2018-06-02
Le femministe rabbiose del Me too hanno un nuovo paladino: Bill Clinton
L'ex presidente Usa pubblica un thriller e pontifica sui diritti delle donne: «Meno abusi e discriminazioni». Peccato che si dimentichi dell'amicizia con Harvey Weinstein, che gli pagò le spese legali del caso Lewinsky.Nel nuovo mondo ridisegnato dalle femministe rabbiose del movimento Me too, tutti gli uomini sono mostri, ma qualcuno è meno mostro degli altri. Per la precisione, trattasi dell'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Mentre Donald Trump viene pubblicamente accusato di essere un predatore, un misogino e un razzista, il simpatico Bill può tranquillamente trasportare in giro per il mondo la sua faccia di bronzo e pontificare sulla questione femminile. Lo dimostra l'intervista che ha concesso al Venerdì di Repubblica uscito ieri. Clinton ha presentato il thriller firmato assieme a James Patterson, uno dei più celebrati autori americani di bestseller. Il romanzo s'intitola Il presidente è scomparso (Longanesi) e non merita chissà quale esame critico: è un libro d'intrattenimento come tanti altri, in cui si parla di cyber terrorismo, di traditori alla Casa Bianca eccetera. A quanto pare, il vecchio Bill aveva bisogno di una piccola iniezione di liquidità. A stupire, più che la trama, sono le dichiarazioni di Clinton ad Alberto Flores d'Arcais di Repubblica. «Nel nostro racconto», spiega l'ex presidente, «le donne ricoprono ruoli fondamentali: vicepresidente degli Stati Uniti, direttore dell'Fbi, premier israeliano, cecchino-killer. E, quando abbiamo iniziato a scrivere, il movimento Me too non era ancora nato. Forse ora avremmo scritto qualche pagina in più». Bravo Clinton, lui sì che è davvero attento ai diritti femminili. Sentite che cosa risponde quando l'intervistatore gli chiede se, secondo lui, il futuro sarà nelle mani delle donne. «Io spero che apparterrà alle donne e agli uomini, insieme», dichiara Bill serissimo. «Da presidente ho nominato il primo Segretario di Stato donna, la prima ministra della Giustizia, ho scelto diversi giudici donne…». Dopo essersi detto affranto per la mancata elezione di Hillary alla Casa Bianca, Clinton spiega che prima o poi («spero molto presto») una donna sarà scelta come presidente. Quindi aggiunge: «Questa è la grande sfida che attende tutti e due i generi: meno abusi, meno discriminazioni, ridistribuzione del potere. Quando due diversità si incontrano tutto diventa molto più interessante, possono nascere nuove idee, si possono avere nuove visioni. L'incontro fra due gruppi diversi può dare vita a scelte e decisioni migliori. […] La diversità è una grande ricchezza, anche se nel mondo di oggi molti pensano il contrario». Insomma, abbiamo scoperto che il Me too ha un nuovo sostenitore: Bill Clinton in persona. La faccenda è interessante, perché l'appoggio al movimento femminista lo ha dato pure Monica Lewinsky, la più celebre stagista di tutti i tempi, la signorina che si intratteneva con Clinton medesimo nello studio ovale della dimora presidenziale. Ovviamente, nelle sue interviste, Bill non la cita mai. E quando lo costringono ad affrontare l'argomento (cosa che Repubblica chiaramente non ha fatto) tenta di svicolare disperato. Un esempio? Eccolo. La senatrice democratica Kirsten Gillibrand, alla fine di novembre dell'anno scorso, ha rilasciato un'intervista al New York Times in cui ha spiegato che Clinton avrebbe dovuto dimettersi dopo lo «scandalo Lewinsky». Sapete quando ha risposto Bill? Due giorni fa. Ovvero sette mesi dopo. E sapete che cosa ha detto? Semplice: che a quei tempi «il contesto era diverso». Come a dire: allora non c'era il Me too, dunque potevo tranquillamente restare al mio posto senza essere linciato. Suggestivo. Il novello paladino della «questione femminile» approva l'assalto al molestatore solo quando tale assalto non prende di mira lui. Per altro, ci sarebbero da considerare anche altri fattori. L'attivissimo Clinton è stato a lungo in ottimi rapporti con Donald Trump, ovvero lo stesso uomo che oggi viene trattato da orrendo maschilista e nemico delle donne. Non solo. Bill era in ottimi rapporti pure con Harvey Weinstein. Esistono innumerevoli fotografie che li ritraggono assieme ad eventi mondani. È stato il Washington Post, qualche mese fa, a rivelare che Weinstein fu tra i volenterosi che contribuirono a pagare le spese legali dell'allora presidente impegnato a difendersi dalle accuse per il caso Lewinsky. Harvey donò circa diecimila dollari a beneficio del suo referente politico. Chissà, forse Weinstein immaginava già che, un giorno, sarebbe potuta accadere a lui la stessa cosa. Comunque sia, è davvero impressionante il coraggio con cui Clinton viene a pontificare oggi sui diritti delle donne. Il suo mondo, quello dei democratici, ha partorito uno scandalo sessuale dopo l'altro. Persino Eric T. Schneiderman, 63 anni, procuratore generale di New York, cioè il liberal d'acciaio che ha avviato un'azione legale contro Weinstein, è stato accusato di abusi da quattro donne. Non solo Clinton evita di menzionare tutto ciò (forse anche perché gli intervistatori evitano di chiedere), ma offre il suo sostegno a un movimento di criminalizzazione del maschio realmente pericoloso. È emblematico, a questo proposito, ciò che dice oggi Monica Lewinsky. Parlando a Vanity Fair, ha dichiarato: «Sto iniziando a considerare l'idea che in quel caso la questione del consenso avrebbe potuto essere discutibile». Cioè: forse, con il senno di poi (cioè del Me too) avrei potuto dire che Clinton mi aveva obbligato ad avere rapporti. In pratica, ciò che negli anni Novanta era «sesso consenziente» ora diventa molestia. Perché i rapporti di potere sono cambiati, perché «il contesto è diverso», e oggi ci si può permettere di trattare un uomo da molestatore anche se - come sostiene la femminista Germaine Greer - ti ha offerto «pessimo sesso». Il tutto con l'approvazione di Bill Clinton, paladino delle donne.