2021-07-11
Le rinnovabili sostituiranno la dipendenza dal petrolio con quella dai minerali cinesi
Il passaggio di massa all’elettrico imposto dall’Ue rende fondamentali materie prime come il litio, di cui l’Europa è priva. Così sarà impossibile fermare le mire di PechinoForse ci sarà un giorno, al termine del pluridecennale ciclo di investimenti legati alla transizione ecologica, in cui la dipendenza dell’Unione europea e del vecchio Occidente dal petrolio mediorientale potrà finalmente essere consegnata alla storia, ma non è questo. Il massiccio sviluppo delle fonti rinnovabili di energia previsto in tutto il mondo, infatti, porta con sé diversi paradossi. Se le premesse sono valide, nel futuro adotteremo sole e vento come fonti primarie di energia inesauribili, disponibili liberamente e non più esclusiva di un pugno di Stati più o meno canaglia. Così però non sarà per tutto ciò che serve a tramutare quelle fonti libere e illimitate in energia fruibile per gli usi umani, ovvero materiali e tecnologie. Nel settembre del 2020, la Commissione europea ha presentato al Parlamento di Strasburgo la sua strategia sulle materie prime. Nel documento vengono elencate 30 materie prime critiche indispensabili al tanto propagandato Green deal europeo. Risorse da considerare a tutti gli effetti alla stregua del nuovo petrolio. Come fu per i combustibili fossili, tuttavia, l’Europa non è in una posizione felice poiché il sottosuolo continentale, almeno stando a quanto si sa oggi, non è particolarmente ricco di tali sostanze. La Commissione elenca dieci azioni relative a quattro filoni, in sintesi: 1) filiere e catene del valore resistenti agli shock; 2) riciclo dei materiali; 3) sfruttamento delle risorse interne all’Ue; e infine 4) diversificazione delle fonti di import.Quest’ultimo punto, in particolare, prende atto della dipendenza quasi totale dall’estero per la gran parte delle 30 materie prime critiche, sia in forma grezza sia lavorata. Segnatamente dalla Cina, dalla quale l’Ue dipende quasi totalmente per quanto riguarda le terre rare leggere (99% dell’approvvigionamento), terre rare pesanti (98%), magnesio e bismuto (entrambi 93%) ma anche in percentuali affatto trascurabili per ciò che concerne grafite naturale, barite e gallio. Non scherza nemmeno il deficit nei confronti del Brasile (niobio, tantalio e grafite naturale) e dalla Repubblica Democratica del Congo (cobalto e tantalio), mentre Stati Uniti e Russia forniscono rispettivamente carbone da coke e fosforite, oltre al litio E qui la preoccupazione della Commissione si fa palpabile, tanto che nel documento si arriva a dichiarare esplicitamente che «è importante integrare i Balcani occidentali nelle catene di approvvigionamento dell’Ue», dal momento che «la Serbia, ad esempio, possiede borati, mentre l’Albania vanta depositi di platino». Tra le righe del documento traspare con forza la valenza strategica del tema dell’allargamento dell’Unione europea verso Est.Qualunque considerazione sulla transizione energetica è pura teoria se non si tiene conto della situazione (pessima) da cui parte l’Ue per questi materiali critici, senza i quali nessun Green deal è possibile. Si tratta quindi di avviare una nuova fase geopolitica. Non è pensabile, infatti, per l’Unione europea come per gli Stati Uniti, fare a meno di intrattenere buoni rapporti con la Cina, vero dominus di questo nuovo gioco globale. Non si tratta dell’unico tema spinoso, ma la presenza del Dragone come controparte obbligata per gran parte degli affari legati alla transizione ecologica costituisce un elemento di fondamentale importanza nel delicato gioco degli equilibri internazionali. In definitiva, se qualcuno pensava di poter archiviare l’assillo della dipendenza dall’estero per i fabbisogni energetici dovrà dunque ricredersi. Sul piano geopolitico, la rivoluzione verde sposta il problema solo un poco più a valle nella catena del valore (dalle fonti primarie ai materiali) e qualche migliaio di chilometri più in là nella collocazione geografica. Sul piano pratico, la competizione mondiale per le risorse si muoverà dal petrolio al litio e agli altri elementi della catena del valore necessari alla produzione di batterie, pannelli solari, pale eoliche. Oltre alle 30 materie prime elencate dall’Ue nel documento, il Green deal richiede quantità ingenti di rame, alluminio, acciaio. La domanda europea, attuale e prospettica, assieme a quella americana, gonfiata a dismisura dalle prospettive dell’imponente piano di infrastrutture presentato dalla Casa Bianca, ha già contribuito a far salire i prezzi delle materie prime. Senza contare le difficoltà di approvvigionamento legate alla (si spera) ripresa post Covid.Fondi di investimento e compagnie minerarie cinesi, inglesi, americane e australiane si confrontano negli angoli più remoti del pianeta cercando di strapparsi l’un l’altro ricchi permessi di sfruttamento. In Messico, la coltivazione del più grande giacimento di litio scoperto sinora (240 milioni di tonnellate stimate) è stata data pochi anni fa in licenza alla cinese Gangfeng e all’inglese Bacanora lithium. Ora però il governo messicano, che a suo tempo aveva evidentemente sottovalutato l’affare, si è pentito e vorrebbe revocare le concessioni. Il contenzioso è in atto. Sciogliere quest’altra fatale contraddizione emergente non appare semplice, al momento. La dislocazione geografica delle materie prime è data, mentre il salto tecnologico imposto ai trasporti (auto 100% elettrica a batteria) è quello su cui l’industria automobilistica, soprattutto tedesca, sta puntando in maniera massiccia e, si direbbe, esclusiva. L’elettrificazione rinnovabile dei consumi è avviata al punto di essere ormai dipinta come un imperativo categorico. La domanda di elettricità crescerà e con essa quella di questi materiali. L’Agenzia internazionale dell’energia ha recentemente messo in guardia l’Europa sulla necessità di costituire adeguate riserve strategiche di minerali necessari all’industria energetica. Il tema non è tanto la scarsità, ma il fatto che le risorse, non essendo controllate dai Paesi europei, potrebbero non essere disponibili per l’importazione nel momento in cui servono. Il sogno di un mondo affrancato dagli intrecci più o meno perversi della geopolitica rischia di rimanere tale, almeno fino al prossimo salto tecnologico. Per dirla con Ennio Flaiano: coraggio, il meglio è passato.(4. Fine)
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