2022-04-02
Le carte Fincantieri: «D’Alema lavorava con noi già dal 2019»
Giuseppe Giordo: trattative in Colombia avviate su input dell’ex premier. E il manager Federico Riggio conferma la trasferta libanese con «Max».Giovedì abbiamo svelato che Massimo D’Alema, prima dell’inizio del Colombia-gate, aveva già collaborato con Fincantieri, per l’esattezza nel 2019, quando il direttore generale della divisione Navi militari Giuseppe Giordo (l’unico che sta pagando per l’affaire) non era in azienda. Abbiamo scritto che nell’estate di tre anni fa l’ex premier aveva effettuato una trasferta in Libano con Federico Riggio, responsabile per il Medio Oriente dell’area commerciale di Fincantieri. A ridosso di quel viaggio la multinazionale aveva firmato un contratto la società di consulenza Ernst&Young di cui l’ex premier era già probabilmente consulente (oggi è presidente dell’advisory board). Valore massimo dell’accordo 560.000 euro (ci risulta ne siano stati pagati 400.000) per essere supportati nel Paese dei cedri per eventuali gare; erano inoltre previsti altri 400.000 per un eventuale supporto legale mai attivato. Con noi Riggio ha ammesso la trasferta con D’Alema, pur rimanendo abbottonato, essendo in corso un audit: «Lui (D’Alema, ndr) credo che fosse già lì (a Beirut, ndr), in effetti, se non ricordo male… avevamo un contratto di consulenza con Ernst&Young per la produzione di report che avevano un taglio sia industriale che di analisi […] sulle industrie kuwaitiane, libanesi, in genere mediorientali. Facevano anche un ottimo studio sull’Arabia Saudita e sui profili geopolitici…». Mai state vendute delle navi in Libano? «Purtroppo, è storia nota, dall’ottobre 2019 c’è stata prima una forte protesta di piazza, poi il Covid, quindi la grande esplosione. Tutto è passato in secondo piano. Penso che non si parlerà più per anni di un’acquisizione navale o militare». E D’Alema a che titolo era con lei? «Ritengo che ci fosse già la consulenza con E&Y». L’accordo è del 9 settembre 2019… «Sicuramente ci siamo mossi dentro un contratto con E&Y. Forse non era luglio, forse era settembre. Comunque era sicuramente estate». Come detto, l’unico sospeso per il momento è Giordo, mentre l’amministratore Giuseppe Bono attende le decisioni del governo sulla sua conferma, sull’eventuale spostamento nel ruolo di presidente o sul pensionamento. La colpa del dg? Aver provato a vendere navi e sommergibili in Colombia con la sponsorizzazione di D’Alema, che in realtà, come dimostra il caso Libano, non era uno sconosciuto in azienda. Salvo diventare, solo dopo i nostri scoop, un consulente radioattivo capace di fulminare la carriera di chi aveva avuto rapporti diretti con lui. Eppure il 21 dicembre scorso in Fincantieri non era passato inosservato un pranzo dell’ex premier con l’ad Bono e una terza persona nella sede di via Tevere. In quel periodo la trattativa ferveva e quindi quella colazione di lavoro non poteva che essere considerata la conferma degli addentellati dell’ex leader Pds dentro Fincantieri. Giordo in una nota riservata sulla Colombia inviata ai vertici e all’ufficio legale, visionata dalla Verità, ha specificato che l’azienda era stata contattata in vista dell’ampliamento dei cantieri colombiani Cotecmar e che negli ultimi mesi l’interesse di Marina e istituzioni dello Stato sudamericano per le proposte di Fincantieri era aumentato. Ma ecco il passaggio chiave: «A dicembre 2021 siamo stati informati dal Presidente D’Alema che il governo colombiano voleva ammodernare i propri asset della Difesa». Quindi è l’ex premier a far scattare l’operazione oggi tanto vituperata. E D’Alema, grazie ai broker italiani che lo avevano coinvolto, qualche canale era riuscito ad aprirlo: «A fronte di un invito pervenuto dalla Marina militare colombiana, abbiamo inviato presso Cartagena (sede di Cotecmar, ndr) il nostro responsabile commerciale dell’area che ha effettuato una presentazione tecnica dei potenziali prodotti di interesse e cioè le corvette e i piccoli sommergibili. Presentazione ovviamente non dettagliata, ma con dati noti al pubblico». Era la metà di dicembre e dopo pochi giorni D’Alema avrebbe incontrato Bono. Giordo fa sapere anche che, non conoscendo bene il Paese, pur accettando di presentare i propri prodotti aveva «preferito non sviluppare contatti di supporto locali»: «Ci siamo affidati alle informazioni provenienti dalla a noi più nota Robert Allen group che già collabora con Fincantieri negli Stati Uniti e che era già presente da anni in territorio colombiano». Robert Allen è lo studio legale di Miami «segnalato» da D’Alema e collegato all’ex premier attraverso un ragioniere di fiducia e il suo socio Massimo Tortorella. Dunque il dg evidenzia la pregressa collaborazione tra gli avvocati e l’azienda. In una mail inviata a Bono il 24 marzo, Giordo sottolinea anche che, prima del suo arrivo in Fincantieri, D’Alema aveva collaborato con la società «tramite contratto con Ernst&Young» e che il suo «coinvolgimento» nell’affare colombiano era stato «sin da subito rappresentato (come era giusto che fosse)» a Bono, anche se non dal dg. Nella nota Giordo racconta che da Bogotà arrivò un invito a inizio gennaio: «Siamo stati informati del potenziale incontro con lo stesso ministro della Difesa in aggiunta alla commissione preposta per analizzare la soluzione proposta da Fincantieri. Abbiamo anche informalmente verificato negli Usa e ci siamo recati per un giorno in Colombia». Il manager ricorda che a Bogotà era presente anche una delegazione di Leonardo, che, però, lui e i suoi non hanno incontrato. Gli uomini di Fincantieri in Sud America, avrebbero immediatamente messo in chiaro, «anche alla presenza dello studio legale», che prima prima di completare «il processo di due diligence previsto» occorreva capire se esistesse un vero interesse. E il memorandum of understanding firmato a Bogotà? «Sostanzialmente una minuta di riunione» a cui non sono seguite ulteriori «interlocuzioni». Risultato: «Non abbiamo finalizzato le attività di due diligence verso lo studio legale e non abbiamo neanche inviato l’offerta essendo ingaggiati del resto in attività ben più strategiche al di fuori della Colombia».La trattativa con Bogotà non imbarazza solo Fincantieri, ma anche Leonardo. Ieri il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha annunciato l’avvio delle audizioni in commissione Difesa sull’import-export delle armi: «Mercoledì sentiremo anche l’ad di Leonardo, Alessandro Profumo. Da lui, oltre che notizie di carattere generale, ci attendiamo chiarimenti sulla vicenda relativa a forniture di armi italiane alla Colombia. Sin qui Leonardo non ha risposto, ma, come si è visto in tv e letto su alcuni giornali, esistono documenti che dimostrano contatti tra il gruppo pubblico e l’ex presidente del Consiglio D’Alema. Vicenda tutta da chiarire. Ma in commissione non si potrà essere elusivi, né si potranno negare fatti evidenti. Profumo lo capirà e dovrà rispondere. Lo attendiamo».