2020-01-29
Le nozze col Pd fanno venire l’orticaria al M5s
Vito Crimi snobba Giuseppe Conte: «Il fronte anti destra non ci interessa». Alta tensione su Autostrade e decreti Sicurezza.Tempi duri per Giuseppi Conte. Il premier giallorosso ogni giorno che passa si becca una lavata di ciuffo da qualche esponente M5s del suo governo. La sua frenesia di rispolverare la gioiosa macchina da guerra di occhettiana memoria, ovvero una santa alleanza anti destra che vada da qualche cespuglio neocentrista a Leu, passando per Iv, Pd e M5s, ovviamente con sé stesso come condottiero, infastidisce non poco quelli che, tra i grillini, non vogliono morire comunisti, figuriamoci zingarettiani. «Mi auguro che si possa rafforzare un ampio fronte progressista, riformista, alternativo alle destre», ha detto due giorni fa Conte. Poche ore dopo, don Vito Crimi, (auto)reggente del M5s e viceministro dell'Interno, gli ha risposto solennemente che a parer suo «di fare un fronte per sconfiggere le destre ai cittadini non frega niente»; ieri il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, ha mandato a quel paese (eufemismo) il suo premier: «Fanculo a chi cerca di imporci un rinnovato bipolarismo», ha scritto Di Stefano su Facebook, «noi siamo altro e siamo nati con lo scopo di scardinare il sistema».La situazione all'interno dei gruppi parlamentari M5s, per quanto possibile, si va chiarendo. Una parte, capitanata da Luigi Di Maio, rimpiange l'intesa con la Lega; un'altra, più realistica, sempre eterodiretta dallo statista di Pomigliano d'Arco, è attestata sulla linea della «terza via», equidistante da centrodestra e centrosinistra, e si basa sull'eventuale approvazione della legge elettorale proporzionale, che darebbe al M5s la possibilità di essere indispensabile per la formazione di un qualunque governo anche con una percentuale intorno al 15%; una terza, capitanata da Conte, Beppe Grillo e Roberto Fico, spinge per un'alleanza organica con il Pd e con la sinistra.La resa dei Conte è prevista per gli stati generali, in programma a metà marzo, che però potrebbero slittare a dopo il referendum sul taglio dei parlamentari, previsto per il 29 dello stesso mese. Nell'attesa che questa sorta di congresso decida la linea, con i rischi di scissione che ogni scelta così traumatica comporta, la guerra interna si combatte sui temi. Qualche esempio? Sulla revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia, Conte, a Otto e mezzo, su La 7, è stato sibillino: «Non abbiamo ancora raccolto gli ultimi pareri», ha detto il premier, ma siamo lì lì… Esiste un problema di sistema, dobbiamo ancora verificare i termini tecnico-giuridici».Tanto è bastato per far volare in borsa il titolo di Atlantia (+6,3%). Ieri Il viceministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, del M5s, in mattinata, a Radio24, alla domanda sulla possibilità che la revoca venga accantonata, è stato possibilista: «Per noi no», ha detto, «però può sempre accadere». Nel pomeriggio, si è corretto: «Il M5s», ha scritto Cancelleri su Facebook, «vuole e chiede la revoca delle concessioni ai Benetton. Se qualcuno ha dei dubbi nel governo lo dica chiaramente». I dubbi, poche ore prima, li aveva lui, ma ormai alle acrobazie grilline siamo abituati.E i decreti Sicurezza? «Si è fermata la crescita», ha detto alla Stampa il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, «e gli investimenti, e c'è più insicurezza dopo i decreti di Salvini. Ci sono elementi critici che vanno affrontati con determinazione senza rimandarli». La Verità ha chiesto a un'autorevolissima fonte del M5s se ci sono i margini per cambiare i decreti Sicurezza: «Se agli stati generali», è stata la risposta, «si supera la linea di Di Maio, forse sì».
Jose Mourinho (Getty Images)