2022-06-10
Le Ong ci regalano 436 clandestini. La Lamorgese che fa?
La nave Ong «Sea Watch 3». Nel riquadro il ministro Luciana Lamorgese (Ansa)
Mediterranea e Sea Watch 3 sbarcano a Pozzallo: è caos sui protocolli sanitari. E l’Europa, al solito, c’è solo a parole.Sono sbarcati ieri a Pozzallo, in provincia di Ragusa, i 344 migranti che si trovavano a bordo della Sea Watch 3, nave gestita dalla omonima Ong tedesca e battente bandiera olandese. Lo sbarco è avvenuto subito dopo quello dei 92 extracomunitari che si trovavano a bordo della Mare Jonio, della Ong italiana Mediterranea saving human. A bordo della Sea Watch 3 c’erano 118 minori, di cui 113 non accompagnati; sulla Mare Jonio, i minori erano una trentina. Altri 436 immigrati destinati alla consueta trafila: controlli, sanitari, tampone anti Covid, procedura di identificazione nell’hotspot e trasferimento al centro di accoglienza. Si tratta di persone soccorse il 5 e il 6 in acque internazionali, nelle zone Sar di competenza libica e maltese. L’altro ieri sera, intorno alle 22, alle due navi è stata comunicata l’assegnazione di Pozzallo come destinazione: «Dopo giorni faticosi», ha esultato sui social la Ong tedesca «finalmente un porto sicuro: Pozzallo, 344 salvati possono ora scendere a terra». La Sea Watch 3 si era recata sul posto dove si trovavano gli immigrati a bordo di un gommone e di una imbarcazione di legno: «Ieri notte», aveva twittato Sea Watch lo scorso 6 giugno, «siamo stati avvisati da Alarm Phone di un’altra imbarcazione in difficoltà. Dopo lunghe ore di ricerche, questa mattina la Sea Watch 3 ha individuato e soccorso 49 persone». Alcuni di questi migranti erano stati già sbarcati per problemi medici. Alarm Phone, lo ricordiamo, è una Ong che non si occupa direttamente di soccorso in mare, ma riceve le telefonate dalle imbarcazioni in difficoltà e contatta le navi delle Ong che si trovano nei paraggi: una sorta di centralino degli sbarchi. Già al momento del primo allarme La Verità ha sollevato un problema, chiamando in causa il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese: Sea Watch è tedesca, la nave è olandese, ma gli immigrati sbarcano sempre e soltanto qui in Italia. Eppure, proprio la Lamorgese, lo scorso 4 giugno, in occasione del meeting dei ministri dell’Interno del Med5 (Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro) a Venezia, ha pontificato su un fantomatico «patto europeo su migrazione e asilo»: «Abbiamo confermato alle due presidenze», ha scandito la Lamorgese, «uscente e entrante dell’Ue il supporto a un approccio graduale, step by step, sul negoziato per un patto europeo su migrazione ed asilo. Siamo convinti, come Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna», ha aggiunto la Lamorgese, «che questo sia il metodo migliore per cercare soluzioni equilibrate tra responsabilità e la necessaria solidarietà che gli altri membri sono chiamati a dimostrare. La solidarietà deve essere fondata anche su un adeguato meccanismo di redistribuzione su un numero sufficientemente ampio di stati membri per essere efficace». La Lamorgese parla in perfetto italiano, e dunque non c’è bisogno di un traduttore per comprendere le sue parole. Peccato che tra il dire e il (non) fare, ci sia di mezzo, è il caso di dirlo, il mare: il ministro dell’Interno dovrebbe, per essere consequenziale con i suoi proclami, alzare la cornetta del telefono e farsi sentire dai suoi colleghi europei. Quanto meno, ma proprio come minimo sindacale, potrebbe (dovrebbe) telefonare al ministro dell’Interno tedesco e a quello olandese per dire: «Amici, qui abbiamo 334 extracomunitari soccorsi da vostri concittadini e sbarcati in Italia: quanti ve ne prendete ciascuno?». La Verità ieri ha contattato il Viminale per chiedere se la Lamorgese avesse fatto questa telefonata, o avesse almeno intenzione di farla: «Le faremo sapere», è stata la risposta, alla quale però non è seguita nessuna ulteriore comunicazione. Facile immaginare che il ministro non ha contattato e non contatterà assolutamente nessuno, e che le sue parole di Venezia non siano state altro che la solita fuffa propagandistica: anche questi immigrati sono destinati a restare qui in Italia, mentre l’Europa continuerà a infischiarsene allegramente. Le previsioni per l’estate, intanto, sono terribili, mentre gli enti locali sono nel caos dopo che, con la fine dello stato di emergenza, le «navi quarantena» sulle quali gli immigrati trascorrevano il periodo di sorveglianza sanitaria sono state dismesse: «Nessuno ancora ci ha informato», dice all’Adnkronos il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, «su quali siano le procedure che si seguiranno adesso. Ho piena fiducia nel ministero dell’Interno e nella Prefettura, abbiamo sempre collaborato e ci siamo sostenuti a vicenda, ma in questo momento non conosco le linee guida che saranno adottate a partire da oggi». Con la crisi in Ucraina e l’intensificarsi dei flussi in Libia le partenze dal Nord Africa sono destinate ad aumentare. «Sappiamo che affronteremo una stagione estiva particolare», sottolinea Ammatuna, «ecco perché, senza voler fare allarmismi, credo che qualche chiarimento in più sia indispensabile e lo dico con grande rispetto e senza spirito polemico nei confronti del Viminale». Disorganizzazione, incertezza, approssimazione. Il governo lascia istituzioni come il Comune di Pozzallo in una condizione di precarietà di fronte a un fenomeno così imponente: «Non dobbiamo sempre rincorrere gli avvenimenti, è necessario anticiparli. Sarebbe stato meglio che già nei primi giorni di giugno», evidenzia Ammatuna, «i sindaci fossero stati informati delle nuove regole da seguire. Noi facciamo la nostra parte e vogliamo continuare con la nostra grande opera umanitaria ma l’incertezza delle procedure potrebbe creare qualche difficoltà tra la popolazione».
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