La Chiesa gli rifiutò la benedizione, la sua salma fu spostata fin troppe volte. Ma qualcuno lo udì suonare anche dall'aldilà.La fama di Paganini si estese in tutta l'Italia e l'Europa e nacquero le prime leggende su di lui. Mentre i romantici celebrarono in Paganini il loro mito della musica, altri accusarono l'artista di aver stretto un patto col diavolo che gli aveva trasmesso i segreti più reconditi dell'arte.L'aspetto del maestro alimentava queste voci, perché quando suonava si agitava contorcendosi come un invasato. Il grande poeta romantico tedesco Heine lo sentì suonare e scrisse: «Nessuno ardì mai sognare ciò che in verità si sente. Lo si vede, lo si ascolta, si piange, si ride e si pensa a qualcosa di sovraumano».L'immagine demoniaca che si diffuse non si conciliava tuttavia con tanti episodi di generosità che costellarono la vita del genio. Come quando nel 1832 offrì un concerto a favore dei colerosi proprio nel momento di massima acutezza dell'epidemia. Oppure quando visitò, incurante del contagio del colera, gli ospedali di Pammatone.Paganini, oltre a questa bontà d'animo, aveva anche particolari civetterie. Ad esempio quella di abbassarsi l'età per apparire più giovane: gli seccava dover confessare i suoi anni. Per questo ingannò i suoi biografi abbassandosi l'età di due anni. Affermò di essere nato nel 1784 anziché nel 1782, come invece risulta dai documenti ecclesiastici.È poi accertato che Paganini fu rinchiuso in prigione per una decina di giorni: furono le conseguenze di una sfortunata storia d'amore. Fu una vicenda a carattere picaresco, in cui il celebre musicista venne sfruttato a dovere da gente di dubbi costumi. Si era fatto coinvolgere per ingenuità, per bisogno d'affetto e fu veramente amareggiato da questo episodio.Nonostante la grande fama, il maestro durante i suoi viaggi pare che alloggiasse in alberghi di seconda o terza categoria per risparmiare e la poca roba che portava con sé la conservava nell'astuccio del violino.Però bisogna riconoscere che era capace di grandi gesti di generosità verso i colleghi offrendo somme di denaro per aiutarli, come fece con Berlioz. Inoltre non rifiutò quasi mai di dare concerti per beneficenza.La sua personalità irrequieta e senza pace lo portava a vagare per l'Europa apparendo in una o nell'altra capitale da Parigi, Berlino e Londra, ma i concerti lo spossavano a tal punto che al termine di ogni esibizione era costretto a restarsene a lungo disteso tante erano le energie che sprecava suonando.Non gli mancava il senso dello humor, che del resto emerge da tutta la sua musica. Ne è un esempio quanto accadde una volta, a Roma, durante il martedi grasso, quando Paganini si trovava in compagnia dei suoi amici Rossini e Massimo D'Azeglio.Paganini improvvisò uno scherzo. I tre amici si vestirono da mendicanti e girarono per il corso cantando alcuni versi messi in musica da Rossini: «Siam ciechi, siamo nati per campar di cortesia, e in giornata d'allegria non si nega carità…».Cieco Paganini non lo era affatto, tuttavia attraverso la lettura della sua corrispondenza si può comprendere di quali e quanti mali fisici soffrisse. Mali che lo tormentarono tappa per tappa in una sorta di calvario che ebbe fine solo con la morte.Nelle sue lettere appaiono le illusioni e le speranze del malato purtroppo assistito con fini non sempre onesti da più di un medico. Dalle carte emergono le infinite cure a cui si sottopose, con pazienza e rassegnazione, questo uomo nervoso, irrequieto, e di fondo malinconico. Paganini combattè con ogni mezzo la sofferenza fisica senza badare a sacrifici. In una lettera afferma che avrebbe dato persino il suo prediletto Guarneri a chi fosse riuscito a liberarlo soltanto dalla tosse.Ma torniamo alla musica. Un giorno Paganini si recò ad ascoltare la sinfonia Fantastica di Berlioz, musicista francese a quei tempi ancora sconosciuto e ne rimase talmente entusiasta da affidargli la composizione