere piacevoli periodi di vacanza e fare affari. In realtà, questo è stato il secondo arresto per lui. Come ha raccontato ieri il Corriere della Sera, «l’11 maggio del 2021 viene incriminato per alto tradimento, accusa che fino a oggi è stata reiterata altre cinque volte». Si trovava agli arresti domiciliari al momento dell’attacco russo ed è stato semplicemente rintracciato e nuovamente fermato. Di sicuro non abbiamo a che fare con un personaggio limpidissimo, come spesso accade quando si tratta di oligarchi (l’uomo, tra le altre cose, possedeva un oleodotto per il trasporto di petrolio verso l’Europa, e come noto quel ramo d’affari non è dei più tranquilli). Ma sconcertano un poco i toni al limite dell’esultanza con cui la notizia del suo nuovo arresto è stata accolta qui e più in generale in Occidente. È stato descritto come il «principe delle tenebre», raccontato come una specie di criminale dall’odore sulfureo. E, per carità, può pure darsi che più di un tratto oscuro ce l’abbia. Giova però ricordare in che modo, e per quali ragioni il caro oligarca è finito sotto la scure delle autorità ucraine. Ebbene, il motivo è che Viktor guidava un partito di opposizione piuttosto quotato nei sondaggi. Il suo Ukrainian choice, contrario all’ingresso di Kiev nell’Ue, guadagnava consensi (anche grazie allo scarso impatto avuto da Zelensky), ed ecco che i sinceri democratici al governo hanno deciso di trattarlo da nemico del popolo e oscurare i suoi tre canali televisivi per «proteggere la sicurezza nazionale». L’oligarca filorusso andava vessato e censurato, no?Tutto questo succedeva prima della guerra, molto prima. Ed è molto istruttivo quello che ha scritto di recente il collega Fulvio Scaglione.«Ora nessuno lo ricorda più, ma prima della guerra Zelensky aveva fatto incriminare per tradimento l’oligarca Viktor Medvedchuk, un filorusso che però era anche il leader del primo partito di opposizione», ha ricordato Scaglione. «Poi aveva denunciato un tentativo di colpo di Stato in cui avrebbe avuto una qualche parte anche Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco d’Ucraina, anche lui sospettato di tradimento. E per tradimento era finito sotto processo anche Petro Poroshenko, predecessore di Zelensky alla presidenza, un ultranazionalista insospettabile di intese con i russi».Quello ricevuto dagli oligarchi non è un trattamento insolito in Ucraina, o almeno non lo era prima dell’attacco russo. Televisioni sgradite e partiti troppo critici venivano messi fuori legge, o oscurati. E certo si potrebbe giustificare il tutto parlando di una democrazia fragile, che deve crescere e maturare, dopo tutto il comunismo è crollato non molto tempo fa, e l’abitudine al libero pensiero si acquisisce con gli anni. Ma quando gli oligarchi li ha incarcerati Putin, magari perché qualche illecito lo avevano in effetti commesso, qui in Occidente abbiamo trasformato questi in eroi e sublimi difensori della libertà. E ne abbiamo approfittato per aggiungere ulteriore materia oscura sulle spalle del già fin troppo demonizzato Vladimir. Nella migliore delle ipotesi, è un comportamento ipocrita. C'è poi un ultimo elemento da considerare. Viktor Medvedchuk, proprio in virtù del suo legame con la Russia, svolgeva un importante compito di mediazione fra le istanze del governo ucraino e quelle della martoriata popolazione russofona del Donbass. Anche per questo non era ben visto. Anche per questo è stato considerato un traditore. Il che fa riflettere sul genere di trattamento riservato alle minoranze interne (che poi minoranze non sono, almeno non del tutto) dal governo ucraino. Ricordare questi particolari significa qualificarsi quali adoratori di Putin? No di certo. Significa semplicemente mantenere un po’ di onestà intellettuale e lucidità. Ed esercitare la libertà di pensiero e di parola. Quella che caratterizza la nostra democrazia, e che di sicuro non abbonda in Ucraina.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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