
La città fondata nel mezzo del deserto del Nevada non è solo un agglomerato di casinò visibile dallo spazio bensì un labirinto in cui ogni metro è pensato per l'azzardo: dalle slot nei bagni all'intrattenimento per mogli. Las Vegas! È arrivato il momento di parlare della capitale del gioco d'azzardo, dei grandi sfolgoranti alberghi, del divertimento, degli spettacoli. La meta irrinunciabile di giocatori provenienti da ogni parte del mondo. Ci sono stato molte volte, nella splendida stagione della gioventù che fu, e mi fa piacere raccontarvi l'essenza di ciò che ho capito. Si tratta di tre straordinarie intuizioni, alla base di un successo ormai leggendario nel pianeta. La prima intuizione di coloro che hanno inventato e costruito tale grandezza è questa: aver capito che il giocatore vuole divertirsi, vincere o perdere, senza complessi di colpa e senza crisi di coscienza. Quindi, la vacanza ai giocatori offre una distesa di colossali alberghi-casinò lungo boulevard South, più semplicemente conosciuta come la Strip: una strada lunga un po' meno di 7 chilometri (6,8 per la precisione), che si estende fra Paradise e Winchester, sobborghi di Las Vegas, in Nevada. Una ventina degli alberghi sono tra i più grandi del mondo, con decine di migliaia di stanze e lussuose suite a disposizione. Ma l'intuizione va oltre questa imponente accoglienza. Non c'è solo il paradiso (e l'inferno) per i giocatori che puntano il loro denaro e vogliono tranquillità senza rotture di scatole, per intenderci. Il divertimento è pronto anche per le famiglie: ogni sera c'è qualche grande spettacolo per mogli (o amanti), bambini, adolescenti, adulti e anziani. I più grandi cantanti e attori sono passati da qui, comici, star televisive, imitatori, illusionisti. E i campioni dello sport, a cominciare dai più famosi pugili impegnati in sfide mondiali. Così il giocatore, se vuole, partecipa; se no, col cuore in pace resta inchiodato ai tavoli verdi, contento nel sapere che i suoi cari, dal nonno ai figlioletti, si stanno divertendo in altri modi. Seconda intuizione: il turista-giocatore dev'essere allettato dai prezzi super convenienti. Le camere a prezzi stracciati, buffet con cibo sovrabbondante a qualsiasi ora incluso nel costo della camera, è così via. Negli alberghi e dovunque: ricordo manifesti pubblicitari che segnalavano la possibilità di cenare con una maxi bistecca e un'aragosta per 5 dollari. Il criterio è consentire che il turista possa vivere in maniera principesca e tenere in saccoccia tutto il denaro da spendere al gioco.Terza e ultima intuizione strategica: il giocatore deve avere la possibilità di giocare quando e dove vuole, in qualsiasi ora. Perciò nei casinò molti tavoli restano aperti 24 ore. E dove? Dovunque: le slot machines sono piazzate nei corridoi, anche nei gabinetti, le ho viste perfino a fianco degli ascensori, per ingannare l'attesa. Oggi la Strip, di notte, è il cuore dell'eccesso: luci, colori, musiche, chiasso, insegne pirotecniche, gli alberghi sfavillanti, le auto lussuose. Di giorno invece è irriconoscibile: non le dona la luce del sole, è spoglia. Nuda e fredda come una donna senza vestiti, ma priva di sensualità. Ma com'era, un tempo, questa strada divenuta tra le più famose del mondo? Ricordo che una volta, di ritorno da Las Vegas, incontrai casualmente l'arcivescovo Paul Marcinkus, nell'aeroporto di New York, il potetinssimo protagonista di numerosi scandali come leader dello Ior, la banca del Vaticano. Lo avvicinai, mi presentai, avrei voluto porgli qualche domanda sulle sue vicende. Non ci riuscii perché, appena seppe che provenivo da Las Vegas, si tuffò nei suoi ricordi. Marcinkus, detto «Chink», o anche «gorilla» per la statura