2019-08-13
Jp Morgan benedice il fisco leghista, mentre a Goldman Sachs piacciono Pd eM5s. I mercati temono la Via della seta.Piazza Affari parte bene, poi nella giornata di ieri ripiega verso il basso chiudendo sostanzialmente in parità. È un po' la sintesi della giornata complessiva sui mercati che ha visto forti penalizzazioni un po' per tutte le piazze. Molti analisti nostrani, come spesso accade visto l'influenza del partito dei Forza spread, hanno puntato il dito sulla crisi di governo in atto. Il differenziale rispetto al bund tedesco si è infatti piazzato sui 230 punti base, ma è praticamente stabile dopo l'impennata seguita alla sfiducia verbale di Matteo Salvini a Giuseppe Conte. Anzi, per certi versi, Milano ha fatto meglio di altre piazze. In concomitanza con l'inversione di rotta di futures Usa, sulla scia delle tensioni valutarie con la Cina e delle proteste a Hong Kong, con l'aeroporto bloccato dai dimostranti, Madrid, Londra e Parigi hanno chiuso con segni meno lasciando il colore verde solo alle trattative sull'oro. Questo insistere su Piazza Affari come se fosse semplicemente il riflesso automatico delle mosse di Salvini rischia, però, di far perdere di vista le effettive pressioni che insistono sul nostro Paese. Domenica la banca d'affari americana Jp Morgan ha rilasciato uno studio dedicato a questa fine d'anno sostenendo che soltanto un governo di destra sarà in grado di avviare uno choc fiscale sullo stile di Donald Trump. Un implicito messaggio agli investitori istituzionali. La riforma del sistema impostivo è fondamentale per il rilancio dell'economia. Ieri è stata invece la volta di Goldman Sachs. Istituto sempre americano, ma con riflessi decisamente più vicini al mondo dem, tant'è che in Italia ha sempre fatto riferimento a uomini come Romano Prodi. «La situazione politica italiana è molto fluida ed è molto difficile prevedere cosa succederà», si legge nel report dell'Istituto, «secondo il nostro punto di vista un governo istituzionale, nel breve termine, piacerebbe ai mercati mentre le elezioni politiche nel quarto trimestre, data la forza della Lega nei recenti sondaggi, sarebbe nel breve termine una notizia negativa, perché gli investitori dovrebbero aumentare il prezzo del rischio di un ulteriore indebolimento delle prospettive delle finanze pubbliche, di declassamento delle agenzie di rating e di un dialogo più conflittuale con i partner europei sia riguardo la politica di bilancio sia quella migratoria». È probabile, ipotizza Goldman Sachs, che «il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, spinga i partiti politici a supportare un governo istituzionale che faccia la legge di bilancio 2020 prima delle elezioni per evitare il rischio di reazioni negative da parte dei mercati. Tuttavia non si sa se in Parlamento ci sia una maggioranza che supporti un tale governo».Al di là dell'ultima frase che è un po' acqua fresca, la posizione di Goldman Sachs è tutta spostata a favore dell'asse filo europeo che si ispira al presidente della Repubblica. Mentre Jp Morgan sembra spingere su Salvini per avviare un nuovo ciclo di atlantismo spinto. Al contrario, gli ambienti dem continuano a immaginare il nostro Paese come una nazione cuscinetto sia tra Europa e Russia, sia tra Europa e Cina. Perché la vera battaglia aperta è proprio quella in atto tra la Casa Bianca trumpiana e la leadership di Xi Jinping. Il governo d'inciucio tra Pd e 5 stelle sarebbe in assoluto il più filocinese della storia italiana. E ci riferiamo già ai passati rapporti di Romano Prodi e pure di Paolo Gentiloni. «L'Italia può essere protagonista in questa grande operazione a cui la Cina tiene molto: per noi è una grande occasione e la mia presenza qui significa quanto la riteniamo importante», aveva detto l'ex premier nel 2017. Mentre Matteo Renzi nel 2016, alla tv pubblica cinese Cctv ha persino dichiarato: «Penso che abbiamo molte possibilità se seguiamo l'iniziativa One Belt One Road ma nella mia mente la priorità è la decisione raggiunta dal governo italiano di cambiare la regolamentazione dei porti: questa è un'opportunità davvero grande, perché l'Italia è una terra bagnata dal mare e la conclusione della strada tra la Cina e l'Europa possono essere proprio i porti italiani». Il futuro dei rapporti tra Italia e Stati Uniti si gioca attorno alla partita del 5G. La Via della Seta è un falso problema. Sarà il grimaldello per entrare nella telefonia e nel mondo della trasmissione dati. Trump sa bene che fare entrare un altro partner strategico in Italia significa perdere il controllo del Mediterraneo e quindi del Medioriente. Se The Donald dovesse perdere questa partita non potrà spendere tutte le sue carte durante le presidenziali del 2020. Dietro il fumo dello spread si nasconde la vera battaglia geopolitica. Ed è importante sapere chi sta con chi. Perché la scelta del voto porto in una direzione la scelta di un inciucio porta a Parigi, Berlino e Pechino.
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






