Nonostante la Consulta, gli enti locali rallentano l’installazione delle rinnovabili. Se non bastasse, a bloccare il Recovery c’è lo scontro Cingolani-Franceschini. Il 90% dei progetti Mite riceve parere negativo dal Mibact.
Nonostante la Consulta, gli enti locali rallentano l’installazione delle rinnovabili. Se non bastasse, a bloccare il Recovery c’è lo scontro Cingolani-Franceschini. Il 90% dei progetti Mite riceve parere negativo dal Mibact.Proprio mentre il governo deve premere sull’acceleratore per fronteggiare la crisi energetica sul fronte dei prezzi e della diversificazione delle fonti di approvvigionamento, le autorizzazioni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili finiscono ostaggio di un doppio disallineamento. Quello tra lo Stato e le Regioni e quello tra due ministeri, Transizione ecologica e Cultura. Partiamo dal primo. Con il decreto semplificazioni e da direttiva sulle fonti energetiche rinnovabili (la cosiddetta Red2) sono state introdotte le norme necessarie per snellire e appunto semplificare l’iter burocratico, dando un impulso preciso. Ci sono però alcune Regioni, non tutte ma un discreto numero, che hanno bloccato le procedure autorizzative attraverso l’adozione di leggi che pongono moratorie sull’installazione degli impianti. Leggi che però spesso vengono impugnate alla Consulta. Il 25 marzo, ad esempio, è stata depositata la sentenza della Corte costituzionale numero 77/2022 che dichiara l’illegittimità costituzionale della legge Abruzzo numero 4/2021 che era stata oggetto di modifica con l’articolo 16 della legge Abruzzo numero 1/2022 anch’essa impugnata dal Consiglio dei ministri. «La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge abruzzese che bloccava il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti da fonti rinnovabili su aree agricole disponendo quindi una moratoria. In sostanza, la Corte ha affermato a chiare lettere che la moratoria abruzzese è in aperto contrasto con il principio dello snellimento delle procedure autorizzative. Si tratta di un precedente molto importante anche per altre leggi regionali che hanno disposto moratorie e sono state anch’esse impugnate dal Cdm», spiega a La Verità l’avvocato Domenico Segreti, socio di Raffaelli Segreti studio legale, specializzato nell’energy. Anche il Lazio e il Friuli hanno adottato norme simili, mentre la Basilicata ha abbassato il limite della potenza degli impianti per disincentivarli: se prima si potevano avviare richieste di autorizzazioni per impianti fotovoltaici fino a 20 megawatt, ora l’asticella è stata drasticamente abbassata a 3 megawatt (e anche questa legge è al vaglio della Corte costituzionale). Insomma, lo Stato spinge mentre le Regioni tirano il freno. Il problema è che a questo disallineamento se ne aggiunge un altro. Interno, questa volta, al governo. Il 90% di progetti ha infatti avuto parere negativo dalle soprintendenze che dipendono dal ministero della Cultura. Nella fase di approvazione per impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, dunque, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, vuole portare avanti i progetti, e il ministro della Cultura, Dario Franceschini, o le competenti Soprintendenze spingono in direzione opposta. Il 29 marzo è arrivata un’altra sentenza - quella del Consiglio di Stato numero 2242/2022 - dove si afferma il principio secondo cui il Mibact o la competente Soprintendenza per territorio può opporsi alla realizzazione di un impianto fotovoltaico solo se sull’area è stato apposto un vincolo ambientale, paesaggistico, idraulico o boschivo, o comunque risulta pendente un procedimento teso alla apposizione di un siffatto vincolo. La sentenza sembra, dunque, voler mettere un freno alla possibilità indiscriminata da parte delle Soprintendenze di opporsi alla realizzazione dei progetti. Il problema, però, è che Regioni e Province rigettano ancora le domande assecondando i pareri negativi delle Soprintendenze anche per le aree non vincolate. Il risultato? Secondo un recente rapporto dei consulenti di Elemens e public affairs advisors, che monitora lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dei 1.370 megawatt per cui è stata presentata istanza nel 2018, il 57,5%, è ancora in attesa di completare la prima parte dell’iter di autorizzazione, quello della Valutazione di impatto ambientale. Il dato dei progetti eolici fermi aumenta man mano che i progetti diventano più recenti: si tratta del 79,3% dei progetti presentati nel 2019, del 90% di quelli presentati nel 2020 e del 99,9% di quelli presentati nel 2021. Nella valutazione degli iter, la quasi totalità dei pareri espressi è negativa: per le Regioni 46 pareri negativi sui 47 forniti, per il ministero della Cultura 41 pareri negativi su 47. Stessa musica per gli impianti fotovoltaici.Ieri, intanto, sul tavolo del Cdm è finito il testo del decreto sul Pnrr. L’articolo 19, dedicato alle rinnovabili, non prevede novità rilevanti ma solo una piccola spinta all’idrogeno. Introduce, infatti, un’agevolazione di carattere fiscale per la produzione del cosiddetto idrogeno verde: laddove si consuma energia rinnovabile per produrre idrogeno questo consumo non sarà soggetto al pagamento degli oneri generali di sistema (che incidono per circa il 40% sul costo dell’acquirente dell’energia elettrica). L’appuntamento con il Dl per gli impianti green è soprattutto con le norme necessarie a snellire gli iter autorizzativi per accelerare il passaggio alle rinnovabili è rimandato alla prossima settimana.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