e la folta pelosità, mi disse che era stato a Las Vegas quando Las Vegas non esisteva: la Strip era una stradina stretta e polverosa, le auto dovevano passarci una per volta, se si incrociavano una era obbligata a lasciare il passo all'altra. Mi fece tante domande, capii che gli sarebbe piaciuto tornarci, ma non gli era possibile, per ragioni di opportunità. l'origine Ma come iniziò la storia di questa magica città? Tom Hull, un ricco americano, nel 1938 stava viaggiando attraverso il deserto del Nevada: ebbe un problema all'auto e rimase per ore sotto il sole bollente, aspettando qualcuno che potesse aiutarlo. E così pensò di costruire nella zona un grande hotel e vi installò un casinò, chiamandolo El Rancho. Impresa non semplice, all'epoca il gioco d'azzardo era molto ostacolato, per relazioni e attività legate ad ambienti mafiosi e di malavita.Dopo essere divenuta uno snodo ferroviario importante, Las Vegas era stata ufficialmente fondata il 15 maggio 1905, lo status di città arrivò sei anni dopo. E nel 1931 lo stato del Nevada approvò la legge sulla legalizzazione del gioco d'azzardo in via definitiva, con immediati e importanti investimenti. È la capitale della Contea di Clark ed è la città più importante Nevada, stato confinante con la California. Ha solo 600.000 abitanti, ma oltre 40 milioni di turisti la visitano ogni anno. Per raggiungerla in aereo dall'Italia ci vogliono 13 ore di volo. Le temperature sono alte. Da maggio a settembre anche giornate da 46° gradi. A dispetto del deserto, il suo nome in spagnolo significa «pianure fertili», il territorio vanta anche alcune aree verdi. È la città più illuminata del mondo, la Nasa ha affermato che dallo spazio si può notare un puntino luminoso: Las Vegas si vede anche da lassù grazie ai suoi 15.000 km di luci al neon. E i matrimoni? Qui ne vengono celebrati circa 400 al giorno, grazie a più di 50 cappelle operative 24 ore su 24. Gli alberghi riproducono e imitano alcuni tra i luoghi più belli del mondo. Luxor e la Sfinge, alta più di 30 metri, più dell'originale; il Venice con le gondole, il Caesars con il Colosseo, Paris con la torre Eiffel. Quanto guadagnano i casinò? Spicciolo più o spicciolo meno, si calcola circa 20 miliardi di dollari l'anno. GIOCATORI FAMOSIIl magnate australiano Rupert Murdoch ha realizzato la vincita più grossa registrata in un casinò di Las Vegas: 25 milioni di dollari. Ma sono numerose, e forse esagerate, le storie di eccezionali giocatori. Come quella del britannico Ashley Revell, che puntò tutto sul rosso e la pallina si adagiò proprio sul 7, rosso. Revell duplicò il suo budget a 270,600 dollari, poi mostrò grande saggezza: anziché puntare e rischiare ancora, regalò un gruzzoletto a un amico e se la svignò. Il produttore televisivo Simon Cowell si è ispirato alla storia di Revell per il game show britannico chiamato Rosso o Nero?. Nel 2008 una baby sitter vinse 2 milioni e mezzo nel suo primo viaggio a Las Vegas. Si chiama Jessica Agbunag: nel ricordo della nonna appassionata di slot, puntò 16 dollari in un mega jackpot del California Hotel e vinse quella cifra incredibile. A Las Vegas si trovano i giocatori più bizzarri del mondo, capaci di qualsiasi cosa. Terry Watanabe è uno dei più famosi degli ultimi anni. Padrone di una fortuna per la vendita delle quote di maggioranza dell'azienda di famiglia (un colosso nel mercato dei giocattoli), nel 2007 perse circa 200 milioni di dollari nei casinò. Durante quell'anno, il 6% delle entrate dei casinò Harrah's di Las Vegas fu dovuto proprio alla sua compulsiva ossessione. Un'altra storia incredibile è quella di Shoeless Joe, un vecchio che entrò a piedi nudi al Treasure Island Casino di Las Vegas nel 