2020-06-30
«I contatti hot dell’ex consigliere con la donna rimorchiata online»
Il racconto di una salernitana al pm che indagava sul messaggio erotico partito dal cellulare del togato Lucio Aschettino (Area): «Il magistrato mi chiese foto piccanti». L'uomo si difende: «Sono io la parte lesa».Di seguito pubblichiamo le chat di Luca Palamara con Luigi Salvato, Francesco Salzano e Pietro Gaeta. Le chat tra Luca Palamara e Luigi Salvato from La Verità Le chat tra Luca Palamara e Francesco Salzano from La Verità Le chat tra Luca Palamara e Pietro Gaeta from La Verità I magistrati dovrebbero essere cauti nell'uso dei cellulari, come insegna il caso del pm Luca Palamara e delle sue migliaia di chat che stanno mettendo in subbuglio il mondo della giustizia. Eppure guai a toccarglieli. Domenica abbiamo raccontato della sollevazione dei consiglieri del Csm per la richiesta di un oneroso riscatto per gli smartphone di servizio usati nella consiliatura 2014-2018.In una chat il napoletano Lucio Aschettino, consigliere togato di Area, il cartello delle toghe progressiste, si propose come trader per i colleghi: «Ragazzi io ve li procuro a 990 euro nuovi e... puliti». Che un giudice offrisse cellulari regolari era il minimo sindacale, ma visto quanto sta emergendo forse era meglio puntualizzare. E proprio Aschettino, prima di Palamara e degli altri colleghi chattanti, ha sperimentato sulla propria pelle quanto possano essere rischiosi i messaggi Whatsapp. Il 24 settembre 2015 denunciò alla procura di Roma che in un momento di pausa del plenum del 16 settembre, durante il quale era uscito dall'aula per andare in bagno, qualcuno dei suoi colleghi avrebbe preso il suo cellulare e gli avrebbe fatto uno scherzo di cattivo gusto, inviando su una chat di gruppo questo messaggio: «Siamo una coppia perfetta! Io scopo e tu guardi». A leggerlo furono una ventina di toghe (i cui nomi non compaiono nelle carte). Negli atti l'unica citata è l'amministratrice del gruppo, la napoletana Stefania Starace, toga di Area, ex membro della giunta dell'Anm e giudice a Napoli. A causa di questo incidente hard, Aschettino, all'epoca presidente della Quinta commissione, quella che si occupa del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, ora presidente della sezione penale del Tribunale di Nola, querelò. Ma, nonostante abbia sostenuto di avere un «buon testimone», Ernesto Aghina, col quale dichiarò di essersi fermato a parlare, l'indagine non è andata nel verso che immaginava. Fu Valerio Fracassi a richiamarlo in aula perché «era imminente una votazione di rilevante significato relativa alla nomina di un procuratore aggiunto a Milano». Il telefono, secondo Aschettino, era sul tavolo alle spalle delle sua postazione. Ovviamente la notizia si diffuse velocemente di toga in toga. Il caso fu affidato al sostituto procuratore Nicola Maiorano che, dopo un'inchiesta dettagliata, si è visto costretto ad archiviare. Con queste parole: «Non sono emersi elementi che potessero indirizzare le indagini verso altri componenti o personale amministrativo presente in sala».Il pm fece acquisire perfino le riprese video della seduta del plenum, ma il settore occupato da Aschettino non era coperto dalla telecamera, che riprendeva solo la presidenza. Se la storia si fosse fermata lì forse sarebbe finita in cavalleria. Ma Aschettino in coda alla querela aveva aggiunto: «È forse necessario precisare che da molti mesi l'utenza fissa dello scrivente, collocata presso la sua abituale residenza familiare è fatta oggetto di ripetute telefonate notturne che provengono da un numero sconosciuto». È partendo dai numeri che di notte hanno contattato il numero di casa di Aschettino nel periodo indicato che il pm romano riesce a trovare una pista. Convoca Aschettino, gli indica tre nominativi e gli chiede se li conosce. Sono tre persone che hanno in comune la località di provenienza: Fisciano, in provincia di Salerno. Lui risponde: «I nomi non mi dicono niente; non ho nulla a che fare con la località di Fisciano».La polizia di Stato riceve una delega «urgente» per le indagini. D'altra parte il denunciante è un togato del Csm. Le tre utenze, seppure intestate a tre persone diverse, si rivelano in uso a una donna, P. S. le sue iniziali. Che viene convocata. «La stessa», annotano gli investigatori, «ha poi riferito di aver conosciuto la persona offesa giocando online su Ruzzle, gioco che consente anche di conversare in chat e di aver ricevuto mediante quell'applicazione il numero di cellulare di Aschettino, di aver, nel periodo compreso tra febbraio e aprile 2015, intrattenuto con lo stesso numerose conversazioni telefoniche e lunghe comunicazioni scritte mediante Whatsapp».E infine ha aggiunto che i due si sarebbero scambiati frasi affettuose e sensuali e anche promesse di incontri. Alle richieste di foto hot la donna avrebbe risposto picche e alla polizia ha detto di essere pronta a produrre le conversazioni, perché le aveva conservate. Fu lui a decidere di interrompere ogni forma di contatto. Ma lei, dopo un periodo di purgatorio nella black list del cellulare del membro del Csm, essendosi accorta che era stata sbloccata, ha ripreso a contattare il consigliere. È per questo motivo che, sostiene, per lei non era necessario usare l'utenza privata di Aschettino per cercarlo di notte.In realtà una quindicina di telefonate risultano. E probabilmente devono averle fatte i parenti della donna, che a un certo punto sono stati informati da lei. Ma è solo un'ipotesi. A quel punto viene convocato in procura anche Aschettino, al quale vengono lette le dichiarazioni della donna. Lui replica: «Riferisce circostanze non veritiere e lesive del mio onore e omette di riferire altri fatti veri, come per esempio il brevissimo incontro avvenuto a Roma in un locale pubblico, come peraltro risulta dai messaggi che ho conservato».In coda al verbale, rispondendo a una domanda del pm, Aschettino precisa: «Le telefonate moleste sono cessate e non ho più motivo di insistere nella mia richiesta di punizione, anche se ovviamente sono rimasto molto amareggiato e sorpreso dal comportamento della donna e di chiunque altro abbia turbato la mia tranquillità».La richiesta di archiviazione viene depositata il 3 marzo 2016, dopo sei mesi di indagini. «Le indagini non hanno consentito di individuare chi, nell'assenza temporanea del dottor Aschettino, si fosse appropriato del suo smartphone e avesse inviato il messaggio». E le molestie? Spiega il pm: «È emerso che le telefonate sono partite da una o più utenze riferibili a un preciso nucleo familiare; tuttavia trattandosi di utenze utilizzate da numerose persone, non appare in concreto esercitabile l'azione penale. Gli stessi indagati hanno riferito circostanze che, se da un lato dettagliano e rendono verosimile la provenienza e le ragioni delle telefonate, dall'altro non consentono di attribuire univocamente a taluno la condotta molesta». Il gip condivide le valutazioni del pm e con tre righe di motivazione archivia.Quattro anni dopo, altre chat, quelle di Palamara, hanno fatto ben altri guai.