Con l'avanzare della profilassi cala la mortalità dei più anziani: a gennaio erano quasi il 63% dei deceduti, ora il 52. Ma sale tra i 60 e i 79 anni. Seguendo rigidamente il criterio anagrafico, anziché per categorie, si sarebbero salvate migliaia di vite.
Con l'avanzare della profilassi cala la mortalità dei più anziani: a gennaio erano quasi il 63% dei deceduti, ora il 52. Ma sale tra i 60 e i 79 anni. Seguendo rigidamente il criterio anagrafico, anziché per categorie, si sarebbero salvate migliaia di vite.Un mese fa esatto su queste stesse pagine lanciavamo un allarme: ancora troppo pochi gli over 80 vaccinati. Secondo i dati della Fondazione Gimbe, al 24 marzo risultava immunizzato meno di un ultraottantenne su due, e meno di uno su cinque aveva ricevuto anche la seconda dose. Solo tre realtà superavano il 60% di vaccinati (le due province autonome di Bolzano e Trento e il Molise), mentre ben 13 Regioni si posizionavano ben al di sotto della soglia psicologica del 50%. A supporto delle nostre considerazioni, citavamo un rapporto pubblicato in quei giorni e realizzato dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con il ministero della Salute, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e l'Ars Toscana, e nel quale si documentava il crollo dei casi all'interno delle Rsa. Merito in gran parte delle somministrazioni agli ospiti e agli operatori sanitari, considerate responsabili della diminuzione dell'incidenza fino ai livelli precedenti alla seconda ondata. Oggi la situazione sul piano delle vaccinazioni è cambiata radicalmente. Stando all'ultimo aggiornamento, gli over 80 che hanno ricevuto almeno una dose sono l'82,6% del totale, e più della metà (53,2%) hanno completato il ciclo di immunizzazione. Sul podio dei virtuosi troviamo il Veneto (93% almeno una dosa), la rediviva Toscana (90,4%) e l'Emilia-Romagna (89,3%). «Meno contagi, naturalmente, vogliono dire meno morti», scrivevamo. E avevamo ragione. Secondo un'analisi della Verità basata sui dati del bollettino periodico della sorveglianza integrata dell'Iss, oggi il mix percentuale sul totale dei decessi risulta completamente variato rispetto a gennaio. Vale a dire dalla partenza della campagna vaccinale. Per valutare l'andamento, il nostro quotidiano ha preso in considerazione la variazione settimanale dei decessi, e ha «pesato» per ciascun periodo la composizione dei morti per fascia d'età. Prendere in considerazione i numeri assoluti avrebbe avuto poco senso, perché nel corso dei mesi gli over 80 falciati dal Covid-19 sono stati talmente numerosi (oltre 69.000 per la precisione, pari al 61% del totale) che ci vorranno molti mesi prima di apprezzare qualche variazione significativa. Ci siamo limitati, lo ribadiamo, a osservare il trend anagrafico sul totale dei nuovi decessi. Giungendo infine a considerazioni che confermano quanto ribadito un mese fa, e cioè che la vaccinazione degli over 80 ha effetti positivi su questa coorte, e dunque permette di perdere meno vite umane.Sulla base dell'incremento dei decessi settimanali, con il passare dei mesi la percentuale di popolazione più anziana è via via diminuita, passando dal 62,9% di inizio gennaio al 52,4% di inizio aprile (l'ultimo bollettino Iss risale al 16 aprile e considera i dati all'11 aprile). Tradotto, se ai primi dell'anno più di tre decessi su cinque riguardavano gli over 80, oggi la proporzione scende a poco più di uno su due. Una variazione che si può apprezzare anche dando uno sguardo alle cifre assolute: se a gennaio mediamente i morti ultraottantenni superavano agevolmente le 2.000 unità settimanali, negli ultimi bollettini questo numero si attesta mediamente intorno alle 1.500 unità. Si tratta pur sempre di numeri consistenti, tuttavia la tendenza che si va delineando sembra chiara. Parallelamente, sempre parlando di composizione del mix, si è assistito a un incremento percentuale dei decessi nella fascia di età immediatamente inferiore, quella cioè che va dai 60 ai 79 anni. Fatti 100 i morti settimanali, a gennaio gli appartenenti a questa categoria erano pressappoco 33, per poi salire a 42 ad aprile. Non bisogna farsi ingannare dai numeri, perché in realtà l'andamento in termini assoluti di questa categoria è rimasto praticamente costante. Semplicemente, manca l'effetto «protezione» dalla malattia garantito dal vaccino. Sempre stando agli ultimi dati forniti dalla Fondazione Gimbe, infatti, la percentuale di popolazione vaccinata nella fascia 70-79 anni risulta pari appena al 40,5% (di cui solo il 4,8% ha completato il ciclo di immunizzazione), mentre se parliamo della fascia tra i 60 e i 79 anni il tasso scende addirittura al 7,1% (solo l'1,9% ha ricevuto anche la seconda dose).Già lo scorso 19 febbraio uno studio dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), partendo dal fatto che «la letalità del nuovo coronavirus aumenta esponenzialmente con l'età», suggeriva come «strategia migliore» quella di «vaccinare le classi di età più avanzate, per poi scendere». Non ci voleva certo il premio Nobel per la medicina per capire che la priorità assoluta andasse data agli anziani e ai fragili, oltre che agli operatori del sistema sanitario. Esattamente, cioè, come hanno fatto all'estero. E invece l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex commissario Domenico Arcuri e l'ancora in carica ministro della Salute Roberto Speranza a inizio febbraio consentivano il «sorpasso» ad altre categorie (personale scolastico e universitario docente e non docente, forze armate e di polizia, penitenziari e luoghi di comunità) a scapito degli italiani a ridosso degli ottant'anni, gettando così nel caos una campagna partita già male. Un modus operandi ribaltato dal nuovo commissario, il generale Francesco Paolo Figliuolo, che un paio di settimane fa ha finalmente imposto alla Regioni di seguire il criterio dell'età. Testa bassa e vaccinare anche gli over 60, questo oggi l'imperativo categorico se vogliamo salvare più vite possibili.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.