1995, facendosi cambiare l'assegno di previdenza sociale in 400 dollari di fiches. Si sedette al tavolo da blackjack e, nonostante non ne sapesse nulla di strategia, la leggenda vuole che Shoeless Joe trasformò 400 dollari in 1,5 milioni nel giro di due settimane. I croupier non lo amavano, a causa della sua scarsa igiene personale e del suo comportamento irritante: inoltre si dice che non avesse dato neppure un centesimo di mancia, nonostante la sua incredibile striscia vincente. Shoeless Joe continuò a sfidare la sorte e alla fine perse tutto, uscendo dal casinò con le tasche vuote, per la gioia dei croupier e dei membri dello staff. HOTEL iconici. Nella mia giovinezza, questi erano i miei preferiti. Il primo Caesars (inaugurato nel 1966), per la stupida stupidissima vanità di andare nel grandioso albergo che porta il mio nome: quasi sempre punita per la sfortuna nel gioco. Con la ricostruzione sommaria del Colosseo, in omaggio a una particolare esibizione dell'attrice e cantante Céline Dion. Poi il Mirage, con riferimenti espliciti alla Polinesia, è un vulcano alto 16 metri: ogni sera un'edizione spettacolare. E l'Excalibur, dedicato a Re Artù e ai cavalieri della tavola rotonda (28 piani, 4.000 camere). L'Mgm propone il leone della Metro Goldwin Meyer, con un parco acquatico e uno zoo con leoni veri. Infine il Paris, dedicato alla capitale francese.Non ci sono orologi né finestre, in tutti gli alberghi-casinò, le uscite sono strategicamente collocate in punti scomodi, al termine di percorsi simili a un labirinto contornato da slot machines e tavoli per i vari giochi. Si possono ordinare continuativamente alcolici e snack, a prezzi modici o addirittura gratis: si sa che in molte sale i giocatori possono fumare ai tavoli, in modo che non debbano allontanarsi. I croupier, a differenza di altre località, sono istruiti per intrattenere i clienti, oltre che per svolgere il loro lavoro ordinario. È richiesta una bella presenza, buone capacità comunicative e soprattutto essere sempre pronti a rispondere cordialmente con una battuta a qualsiasi comportamento stravagante dei clienti. BUGSY E LA MAFIAA metà degli anni Trenta Bugsy Siegel, criminale legato al sindacato ebraico, partecipa all'assassinio del boss Joe Masseria organizzato da Lucky Luciano a New York. Nel 1945 (già da qualche anno seguiva il giro del gioco d'azzardo in California), Siegel ottiene finanziamenti per la realizzazione dell'hotel casinò Flamingo a Las Vegas, tutt'ora esistente. La struttura costa 6 milioni di euro anziché il milione e mezzo preventivato, a causa di una gestione sconsiderata e poco trasparente da parte di Siegel. Negli anni a seguire il Flamingo diventerà un modello per altri resort legati alla malavita, come Thunderbird, Desert Inn, Sahara, Sands, Dunes, Riviera, Tropicana e Stardust. Nel 1947 dopo sei mesi di attività del Flamingo, Siegel viene assassinato in una sparatoria a Beverly Hills, California, dove abita la sua fidanzata. Pare che siano stati gli stessi suoi colleghi, tra i quali un suo amico d'infanzia, a ordinare l'omicidio.Nel 1971 Antony Spilotro viene inviato a Las Vegas per prendere possesso del racket e dell'usura e della microcriminalità, al tempo gestiti da Marshall Caifano. Nel Giugno 1986 i corpi martoriati di Antony Spilotro e di Michael, suo fratello minore, vengono ritrovati sepolti in un campo dell'Indiana. Nel 1997 Herbie Fat Blitzstein, luogotenente e compagno di infanzia di Spilotro, viene assassinato in seguito a un complotto dei mafiosi di Buffalo e Los Angeles, allo scopo di assicurarsi il primato sulle attività di usura.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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