di un concerto per viola e orchestra. Berlioz si mise subito al lavoro e mostrò i primi schizzi a Paganini. Dopo un rapido esame, Paganini lamentò che il lavoro aveva troppe battute d'aspetto per il solista e concluse: bisogna che io suoni sempre.Per lui, infatti, l'orchestra non rappresentava altro che un riempitivo della linea solistica e spesso infatti la riduceva a una parte secondaria. Era convinto che solo il suo violino dovesse emergere ed essere il protagonista esclusivo.Dopo poco tempo Paganini assistette alla prima esecuzione dell'Aroldo di Berlioz che è una composizione per viola e orchestra. L'ascolto produsse nel maestro un impressione tale che si inginocchiò davanti a Berlioz baciandogli la mano. E il giorno dopo Berlioz si vide recapitare la somma di 20.000 franchi accompagnata da un biglietto pieno di lodi, su cui era scritto: «Mio caro amico, Beethoven spento, non c'era che Berlioz che potesse farlo rivivere ed io che ho gustato le vostre divine composizioni, degne di un genio qual siete, credo mio dovere di pregarvi a voler accettare in segno di mio omaggio 20.000 franchi».Da una lettera inviata al suo allievo Germi, si apprende che Paganini si dedicò nei primi anni della sua carriera all'esecuzione di musica da camera con gli amici. Aveva una predilezione per i quartetti di Beethoven, musicista per il quale dimostrò sempre una profonda venerazione.Se da un lato egli si faceva colpire dai grandi, era a sua volta in grado di colpire profondamente chi lo ascoltava. Schumann, ad esempio, fu presente a un concerto di Paganini e ne ricevette un'impressione incancellabile, tanto che più tardi gli dedicherà un brano del Carneval e ne trascriverà per pianoforte 12 capricci.Ecco ciò che scrisse Schumann dopo aver ascoltato Paganini: «Mai mi fu dato di ascoltare un fenomeno del genere. Egli iniziò con un suon esile e gradualmente in maniera impercettibile il suo magnetismo librò catene sopra l'uditorio. Da prima esse vagavano qua e la, poi i loro anelli si fecero più tentatori e legarono le anime sempre più strette fino a fonderle in un tutto che stava compatto di fronte al maestro».Nonostante fosse stato tanto apprezzato in vita, Niccolò quando morì non ricevette da tutti l'apprezzamento che avrebbe meritato. Dopo essere stato imbalsamato il cadavere di Paganini venne infatti deposto senza ricevere alcuna benedizione in un sotterraneo dell'ospedale di Villefrance in Francia. Il vescovo di Nizza vietò di seppellirne il corpo in terra consacrata. Tra l'altro, la presenza del cadavere in quel luogo suscitò inquietanti voci. Alcuni passanti furono disposti a testimoniare di aver udito, la notte, strani lamenti e suoni di violino. In seguito la salma fu trasportata a Genova e successivamente fu trasferita a Villa Gaione, vicino a Parma, senza nome e senza croce. Quando nel 1893 la bara venne aperta i lineamenti del musicista apparirono pressoché immutati. Nel 1865 la salma venne quindi trasferita nel cimitero di Parma e anche quando nel 1940 la cassa fu riaperta i lineamenti del maestro appaiono ancora immutati.In ogni caso, mi pare che complicata vicenda della sepoltura di Paganini dimostri che anche le gerarchie ecclesiastiche possono commettere errori, e nel caso del maestro furono imperdonabili. Per godere al meglio della bellezza dell'opera di questo genio senza eguali suggerirei di ascoltare le memorabili interpretazioni di Yehudi Menuhin e quelle di un grandissimo violinista italiano che purtroppo non è stato riconosciuto in tutto il suo valore, Aldo Ferraresi. Nelle più belle melodie paganiniane, Ferraresi fa risaltare il bel canto belliniano come nessun altro artista prima. Egli fu artista di classe eccelsa con una cantabilità degna di Enrico Caruso e di Maria Callas. Il suo approccio di vari stili è di una tale profondità e sincerità che lo mettono nel più alto grado del firmamento violinistico.
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